Capitan fracassaIl grande e grosso bluff di Salvini per non subire il sorpasso di Forza Italia alle Europee

Il segretario leghista provoca Meloni e attacca von der Leyen per conquistare i titoli dei giornali e qualche punto nei sondaggi. Se il 9 giugno il partito di Antonio Tajani dovesse superare la Lega, inizierebbe la corsa per la nuova guida del Carroccio

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La vera bestia nera di Matteo Salvini è Antonio Tajani. La campagna elettorale combattuta con il sistema proporzionale enfatizza le divisioni nella maggioranza. A mettere zizzania si è aggiunta Marine Le Pen che ha sfidato Giorgia Meloni: dica che non voterà la riconferma di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Il capo leghista ci sta costruendo sopra la sua propaganda elettorale nella speranza di mettere in difficoltà la presidente del Consiglio, attribuendo alla candidata del Partito popolare europeo la responsabilità di aver voluto, insieme ai Socialisti, le politiche ambientali distruttive dell’agricoltura e dell’industria automobilistica. E di avere fatto ben poco per combattere l’immigrazione clandestina. 

Un attacco al cuore di Bruxelles e di una maggioranza larga che comprende liberali e macroniani. Meloni glissa sulla provocazione della leader di Rassemblement National e invita il suo vicepremier a non agitarsi troppo con una polemica che finisce per favorire la sinistra. Ma è tutta una messinscena quella di Salvini che vorrebbe trasferire a Bruxelles il centrodestra italiano con dentro il baraccone della destra radunata sabato scorso negli studios romani della Tiburtina. Sa perfettamente che non è possibile.

Il suo vero obiettivo è non farsi scavalcare da Forza Italia. Se dalle urne del 9 giugno dovesse verificarsi il sorpasso, per lui sarebbero guai seri. La sua leadership nel partito, già molto indebolita, ne uscirebbe devastata. Verrebbe messo in discussione il peso ministeriale della Lega dallo stesso Tajani, con tutto ciò che ne consegue in termini di potere e di nomine pubbliche. Inoltre, un magro risultato in Italia, di fronte al previsto successo degli amici francesi, olandesi, austriaci e portoghesi, ridurrebbe al lumicino l’influenza di Salvini nel gruppo di estrema destra di Identità e Democrazia. Un disastro politico che potrebbe segnare la parabola del successore di Umberto Bossi e della Lega nazionale.

La competizione letale non è con Fratelli d’Italia, che viene data stabilmente attorno al ventisette per cento. L’ultimo sondaggio Swg dà il partito di Tajani a un’incollatura (Lega 8,3 per cento, Forza Italia 7,7 per cento). E allora Salvini, precipitato dal trentaquattro per cento del 2019, deve pedalare forte in salita per non perdere il secondo posto nella classifica del centrodestra. Così cerca, anche l’aiuto di Le Pen, di mettere in difficoltà Meloni, che ha già un accordo di massima con von der Leyen (non può dirlo adesso per non perdere voti a destra). Ma non riuscendo a stanare la presidente del Consiglio, che rimanda dopo il voto ogni decisione, il leghista pensa di avere gioco più facile con Tajani, che non fa mistero di preferire Emmanuel Macron a Le Pen. Anzi ha precisato che nella nuova maggioranza Ursula sono benvenuti i Conservatori di Meloni e, perché no, anche i leghisti se mollano Marine e i neonazisti di Alternative für Deutschland. AfD sembrano già allontanati (non sono stati invitati all’adunata di sabato a Roma), la francese invece rimane nel cuore del Capitano in disarmo. 

«Se qualcuno in Italia preferisce i socialisti e Macron, che parla di guerra, alla Le Pen, che parla di pace e lavoro, è un problema», ha detto ieri il ministro delle Infrastrutture. È chiaro che il bersaglio è Tajani, il vero ponte di Meloni con il Ppe e del negoziato per la nuova Commissione europea. Non è un caso che Salvini non perda occasione per ricordare gli ottimi rapporti che aveva con Silvio, di quanti progetti avevano insieme. In un recente collegamento su YouTube per i suoi cinquantuno anni, ha postato il video in cui festeggiava il compleanno con il leader di Forza Italia: «Un anno fa sorridevamo insieme, quanto manchi Silvio».

Tutti ricordano quando ai festeggiamenti del suo finto matrimonio con Marta Fascina, il Cavaliere aveva alzato il braccio per indicare l’amico Matteo leader del centrodestra. Poi le elezioni del 2022 hanno regalato la vittoria a Meloni e il film è cambiato. Tajani rimaneva nelle retrovie, sempre nell’orbita delle istituzioni europee e un passo indietro nel partito fino a quando Berlusconi è scomparso e Antonio è venuto alla ribalta. Il destino politico di Forza Italia sembrava un destino segnato. Invece, smentendo tutti (bisogna riconoscerlo, per onestà intellettuale), il ministro degli Esteri ha saputo tenere a galla e anzi rivitalizzare una forza che non definisce tranquilla ma «tranquillizzante». 

Non tranquillizza sicuramente Salvini che vede nello specchietto retrovisore la freccia del sorpasso accesa. Anzi il segretario azzurro, che gode del sostegno anche economico della famiglia Berlusconi, proprio ieri ha perfidamente ricordato al leghista un passaggio politico significativo accaduto nel 2019. Gli aveva chiesto di convincere Giuseppe Conte, presidente del Consiglio del governo gialloverde, a non votare il socialista Frans Timmermans alla presidenza della Commissione europea e appoggiare invece von der Leyen. Cosa che accadde. I Cinquestelle fecero confluire i loro voti sulla pupilla di Angela Merkel, segnando l’inizio della fine dell’esperienza grillo-leghista. Salvini rimase fuori dalla maggioranza Ursula e fece cadere Conte. Tajani, che allora era presidente dell’Europarlamento anche con i voti anche dei Conservatori, aveva fatto il suo ottimo lavoro per il Ppe. La storia potrebbe ripetersi, se come farsa ha poca importanza.

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