Yokohama non è Tokyo. O meglio, non è la caotica Tokyo idealizzata da molti. Per rendersene conto, basta prendere a Shibuya il treno della Tokyu Toyoko Line e aspettare che cambi, dopo la stazione di Yokohama, in Minatomirai Line. Un viaggio in questa metropolitana diventa un’esperienza sensoriale: attraverso stazioni progettate da vari architetti, tra cui Ito Toyo, si ascolta il canto dei gabbiani riprodotto nelle stazioni e si familiarizza con la storia di Yokohama riprodotta in bianco e nero su pannelli giganteschi.
Un luminoso mondo sotterraneo dominato dal bianco, preludio agli spazi aperti del porto, in cui grattacieli dalle linee stravaganti e parchi affacciati sull’acqua disegnano una Yokohama lontana dal cliché della solita affollata città giapponese. Il mare incornicia Minato Mirai 21 e Shinko, le due aree portuali più interessanti: la prima, il cui nome significa in giapponese “porto del futuro”, è caratterizzata dalla Landmark Tower (per anni l’edificio più alto del Giappone) e dalla silhouette a forma di vela dell’Hotel Intercontinental, mentre Shinko è l’ultimo avamposto prima del mare.
Dall’essere stata la più antica area portuale del Paese, la Shinko Pier Exhibition Hall è divenuta sede di mostre. È vicina ad Akarenga Soko, ex dogana in mattoni rossi trasformata in un grande shopping mall. Il porto di Yokohama, uno dei più importanti del Giappone, collega passato e presente. Dalla sua storia nascono storie contemporanee. Sul waterfront, nel luogo in cui nel 1854 approdò per la seconda volta l’americano Commodoro Perry e che ora si chiama Zou-no-hana (in giapponese il naso dell’elefante), l’artista Noboru Tsubaki ha realizzato, anni fa, Perry, l’elefante che simboleggia la creatività della città.
Sul molo, inaugurato nel 1859 (quando il Giappone si aprì alle relazioni internazionali), l’odierno Passenger Terminal Osanbashi è uno spettacolare edificio curvilineo, la cui terrazza pavimentata in legno ricorda il ponte di una nave, e che ha ricevuto, in passato, il Worldwide Award per l’architettura.
In questo gioco di rimandi tra memoria storica e presente, s’inserisce, fin dal suo esordio nel 2000, la Yokohama Triennale, in programma dal 15 Marzo al 9 Giugno. Nell’edizione di quest’anno, l’evento getta un ponte con la Cina, Paese di origine dei due direttori artistici, Liu Ding e Carol Yinghua Lu, e indaga il rapporto tra l’individuo e la società globale. Il titolo della Triennale di quest’anno è Wild Grass: Our Lives, tratto dall’antologia Wild Grass dello scrittore cinese Lu Xun (morto nel 1936), pubblicata nel 1927 e contenente ventitré saggi raccolti dal 1924 al 1926. Wild Grass agisce da metafora: la difficile situazione presente al tempo in cui sono stati scritti i saggi, sia per la vita personale dello scrittore che per la storia cinese, non ha impedito a Lu Xun di individuare e alimentare un filo di speranza.
Allo stesso modo, pur con tutti i problemi esistenti dalla Guerra Fredda in poi, le disparità economiche, il cambiamento climatico e non ultimi la pandemia e la guerra in Ucraina, l’individuo, messo al centro, si rivela fragile e indifeso, ma al contempo forte e resiliente. Le persone comuni sono messe di fronte alle sfide della vita odierna: soffrono ma non soccombono. In questo, Wild Grass diventa una filosofia da applicare alla vita, e le opere dei novantaquattro artisti partecipanti alla Triennale costruiscono una speranza per il futuro.
Nelle sale dello Yokohama Museum of Art, la sede più importante in cui si svolge la Triennale, è allestito un tavolo da lettura e su di esso una selezione di saggi – Directory of Life – scritti da artisti, pensatori e attivisti che si sono espressi, dal 2000 in poi, sul nostro tempo. Pratiche e idee che invitano a scoprire le possibilità che possono cambiare la vita di ciascuno e la storia.
Tra gli altri luoghi della Triennale figurano la ex sede della Daiichi Bank Yokohama Branch, costruita nel 1929, restaurata nel 2003 e da allora sede di mostre, e la BankART KAIKO, anch’essa rinata dopo il restauro. Entrambi gli edifici, cui si è aggiunta la più recente BankART STATION, appartengono all’associazione no profit BankART1929 e sono punti fermi della scena artistica contemporanea di Yokohama.
Wild Grass funziona anche da ombrello artistico sotto cui si raccolgono altri eventi artistici programmati a Yokohama nello stesso periodo della Triennale, riassunti sotto il nome ManyManyArt! Tra questi, uno dei progetti più interessanti è sicuramente Koganecho Bazaar, previsto anch’esso dal 15 Marzo. Nato e sviluppatosi sotto e nei dintorni delle arcate della Keihin Line, tra le stazioni di Kogane-cho e Hinode-cho, il progetto ha rivitalizzato l’area – anni fa un quartiere a luci rosse con night bar e traffici loschi – con casette atelier, studi di designer e negozi creativi.
Kogane Studio e Hinode Studio sono gli studios più importanti: il primo con un programma di artist in residence e un café, Hinode con una serie di negozi e programmi di art-book e bookcrossing. Nell’edizione di quest’anno, Koganecho Bazaar si concentra sui temi del rapporto tra l’arte e le comunità e sugli scambi artistici con gli altri Paesi dell’Asia.