«Vorrei parlare personalmente a te, che sei in questa sala, e vuoi gridare contro la guerra. Anche io sono contro la guerra, e piango ogni giorno. È un periodo molto difficile, anzi, è un incubo. Piango ogni giorno. Piango per gli innocenti che muoiono nelle loro case, come spero tu pianga per chi è stato assassinato il 7 ottobre. Vengo dalla guerra e il teatro mi salva». Le parole sono di Roy Chen, traduttore e drammaturgo israeliano, che si è affermato inoltre come scrittore con il romanzo “Anime”, il più letto in Israele nel 2020. Al Teatro Franco Parenti presenta l’adattamento della pièce “Chi come me”, rappresentazione ispirata a una storia vera che racconta la crescita di cinque giovani in cura presso un centro di salute mentale a Tel Aviv.
«Ho sentito dire spesso che “l’arte guarisce”, ma mi sembrava un concetto arrogante. Quando però sono arrivato in ospedale a Tel Aviv, e ho assistito a una lezione di teatro tenuta per i pazienti, ho visto che sì, l’arte può guarire. E quello che ho visto durante quella lezione era un miracolo, uno di quelli che può accadere solo sul palco. E anche oggi, in questo periodo difficile, spero che il teatro mi e ci salverà», dice Roy Chen.
In contemporanea allo spettacolo, è stata presentata la nuova sala del teatro, creata appositamente per ospitare la rappresentazione seguendo la percezione della fondatrice del Teatro, adattatrice e regista della pièce, Andrée Ruth Shammah: «Da quando ho visto “Chi come me” a Tel Aviv ho pensato che dovesse una sua realtà. Per questo nello spettacolo la sala stessa diventa scena». In effetti, lo spazio inaugurato durante l’evento permette allo spettatore di immergersi letteralmente nelle vicende dei personaggi, e ogni posto, ogni angolo offre un’esperienza e una rappresentazione diverse.
Alla realizzazione della sala ha contribuito anche A2A Life Company: «Noi politici delle precedenti generazioni ci siamo sempre domandati quali fosse la forza motrice della società. Adesso mi rendo conto che è l’energia. Certo, abbiamo l’energia elettrica ma ne esiste una molto più importante. Ciò che davvero spinge la società, che le dona linfa sono tutte le persone che usano l’immaginazione. E oggi onoriamo queste due energie, quella che ci viene donata, pulita, da A2A e quella del Teatro», dice l’ex sindaco di Milano Giampietro Borghini.
Il motore di “Chi come me” sono i giovani protagonisti e gli attori che hanno vestito i loro panni. Shammah spiega come la fiducia negli interpreti le abbia permesso, per la prima volta «se escludiamo alcune decisioni di fondo, di aver lasciato che le cose semplicemente accadessero. E così, mi ritrovo ad aver lasciato liberi, in una libertà relativa, è vero, dovuta agli spazi del palcoscenico, questi cinque attori».
I giovani, sia quelli che figurano nella pièce, sia quelli qualunque, sono stati al centro della discussione durante la presentazione: «Ho letto “Chi come me” e ho pensato “Finalmente, finalmente un testo che risponde a una domanda fondamentale”». Dice Paolo Briguglia, uno degli attori adulti protagonisti dell’opera: «Oggi i ragazzi sono esposti costantemente al trauma del futuro, a un’angoscia apocalittica. Lo spettacolo gli mostra che non sono soli, e per la prima volta in una maniera così esplicita. Questo è un testo diverso, fondamentale, che non si poteva non portare in scena».
È quindi un messaggio di speranza che nasce in una cornice drammatica, quello della rappresentazione, che coinvolge tutta la squadra di interpreti. Anche Elena Lietti racconta: «Avevo bisogno di credere nell’immaginazione e nel ruolo terapeutico del teatro, perché il mondo è molto pesante. Avevo bisogno di tornare bambina e portare una luce ai giovani, perché ho grandissima fiducia nella forza dell’arte e del condividere storie».
L’adattamento della pièce al Teatro Parenti – che secondo il giovanissimo Federico De Giacomo, promettente quindicenne che interpreta uno dei pazienti ricoverati al centro di cura, «è un luogo senza tempo e infinito, perché rappresenta quei valori che oggi stanno andando persi», sarà messo in scena dal 5 aprile al 4 maggio, nel cartellone del cinquantesimo anniversario dalla fondazione del teatro.
Venerdì, sabato e domenica sarà presentato in anteprima, o meglio in preview, come vuole che si dica Shammah, perché questa parola raccoglie in sé il concetto di vista, il senso che più si sfrutta quando si assiste a uno spettacolo teatrale. E si prospetta un’esperienza impattante, che ha come obiettivo l’ultimo quello di portare luce laddove sembra che il buio regni sovrano.