Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – Ci voleva un post di Matteo Salvini per rendere popolare un tema ambientale a meno di due settimane dal voto dell’8-9 giugno. Il fenomenale creator Turbo Paolo, che per Chora Media ha recentemente realizzato un podcast sulle elezioni europee for dummies, ci aveva già pensato nell’ormai lontano febbraio 2023 con un video sulla scomodità dei tappi attaccati alle bottigliette: «Cosa devo diventare, un ingegnere per bere?! L’Europa, l’Europa! Ci hanno portato via tutto».
Il team che orchestra la campagna elettorale della Lega si è inconsapevolmente ispirato al reel virale di un comico per fare comunicazione politica e scagliarsi contro le «eco-norme surreali volute da Bruxelles». Le foto del manifesto social, in realtà, provengono da un’immagine già molto diffusa in tutta Europa, rilanciata a inizio maggio dal giovane europarlamentare danese Anders Vistisen, membro del gruppo Identità e democrazia (di cui fa parte la Lega).
È una strategia da un lato interessante, perché testimonia il clamoroso impatto di questi potenziali meme (quello di Salvini, in teoria, non è ancora assimilabile alla definizione di meme, poi ci arriviamo). Dall’altro, però, è un triste indicatore della superficialità con cui la politica italiana (ma non solo) sta affrontando gli argomenti “verdi” in campagna elettorale.
L’obbligo dei tappi attaccati alle bottiglie fino a tre litri, vincolante dal luglio 2024 e pensato per ridurre le singole unità di rifiuti di plastica dispersi nell’ambiente, è contenuto nell’articolo 6 della direttiva europea 2019/904. L’Italia, ai tempi governata dalla coalizione Lega-5 Stelle, si schierò a favore della norma in occasione del voto del Consiglio dell’Ue. Era la primavera del 2019. Quasi cinque anni dopo, più precisamente il 23 maggio 2024, la Commissione europea ha avviato una nuova procedura d’infrazione contro lo Stato italiano, che non ha recepito correttamente un’altra importante direttiva ambientale, quella sulla plastica monouso (sul tema c’è un’interessantissima inchiesta di Simone Fant su Materia Rinnovabile). Insomma, c’è poco da scherzare.
Ma torniamo al post contro i tappi attaccati alle bottigliette: perché un ministro della Repubblica, leader di un partito in calo di consensi ma comunque rilevante, ha pubblicato un manifesto del genere? Fa quasi effetto scriverlo, ma dietro c’è una strategia chiara e allineata al termometro emotivo del Paese, nonostante sia sotto certi versi subdola ed esclusivamente orientata alla pancia delle persone.
L’obiettivo è polarizzare e far parlare di sé a qualsiasi costo, sperando che politici, opinion leader e cittadini di altri schieramenti si prendano gioco della posizione di Salvini e degli elettori indecisi. Elettori che, magari, su quel tema la pensano un po’ come il vicepresidente del Consiglio. Sentirsi dare degli stupidi non è mai piacevole, quindi può scattare una reazione d’orgoglio concretizzabile in un voto alla Lega, oppure in un “non voto” ai suoi diretti avversari. Quando ci arrabbiamo o indigniamo, facciamo pubblicità senza volerlo. È uno dei tanti scenari, non significa che il post di Salvini sia geniale, ma può avere effetti eterogenei.
Parlando con alcuni esperti in comunicazione politica, ho “scoperto” che quello di Salvini non è ancora un meme: non si basa sull’imitazione di un’immagine già circolata in rete con altri scopi, non ha acquisito un significato indipendente. Lo diventerà nel momento in cui quel template verrà replicato e modellato in nuove forme, espandendosi a macchia d’olio. Anche i manifesti elettorali del Partito democratico potrebbero evolversi in meme, ma sono talmente anonimi e insipidi – oltre che difficili da leggere per chi cammina per strada e ha problemi di vista – che difficilmente accadrà.
Il post Instagram sul tappo attaccato alla bottiglia dice molto, moltissimo anche su come la destra vuole che gli elettori concepiscano le tematiche ambientali: imposizioni dall’alto inutili e pretestuose, discorsi spicci e astratti da salotto, capricci da finti intellettuali distaccati dalla realtà. Non basta, quindi, parlare di ambiente, clima e mobilità sostenibile in campagna elettorale, perché un contenuto come quello di Matteo Salvini non arricchisce il dibattito. Così come non sta arricchendo il dibattito Elly Schlein, che – tradendo il suo background ecologista – sta menzionando questi temi in modo laterale, come se fosse il compitino da fare per avere la coscienza pulita e coccolare la fetta di elettorato più giovane e sensibile al collasso climatico.
La realtà è che nel 2019, con i Fridays for future di Greta Thunberg in rampa di lancio, il ruolo del clima in campagna elettorale ha poi spinto le istituzioni europee a lavorare sul pacchetto di norme “verdi” più importante di sempre, il Green deal. Dall’esito delle elezioni 2024 dipenderà la sopravvivenza, la piena applicazione e il potenziamento di queste leggi (in parte, purtroppo, già snaturate).
Ecco perché lo scenario di un’Europa conservatrice, con il Ppe di Ursula von der Leyen che strizza l’occhio all’estrema destra, sarebbe catastrofico per l’ambiente (e non solo). Con l’attuale coalizione di centro (Ppe, Socialisti, Liberali), e il bis di Ursula von der Leyen, la Commissione – scrivono gli analisti del think tank climatico Ecco – «continuerebbe il lavoro intrapreso, nonostante una maggioranza indebolita».
A differenza della campagna elettorale del 2019, l’impegno politico contro la crisi climatica non è un sogno ma una realtà troppo spesso ostacolata. Gli argomenti “verdi”, infatti, diventano mainstream solo quando si tratta di demolire il Green deal, altrimenti i leader più influenti parlano d’altro o li menzionano superficialmente. Lo confermano anche i dati: nella fase iniziale della campagna elettorale, secondo un monitoraggio dell’Osservatorio di Pavia per conto di Greenpeace Italia, il 10,9 per cento delle dichiarazioni TV e dei post social attribuiti agli undici principali leader politici italiani ha avuto un «riferimento ai temi ambientali».
Man mano che si approfondisce, l’attenzione scende: l’otto per cento delle dichiarazioni ha riguardato la crisi climatica e il quattro per cento il riscaldamento del Pianeta (incluse le affermazioni contro l’azione climatica). Guarda caso, Matteo Salvini è piuttosto in alto nella classifica dei leader politici che menzionano più frequentemente i temi green. Il leader della Lega è al quarto posto dopo due nomi al vertice che non sorprendono – il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli – e il segretario di +Europa, Riccardo Magi.