«It’s not rocket science»Graham Watson, il candidato anglo-italiano della lista “Stati Uniti d’Europa”

Nato in Scozia, ma diventato cittadino italiano grazie alla moglie fiorentina, lo storico eurodeputato dei liberaldemocratici inglesi si candida nel Nord-Est nella lista di Matteo Renzi ed Emma Bonino: «Ho paura che l’Italia faccia lo stesso errore commesso dal Regno Unito»

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Classe 1956, Graham Watson è numero uno nella circoscrizione Nord-Est nella lista Stati Uniti d’Europa. Nato in Scozia, è diventato cittadino italiano grazie a una moglie fiorentina conosciuta negli ambienti dei giovani liberali europei. Nel 1994 fu uno dei primi due liberal-democatici a essere eletti al Parlamento Europeo per il Regno Unito in un collegio uninominale inglese: Somerset and North Devon. Membro del Parlamento Europeo in rappresentanza dei Liberal Democratici britannici dal 1994 al 2014, tra il 2002 e il 2009 capogruppo liberale al Parlamento Europeo, e tra 2011 e 2015 presidente dell’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (Alde), fu poi ancora a Bruxelles nel Consiglio Economico e Sociale. Dal 2018 al 2023 presidente of the Advisory Board of the European Centre for Populism Studies, dal 2021 si era dedicato a interessi extra-politici: membro del Board della European Cyclists’ Federation, nel novembre 2022 era stato eletto Presidente della World Cycling Alliance. Ma adesso ha accettato di scendere in campo, di nuovo.

«Scozzese, di moglie fiorentina e candidato nel Nord-Est: ammetto che sembra un po’ strano. Quando i miei amici liberal-democratici in Italia hanno saputo che stavo ottenendo la cittadinanza italiana, mi hanno chiesto se volessi candidarmi. All’inizio mi è sembrato uno scherzo, ma poi quella suggestione è diventata realtà. Avrei voluto che si fossero unite tutte le forze di Renew Europe al Parlamento Europeo; speravo che Carlo Calenda, Matteo Renzi ed Emma Bonino corressero assieme. Purtroppo Calenda non ha voluto unirsi alla lista, ma io ho comunque accettato la candidatura per gli Stati Uniti d’Europa, proprio nel Nord-Est dove vediamo agire maggiormente le forze determinate a spaccare l’Unione Europea come la Lega e Fratelli d’Italia».

Lei ha vissuto in prima linea il precedente della Brexit. Cosa ci insegna? 
Ormai nel Regno Unito la gente riconosce che è stato un grandissimo errore. Non solo la sterlina vale molto meno, ma anche l’economia va male, i tassi aumentano, le piccole e medie imprese hanno maturato dei costi incredibili a causa dei nuovi controlli alle frontiere sul commercio. Stranamente, non c’è un dibattito nell’opinione pubblica inglese perché il partito laburista non ha il coraggio di fare campagna elettorale su questo tema. Ma stanno preparandosi per una ampia riconciliazione con l’Unione Europea. Ho paura di ciò che ho visto accadere nel Regno Unito e che sta succedendo in Italia. Steve Bannon, cittadino americano finanziato da fondi privati americani, organizza corsi di formazione per quelli che vogliono far uscire l’Italia dall’Europa. E il motto della campagna elettorale di Matteo Salvini è «meno Europa». Ho paura che l’Italia faccia lo stesso errore commesso dal Regno Unito.

Negli interessi di Putin?
Sappiamo che Nigel Farage e Marine Le Pen hanno ricevuto finanziamenti dalla Russia. Questo sostegno economico con Salvini non è altrettanto evidente, ma lo sono le relazioni politiche con il Cremlino. E sappiamo anche che ci sono fondi privati dall’America: il grande imprenditore Robert Mercer finanzia persone come Steve Bannon per permettere loro di condurre una campagna elettorale euroscettica. A causa dell’euro forte negli Stati Uniti sta maturando una paura per il futuro del dollaro; dall’altra parte per i russi l’Europa csta diventando troppo potente, anche perché a spingere l’Ucraina a voler diventare membro della Nato e della Unione europea, sono gli stessi Stati Ue. 

Quali saranno le sue priorità, se sarà eletto?
In primo luogo, riuscire davvero a fare quello che mi ero posto come obiettivo vent’anni fa con Romano Prodi: costruire una forza politica veramente europeista. Sappiamo dal rapporto di Enrico Letta ciò che dobbiamo fare a livello economico. Sappiamo dalle analisi fatte da Mario Draghi ciò che l’Europa deve fare nel settore finanziario. Abbiamo bisogno di un’Europa molto più forte. Il budget del governo federale negli Stati Uniti supera il venti per cento del Prodotto interno lordo, mentre il budget dell’Unione europea non è neanche il due per cento del Pil. Dunque abbiamo la possibilità concreta di costruire una vera integrazione economica, tecnologica, una politica di difesa comune, una politica sociale in comune. Tutto ciò che non abbiamo fatto davvero finora. Ho l’impressione che con Prodi fossimo vent’anni in anticipo quando tentammo di creare un nuovo gruppo al Parlamento Europeo, unendo il suo e il mio. Adesso il momento è propizio: abbiamo tutta una generazione che si sente europea, ma non abbiamo una politica che lo riconosca. 

Quindi è un problema generazionale? Rimane comunque il problema delle generazioni più vecchie che freneranno il cambiamento. Come si supera questo ostacolo?
Non amo molto Donald Trump, ma tha ragione in una cosa sola: l’Europa dovrebbe essere capace di assicurare la propria difesa, senza avere sempre bisogno degli americani. Lo vediamo adesso. Serve una difesa comune contro pressioni esterne, come l’invasione dell’Ucraina. Serve una difesa comune contro le minacce interne, come Viktor Orbán e Marine Le Pen. C’è gente che pensa sempre guardando solo al contesto del singolo Stato, senza alzare lo sguardo a quello europeo. Dobbiamo spiegare ai cittadini che è facilmente possibile difendere l’Europa, creare un’economia molto più forte sul livello continentale e assicurare per le future generazioni una vita decente. L’Europa è molto attraente per gente di tutto il mondo, grazie ai suoi valori. Ma, come è stato detto da altri, l’Europa è un gigante economico e un nano politico.

Un «gigante economico, nano politico, verme militare» è una definizione più ampia.
Abbiamo sempre detto che la difesa non è l’Europa, ma la Nato, e chiaramente gli americani si sono stufati: vogliono che noi ci occupiamo della nostra sicurezza. Questa pressione in realtà è un gran vantaggio per l’Italia e soprattutto per il Nord-Est, perché può essere il luogo dove investire nelle tecnologie e piattaforme militari difensive. Non si tratta solamente di mettere insieme le forze armate o le varie marine militari: si tratta anche di creare un mercato europeo di produzione della difesa, che non servirà solo per la difesa. Queste tecnologie si usano in molti settori ma quando si guarda l’intelligenza artificiale, l’Europa è molto indietro rispetto agli Stati Uniti. L’Ue ha bisogno di questa spinta politico, di un investimento in comune per sviluppare queste tecnologie. Con l’Industrial Recovery Act di Biden l’economia statunitense sarà ancora più forte della nostra, se non agiremo con urgenza a livello europeo. Secondo me Enrico Letta e Mario Draghi con l’Europa hanno già mostrato la strada da percorre. Il problema è che in Italia vedo una politica che va nella direzione opposta. Considero possibile ottenere questi risultati anche in un solo mandato di cinque anni. Come diciamo in inglese, «it’s not rocket science». Non è qualcosa di impossibile; è una questione di volontà politica.

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