Shardana Barbagia-Parigi, biglietto di andata e qualche ritorno

Salvatore Ticca arriva dal centro della Sardegna e ha deciso di portare nella capitale francese il racconto della sua isola gastronomica, puntando sugli ingredienti e sulla loro divulgazione a una clientela esigente, ma curiosa

«Le sarde magnifique»: così il giornalista francese Gilles Pudlowski ha definito Salvatore Ticca, chef italiano che da una decina di anni ha stabilito nella vivace capitale francese il suo progetto gastronomico. Shardana è, infatti, il ristorante che ha aperto, dopo altre esperienze sempre a Parigi, all’ombra della Torre Eiffel, in una stradina timida del XV Arrondissement, dove non si capita per caso: per provare la cucina di Salvatore, bisogna proprio volerci venire apposta. 

Gli Shardana erano gli antichi guerrieri del mare sardi e Ticca ha voluto dare questo nome al suo ristorante per onorare l’isola che gli ha dato i natali. Lui che non arriva dal mare, ma da Oliena, affascinante paesino barbaricino nel cuore della Sardegna, incastonato fra montagne e circondato da boschi e sorgenti: la Oliena del dannunziano Nepente, del Supramonte, il «villaggio bianco sotto i monti azzurri» raccontato da Grazia Deledda.

Eppure gli Shardana rappresentano appieno l’anima di questo chef, che, come tanti sardi, ha deciso di solcare il Mediterraneo, per cercare di costruire un sogno, con determinazione e testardaggine. «All’inizio ho aperto un ristorante con pizzeria, poi mi è venuta voglia di fare qualcosa che fosse dedicato totalmente alla Sardegna. Di alzare un po’ l’asticella e creare un progetto più gastronomico». Salvatore racconta così l’inizio della sua avventura parigina, nata quasi per caso, dopo un viaggio che ha scatenato l’attrazione verso la capitale francese.

Il suo Shardana è partito con una forte anima identitaria e un’idea ben chiara in mente. «Ha solo ventiquattro posti a sedere, a differenza del primo ristorante, che ne aveva una sessantina. Non si riusciva a dare una giusta qualità, anche perché la pizzeria ha tempistiche e dinamiche diverse dalla ristorazione». 

Diversità che Salvatore legge anche nella clientela. Quella parigina, rispetto a quella italiana, si fida di più, non ha bisogno di cambiare le carte in tavola alla lista degli ingredienti di un piatto: se uno chef, un pizzaiolo ha pensato una ricetta in un determinato modo, è così che va gustata. E allo Shardana i clienti arrivano per gustare l’isola. La cucina di chef Ticca è quella che prende origine e trae forza dalla sua Sardegna.

 

Ci sono nomi antichi nel menu: le hasadinas farcite con la carne di agnello, la fregula al nero di seppia, i culurgiones impreziositi con il tartufo. «Abbiamo cercato dal primo giorno di identificarci come ristorante sardo e non come ristorante italiano, cercando anche di promuovere tutte quelle persone che ogni giorno si impegnano per fare prodotti artigianali, come ad esempio le famiglie di Morgongiori con le loro lorighittas  o quelle che preparano la fregula lavorata a mano e non trafilata al bronzo» spiega Ticca. «Facciamo tutte le paste qui, utilizzando semole che portiamo direttamente dalla Sardegna, così come il formaggio e l’olio d’oliva». Anche la carta dei vini ha un’impronta totalmente sarda. Una scelta complicata, soprattutto all’inizio, che però ha cominciato a dare da subito i suoi risultati. 

Quando Salvatore si è trasferito in Francia, la cucina italiana era per lo più quella delle lasagne, del vitello tonnato e delle tagliatelle. Una direzione di comodo per tanti ristoratori o aspiranti tali, che cercano una via più semplice e immediata per arrivare al cuore dei clienti: dai loro il conosciuto e avrai la sala piena. Salvatore ha preso una strada diversa, più tortuosa forse, ma che gli ha permesso di cominciare una narrazione della gastronomia sarda in linea con i suoi desideri. Parigi, poi, offre una possibilità di scelta pressoché infinita quando si tratta di cibo. È qui che trovi il miglior giapponese o il miglior indiano. E forse anche quello sardo. 

«I miei clienti sono incuriositi dai piatti che preparo, ne vogliono conoscere la storia e la provenienza» dice. E sta tutta lì la forza di un viaggio gastronomico che vuole e deve essere il passaporto per un mondo lontano, diverso e arricchente. Salvatore negli anni quel racconto sardo l’ha portato davvero ovunque. All’Expo di Milano, all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, tra qualche giorno sarà protagonista della Festa della Repubblica organizzata dall’Unesco nell’ambasciata. E, come tutti i sardi che si rispettano, anche lui ha la Sardegna nel cuore, come il richiamo del canto delle sirene.

Dall’Isola non si può stare lontani per sempre, nonostante la Francia, nonostante Parigi. E allora ecco la versione estiva dello Shardana, in quella Orosei dai colori quasi magici, dove lo chef disegna un menu ispirato al mare, ma con la stessa filosofia del fratello maggiore parigino. Un lungo filo invisibile che collega la Sardegna alla Francia e che non si può spezzare proprio in virtù di un amore folle e totalizzante per quegli ingredienti e quei piatti che sono il Dna di Salvatore. 

X