Antifascismi dimenticatiLa farsa giudiziaria che scagionò gli assassini di Carlo e Nello Rosselli

La giustizia europea non ha mai restituito la verità sulla morte dei due fratelli per mano dell’estrema destra francese d’ispirazione fascista. Ma alcuni rapporti contenuti nell’Archivio Battaglia provano chiaramente l’esistenza di un piano volto a eliminare i due intellettuali

Nicola Vaglia/LaPresse

I fratelli Carlo e Nello Rosselli vennero assassinati ottantasette anni fa, in Francia. Era il 9 giugno 1937. I processi celebrati contro i fanatici dell’estrema destra transalpina Cagoule, e poi in Italia a più riprese, non hanno mai stabilito la verità. A Parigi il processo all’Organisation secrète d’action révolutionnaire nationale (detta La Cagoule) ha trascurato il legame tra gli assassini e l’Italia. A Roma, dal 1944 al 1949, abbiamo assistito a confessioni e ritrattazioni, sentenze di condanna prima cancellate e poi ribaltate in assoluzioni.

Nell’ottobre 1949 gli accusati sono stati tutti prosciolti dalla Corte d’assise di Perugia, nel processo che Gaetano Salvemini definirà “una farsa giudiziaria”: nonostante la grande mole di confessioni, documenti e testimonianze, viene stabilito che non si può risalire ai mandanti del delitto. A essere chiamato in causa è soprattutto Santo Emanuele, dal 1936 capo della sezione controspionaggio del Servizio informazioni militare (Sim). Secondo la difesa di Rosselli, affidata a due capi della Resistenza, Achille Battaglia e Federico Comandini, Emanuele fu uno degli ideatori dell’assassinio, unitamente al generale Roatta, capo del Sim, al colonnello Angioy, vice-capo del Sim, e al maggiore Navale, capo del centro controspionaggio di Torino in rapporti diretti con i Cagoulards. Tutto con la quanto meno tacita approvazione del ministro degli Esteri Ciano e del suo capo di gabinetto, l’Ambasciatore Anfuso.

Il rapporto che segue, contenuto negli Archivi Battaglia, prima battuto a macchina da Navale e poi corretto personalmente da Emanuele, è indirizzato da Emanuele stesso al Capo servizio Roatta: riguarda il sostegno alle forze franchiste in Spagna, gli attentati da compiere a Barcellona, i sabotaggi e le azioni da compiere in Francia, e, per la prima volta, si parla esplicitamente di “Rosselli”.

«3 febbraio 1937 XV – Signor capo servizioA seguito del pro memoria del 29 gennaio u.s. relativo alle questioni dei sabotaggi contro la Spagna, riassumo quanto ho concretato fino ad ora, gli ordini che ho dati, quanto rimane da fare. (…) 

Azioni particolari su persone incomode:

1) Affare Vagliasindi (ndr comandante comunista ritenuto scontento della sua parte politica): Scopo: guadagnarlo alla nostra causa. Sto mettendomi in relazione con dei parenti che possono facilitare la prima presa di contatto con lui.

2) Affare Pistolesi (ndr probabilmente Nello Pistolesi, già condannato a due anni dal Tribunale speciale per propaganda comunista). Scopo: guadagnarlo alla nostra causa. Vedi istruzioni date a Francesco (ndr nome in codice di Manlio Petragnani, responsabile del Sim a Marsiglia).

3) Affare Bonomini (ndr anarchico, combattente in Spagna). Scopo: eliminarlo. Vedi istruzioni date a Francesco.

4) Affare Rosselli. Scopo: eliminarlo. Incaricato Navale di stabilirne l’attuale posizione (ndr Questa frase viene cancellata da Emanuele e sostituita con: “Affare Rosselli – Scopo: Noto. Incaricato anche Navale di stabilirne l’attuale posizione”). 

Azione da svolgersi dalla Spagna bianca:

Concreterò con Gesualdo in occasione del mio prossimo viaggio sia l’azione offensiva da svolgere da quella parte, sia le possibilità di controllo sull’esito di attentati in territorio rosso (potendo il centro di Torino effettuare il controllo stesso solamente per gli attentati che hanno esito in territorio francese)». 

Il 4 luglio 1937 (quindici giorni dopo l’assassinio Rosselli) Roatta scrive ad Angioy per annunciare ricompense militari a Emanuele «per i suoi noti servizi politici». Roatta farà quindi avere a Emanuele un encomio solenne poiché «aveva diretto – scrive – con intelligenza e solerzia una delicata e abile operazione che valse a stroncare l’attività di una associazione antinazionale… (agosto 1936-agosto 1937)». Per i Cagoulards viene stabilita la ricompensa di cento moschetti semi-automatici, da consegnarsi, secondo la confessione di Emanuele, “a colpo Rosselli effettuato”.

Emanuele, arrestato a Roma nel 1944, riconosce come provenienti dal suo ufficio tutti i documenti prodotti dalla difesa compreso quello, decisivo, del 3 febbraio 1937, e ammette le proprie responsabilità: «L’omicidio Rosselli viene meditato nel campo politico (Ciano-Anfuso). Dal Ministero degli Esteri l’ordine parte e, per vie gerarchiche viene trasportato nel campo militare. Naturalmente il Generale Roatta, sia perché Capo del Servizio informazioni militari, sia perché, nel contempo, comandante del corpo di spedizione in Spagna, non poteva esserne estraneo». Condannato all’ergastolo, Emanuele ritratterà e sarà assolto, insieme a tutti gli imputati, nel processo di appello del 1949 per insufficienza di prove. Ormai il cosiddetto processo alla Resistenza, iniziato con la caduta del governo Parri, sta viaggiando a pieno regime, le Commissioni per l’Epurazione sono dolosamente naufragate nella confusione, il Paese si adegua alla normalizzazione della coscienza civile.

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