Ad excludendumPer contare in Europa, Meloni deve liberarsi dal fardello delle estreme destre (anche la sua)

La presidente del Consiglio deve accettare (e votare) il pacchetto di nomine che gli altri leader Ue hanno scelto per le istituzioni europee. E soprattutto cercare di ottenere una delega significativa per l'Italia, come una vicepresidenza vicaria per Raffaele Fitto, per non essere ancora più isolata

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Che Giorgia Meloni si astenga o, addirittura, voti contro il pacchetto di nomine che le ha scodellato il «caminetto» (copyright della presidente del Consiglio) europeo sarebbe incredibile, temerario e irresponsabile. Non ha altra scelta che accettarlo e trattare al rialzo la delega del commissario italiano, pena l’irrilevanza del governo italiano, non di Fratelli d’Italia o della maggioranza di governo, ma dell’Italia, della Nazione, per usare un termine tanto caro al centrodestra. 

È vero, nelle famiglie politiche dei socialisti, dei liberali e, in parte, dei Popolari, c’è una conventio ad excludendum (altra espressione della Prima Repubblica usata da Meloni nel suo intervento di ieri alla Camera). Ma si chieda perché. È vero, il voto europeo ha gonfiato le vele delle tante destre nazionali, compresa quella italiana. Ma i numeri dicono che quelli del caminetto hanno il coltello dalla parte del manico: i loro voti sommati dovrebbe rappresentare la maggioranza (nel voto segreto a Strasburgo lo verificheremo) e i capi di Stato e di governo che siedono al Consiglio europeo finora non sono cambiati. 

Non bisogna essere ciechi e sordi alla volontà popolare, e speriamo infatti che in Europa ci sia un forte slancio comunitario, ma la presidente del Consiglio deve prendere atto che una sua vera emarginazione avrebbe un effetto devastante. A partire dalla prossima legge di bilancio. Con una procedura di infrazione in corso. Si concentri per ottenere, magari per il democristiano Raffaele Fitto, una delega importante, meglio se con una vicepresidenza vicaria, se ci riesce. 

La conventio ad excludendum, che nella Prima Repubblica colpiva il Partito comunista italiano, non riguarda l’Italia o lei che ha stupito gli osservatori, i media internazionali e le Cancellerie per come si è mossa sull’Ucraina, i rapporti con Washington e le compatibilità di bilancio europee. Riguarda la sua famiglia politica. Il motivo va ricercato nella compagnia della destra radicale che si porta dietro, dentro e fuori i confini italiani. 

Non può dire che la logica del consenso viene scavalcata da una parte che decide per tutti, se poi dentro quell’onda di consenso che sale da destra ci sono gli amici di Putin (Viktor Orbán in prima fila). Ci sono il suo vicepremier Matteo Salvini che vorrebbe Marine Le Pen al posto di Ursula von der Leyen. Ci sono Santiago Abascal di Vox e Mateusz Morawiecki, l’arcinemico di Donald Tusk, il premier polacco che sta dettando la linea ai Popolari, anche a quelli tedeschi. Rendendo lo stesso Antonio Tajani ininfluente: non è un caso che ieri, seduto accanto a Meloni, avesse la faccia più funerea. Mentre Salvini aveva la faccia di quello che dice alla presidente del Consiglio: te l’avevo detto che di questi della sinistra non ci si può fidare.

È quello che si tira dietro che non va e anche quello che vorrebbe fare la stessa Meloni ovvero paralizzare totalmente e non solo correggere il Green deal, mantenere il diritto di veto che impedisce di sviluppare una sovranità comunitaria in tutte quelle materie che la stessa Meloni ha indicato. Ad esempio l’immigrazione e la politica industriale dedicata alla difesa. 

Giusto, l’Europa non può occuparsi di tutto, ma concentrarsi sulle grandi questioni, quelle energetiche e digitali, sulle catene di approvvigionamento, non sulla curvatura delle zucchine e su quanto terreno deve essere coltivato. Ma per essere coerenti, le hanno fatto osservare al Senato Mario Monti e Pierferdinando Casini, ci vuole molta più Europa, occorre mettere insieme tanta sovranità nazionale. Ecco, riunisca tutte le destre che hanno avuto successo nelle urne e chieda: alzi la mano chi è d’accordo. 

Dunque, bene che Sergio Mattarella dica che non si può prescindere dall’Italia, dando una mano all’Italia. Ma chi la rappresenta pro tempre si scrolli di dosso il ciarpame e abbia il coraggio di fare rotta verso il Partito popolare europeo. Si accorgerà che i miracoli avvengono. 

Tra l’irrilevanza e l’inciucio, tra camminare a testa alta e fare la cheerleader, c’è una terza via: essere libera e autonoma dalle sue contraddizioni e dalle catene delle destre. Per cambiare dall’interno quello che ritiene non vada bene, faccia l’inciucio e dica di esserne orgogliosa. Se poi lo farà ma dovrà dire che non l’ha fatto, va bene lo stesso. Se è nell’interesse della Nazione.

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