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All’inizio del 2024 i droni russi hanno abbattuto una turbina in un parco eolico di Dnistrovsky, nella zona di Odessa. L’enorme pala è crollata al suolo mentre altre attorno sono rimaste in funzione. Nemmeno una persona era nei paraggi, quindi non ci sono stati morti né feriti. Anche a distanza di settimane le indagini non hanno chiarito se le truppe del Cremlino intendessero colpire proprio in quel modo, e con quegli effetti, l’impianto di Elementum Energy – azienda con sede nel Regno Unito che investe nel settore delle energie rinnovabili in Ucraina – ma è un’ipotesi almeno verosimile: nei primi due anni di guerra la Russia ha lanciato più di millecento missili e droni contro dighe, centrali elettriche e tutta l’infrastruttura energetica del Paese, per lasciare al buio la popolazione ucraina. Nelle ore successive all’attacco, Elementum Energy ha annunciato di aver chiuso una parte del parco eolico, ma non tutto. L’impianto non ha davvero smesso di funzionare, ha solo iniziato a produrre energia con una turbina in meno.
È l’enorme pregio di un parco eolico in un contesto di guerra. Un singolo missile può compromettere una centrale termoelettrica da 300 megawatt, ma ne servirebbero diverse decine per abbattere tutte le turbine di un parco eolico – o anche un’intera distesa di pannelli fotovoltaici – con equivalente capacità trasformativa. In più, un parco eolico può essere momentaneamente disattivato anche solo parzialmente quando subisce danni, e i processi di riparazione possono essere più immediati rispetto alle centrali elettriche convenzionali. Per questo motivo, nonostante la maggior parte dei parchi eolici ucraini esistenti prima dell’invasione russa si trovasse nelle zone di conflitto – nei territori poi occupati dall’esercito di Mosca – l’eolico è una delle architravi su cui poggia la sicurezza energetica di Kyjiv.
Il potenziale delle rinnovabili in Ucraina è enorme, soprattutto per il vento. È il territorio stesso a suggerirlo, grazie alle ottime condizioni geografiche e climatiche. Le regioni montuose della penisola di Crimea – soprattutto lungo la costa nord-orientale – e le regioni dei Carpazi, di Odessa, Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk, Luhansk e Mykolaiv sono particolarmente adatte per l’installazione di impianti almeno di medie dimensioni.
Finora in Ucraina sono state costruite e attivate esclusivamente turbine sulla terraferma, ma ci sono prospettive interessanti anche per l’offshore: le acque poco profonde del Mar Nero e del Mar d’Azov, a cascata del bacino idrico del Dnepr e i bacini idrici artificiali rendono possibile la costruzione di parchi offshore molto efficienti. In tutto, circa il 40 per cento del territorio nazionale si presta alla produzione di energia eolica, per un potenziale totale di impianti eolici che potrebbe superare i 680 gigawatt, di cui circa i due terzi sarebbe di eolico onshore (dati dell’Istituto per le energie rinnovabili dell’Accademia nazionale delle scienze dell’Ucraina). Questo non vuol dire che l’intero paesaggio verrà disseminato di turbine, ma solo che il margine di crescita è ampio.
La guerra, con i missili e i droni russi, non ha fermato i nuovi progetti. Dal 2022 Kyjiv ha installato più turbine eoliche onshore di tutto il Regno Unito – per avere un termine di paragone con un Paese dell’Europa occidentale. Nel 2018, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, l’Ucraina aveva all’attivo solo sedici progetti basati sull’energia del vento, per un totale di 532,8 megawatt di capacità installata, ma alla fine del 2021 quella quota era già salita a 1,7 gigawatt.
Negli ultimi due anni c’è stata un’ulteriore accelerazione. Non ci sono dati aggiornati del mix energetico ucraino dopo il 2022, perché per ovvi motivi è un’informazione sensibile che la legge marziale impone di tenere nascosta. Ma l’ultimo report dell’Associazione ucraina dell’energia eolica (Uwea) rivela che alla fine del 2023 la capacità totale stabilita del settore eolico ucraino era di 1,9 gigawatt. Una quota che dovrebbe quintuplicare, e anche di più, secondo i piani del ministero dell’Energia: si punta a raggiungere i dieci gigawatt di energia eolica installata entro il 2032.
Per l’Ucraina il vento e le altre rinnovabili sono una finestra sul futuro – l’unico futuro possibile, quello in cui la guerra d’invasione della Russia è solo un capitolo nei libri di storia. Ecco perché si progettano e realizzano nuovi parchi eolici anche sotto le bombe, senza sosta. Nella regione di Mykolaiv, una delle zone più colpite dalla guerra, oggi c’è l’unico parco eolico del mondo costruito durante una guerra. «Nella sua prima fase di realizzazione, la Tyligulska wind power plant aveva una capacità di 114 megawatt, a fine progetto sarà di 500, diventando ufficialmente il più grande impianto eolico dell’Ucraina e dell’Europa orientale», dicono a Linkiesta da Dtek, il più grande gruppo privato del Paese per la produzione e la distribuzione di energia nelle case e nelle imprese.
L’impianto di Tyligulska somiglia molto a una dichiarazione di intenti: «Si trova a cento chilometri dalla linea del fronte, nella regione di Mykolaiv, a dimostrazione della nostra fiducia nella vittoria dell’Ucraina. Se investire nell’energia rinnovabile significa anche avere una minor dipendenza dalla Russia, questa è anche una questione di sicurezza energetica», dicono da Dtek. È come se fosse parte della resistenza, o della controffensiva, o qualcosa del genere.
Dall’inizio di quest’anno Dtek sta portando avanti il progetto per una centrale eolica dalle parti di Poltava, che avrà una capacità di 650 megawatt circa. Questo e tutti gli altri progetti in fase di realizzazione sono un grosso aiuto nel breve periodo, ma avranno un ruolo cruciale in vista della ricostruzione post-bellica.
Lo stesso presidente Volodymyr Zelensky ha già detto di volere fare dell’Ucraina un «hub di energia verde» per l’Europa. Allora il vento, come le altre fonti di energia, sarà una risorsa strategica per ripartire con meno fatica al termine degli scontri e una possibile chiave di volta nell’integrazione dell’Ucraina all’interno dell’Unione europea, con il percorso di adesione accelerato negli ultimi mesi del 2023 e sempre più proiettato verso un futuro sostenibile del mix energetico in tutto il continente.
«Il settore energetico dell’Ucraina può favorire e incoraggiare l’integrazione di Kyjiv nell’Unione europea, perché la stessa Unione ha molto da guadagnarci. All’inizio della guerra l’Europa è venuta in soccorso dell’Ucraina, che era strettamente legata alla Russia dal punto di vista delle forniture. Ora è tempo che l’Ucraina aiuti l’Europa nel suo percorso verso l’indipendenza e la sicurezza energetica, nel diversificare il suo mix dall’energia russa e dai combustibili fossili», aggiungono da Dtek.
La transizione verde è una delle più grandi sfide di quest’epoca e l’Ucraina non solo deve decarbonizzarsi, ma deve farlo difendendosi dall’aggressione russa. Una guerra che in più di due anni ha danneggiato l’ambiente e il territorio, condizionando non solo le forniture energetiche ma anche interi ecosistemi che vivevano in equilibrio prima del 24 febbraio 2022. Poco prima del secondo anniversario dell’invasione su larga scala, l’Ufficio di presidenza di Zelensky ha pubblicato un paper sulle conseguenze ambientali della guerra. Il gruppo di lavoro che ha firmato il documento è presieduto da Andriy Yermak, numero uno dell’Ufficio del presidente, e Margot Wallström, ex ministro degli Esteri svedese. C’è un resoconto dettagliato dei danni catastrofici provocati dall’attacco militare della Russia e dai combattimenti lungo tutta la linea del fronte.
Ci sono i calcoli e le previsioni sugli investimenti e i lavori che serviranno per ripristinare tutto. Ci sono le preoccupazioni per le difficoltà nel garantire un monitoraggio puntuale di tutte le zone colpite e delle reali ripercussioni dei bombardamenti. C’è la prospettiva dello sminamento, della ricostruzione e della restituzione di certi territori agli ucraini che li abitavano. C’è, soprattutto, ed è la parte più importante, un appello alla comunità internazionale, perché la salvaguardia dell’ambiente ucraino – dal clima al territorio, fino agli spazi destinati agli impianti per la produzione dell’energia – può essere fatto in un solo modo, cioè con l’aiuto dei Paesi alleati dell’Ucraina.
L’appello è firmato da Yermak e Wallström, e non potrebbe essere altrimenti: «Per recuperare molte di queste aree è necessaria una leadership internazionale, non solo nel fornire assistenza tecnica e risorse, ma anche nel chiarire la linea politica, gli aspetti legislativi e la prassi cui ci affideremo. È importante che tutto questo avvenga fin da subito, mentre la guerra va avanti, perché la pianificazione e la ricostruzione dell’Ucraina sono già in corso».