Il nuovo Parlamento europeo sta prendendo forma dopo le elezioni. Ma c’è una questione che con molta probabilità si ripresenterà: quella dei doppi lavori degli eurodeputati. Alcuni, una volta eletti, sospendono le attività precedenti, si dimettono o si mettono in aspettativa. In molti altri casi, non lo fanno.
Nell’ultimo parlamento, secondo Transparency International, il 70 per cento degli eurodeputati aveva una seconda occupazione. Solo poco più di un quarto (26 per cento) di questi ha ricevuto stipendi aggiuntivi. E in sei casi questi guadagni erano addirittura maggiori dello stipendio lordo annuale di 120.900 euro che si percepisce come europarlamentare.
Le dichiarazioni sulle entrate aggiuntive dei parlamentari europei sono pubbliche. Dopo il Qatargate, sono state introdotte nuove norme sulla trasparenza. Ma di fatto si tratta di autocertificazioni sulle attività remunerate sopra i 5mila euro, i patrimoni ed eventuali conflitti di interessi. E spesso i dati non sono forniti in modo preciso. Mentre l’emendamento che era stato proposto per vietare i lavori secondari nelle organizzazioni iscritte nel registro dei lobbisti dell’Ue è stato respinto. Risultato: solo due parlamentari su 705 nella scorsa legislatura hanno scritto nei moduli di avere un possibile conflitto di interesse, di cui uno lo ha dichiarato per sbaglio, barrando la casella errata.
Il podio L’eurodeputato con i guadagni extra più alti – Viktor Uspaskich, prima in Renew Europe, poi rimosso a causa di commenti omofobi – ha dichiarato 3 milioni di euro annui da un’attività immobiliare. Al secondo posto c’era Jérôme Rivière – eletto con il Rassemblement National di Marine Le Pen, poi unitosi al partito Reconquête di Éric Zemmour, e infine registratosi nel 2023 come indipendente – che ha guadagnato 220.248 euro lavorando in una società di servizi finanziari. Al terzo posto László Trócsányi, ex ministro della Giustizia ungherese e membro del partito di estrema destra Fidesz: ha guadagnato 171.638 euro dall’attività di rettore universitario.
Tra gli altri deputati che avevano guadagni elevati, c’era Guy Verhofstadt, ex leader del gruppo liberale e coordinatore della Brexit per l’Ue, che era pure membro di diversi cda e relatore in numerose conferenze. C’è poi chi ha continuato a fare l’avvocato o il commercialista, conservando guadagni alti, e anche chi sedeva in diversi board di aziende iscritte nel registro dei lobbisti dell’Ue.
Le questioni sono due: una riguarda i potenziali conflitti di interessi; l’altra riguarda l’impegno degli eurodeputati. Con tutti questi incarichi, avranno tempo da dedicare alle attività del Parlamento?
Il rapporto di Transparency International mostra che un eurodeputato con un doppio lavoro in media svolge quattro attività aggiuntive, retribuite e non retribuite, mentre 23 deputati hanno dichiarato più di dieci lavori secondari.
«Vogliamo assicurarci non solo che non ci siano conflitti di interessi, ma anche che i rappresentanti eletti lavorino a tempo pieno per i cittadini e non solo per i loro interessi privati», ha detto Raphaël Kergueno, autore principale dello studio di Transparency International.
Monika Hohlmeier, eurodeputata tedesca di centrodestra, ha spiegato al Guardian: «Credo che i politici non dovrebbero essere attivi solo nella torre d’avorio della politica, ma dovrebbero anche impegnarsi al di fuori del Parlamento … Le esperienze che faccio nelle diverse organizzazioni mi arricchiscono per analizzare poi le questioni da diverse prospettive e fare una valutazione attenta dei fatti».
Per i nuovi parlamentari Anche fra i candidati di questa tornata elettorale – compresi gli italiani – ce ne sono alcuni che, se entreranno in specifiche commissioni o avranno ruoli importanti nella stesura dei regolamenti, potrebbero ritrovarsi in una posizione di forte conflitto di interessi.
Transparency International chiede al prossimo Parlamento europeo, che inizierà il suo mandato a luglio, di vietare tutti i lavori secondari, retribuiti e non. In assenza di un simile divieto – che dovrebbe essere votato dagli stessi eurodeputati, quindi improbabile – l’organizzazione chiede almeno controlli più rigorosi.
Perché, al momento, come ha fatto notare L’Espresso, si tratta più che altro di moduli e scartoffie da compilare. E c’è pure chi ha deciso di prendersi gioco della procedura. Come il leghista Danilo Oscar Lancini, che si è ricandidato e che nella sua dichiarazione degli interessi privati alla voce “Attività o partecipazione”, oltre a indicare un incarico da vicesindaco e consigliere al Comune di Adro, Brescia, si definisce «cultore diretto della patata». Ma che burlone.
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