È il momento della cucina spagnola Il Disfrutar di Barcellona è il miglior ristorante del mondo per The World’s 50 Best Restaurants

Mateu Casañas, Eduard Xatruch e Oriol Castro conquistano il più alto riconoscimento internazionale per la ristorazione e altre due posizioni tra le prime cinque spettano alla penisola iberica. Delusione e riflessioni per quanto riguarda gli italiani

Foto da Instagram @disfrutarbcn

Vince il modello spagnolo, fatto di spettacolarizzazione della cucina, di cura del dettaglio, di tecnica sopraffina, di coinvolgimento del cliente. Vince insomma l’eredità di Ferran Adrià, che rivoluzionò la cucina mondiale negli anni Novanta con la sua avanguardia senza compromessi. E non è un caso che al Bulli di Adrià, chiuso nel 2011, si conobbero alla fine degli anni Novanta Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu Casañas, che con il loro Disfrutar a Barcellona nella notte italiana sono stati proclamati, al Wynn Hotel di Las Vegas, i numeri uno della lista del The World’s 50 Best Restaurants, per gli amici “Fifty Best”.

Il loro ristorante nell’Eixample, un antro di maioliche e creatività, è stato il più votato dalla giuria dei 1.080 esperti (per un terzo chef e ristoratori, per un terzo giornalisti e per un terzo viaggiatori gourmet). Succedono a Virgilio Martinez del Central di Lima, che aveva trionfato nel 2023 a Valencia e che come ormai accade da qualche anno è finito nella hall of fame, la lista Best of the Best nella quale figura anche Massimo Bottura, vincitore nel 2016 e nel 2018, unico per l’Italia.

Ecco, l’Italia. Non è andata certo bene per i nostri colori. E da più parti tra i critici e i ristoratori italiani che si aggirano tra le slot machine ubique dell’hotel di Las Vegas si dice che qualcosa è stato sbagliato, che troppi chef sono rimasti chiusi nelle loro cucine senza dedicarsi a quelle pratiche di lobbying che solo possono portare al successo in una competizione condizionata dal voto di food expert internazionali, che devono essere incoraggiati a muoversi per venirti a trovare. Perché ogni giurato deve provare di aver visitato nei precedenti diciotto mesi ciascuno dei dieci ristoranti che ha votato.

Le buone notizie sono soltanto le tre posizioni guadagnate da Enrico Crippa di Piazza Duomo ad Alba (dalla 42esima alla 39esima), dalla comparsa di Norbert Niederkofler di Atelier Moessmer di Brunico alla posizione 52, nella lista 51-100 che era stata già svelata qualche settimana fa. E dal premio Champions of Changes attribuito alla botturiana Jessica Rosval e alla sua socia Caroline Caporossi, premiate per il lavoro che portano avanti a Modena nel ristorante Roots, dove formano al lavoro di cucina ogni anno decine di donne straniere che vengono così indirizzate verso l’indipendenza e la consapevolezza dei propri mezzi.

Molto più nutrite invece le cattive notizie. La prima è che per la prima volta dal 2021 siamo usciti dalla top ten. Il primo ristorante italiano è Lido 84 di Gardone Riviera di Riccardo Camaini (una vera anomalia che abbia soltanto una stella, ma qui sbaglia la Michelin) che finisce al dodicesimo posto. Ottimo risultato, ma l’anno scorso era stato settimo. Scende anche Niko Romito di Reale a Castel di Sangro, da sedicesimo al diciannovesimo e questa è davvero una delusione vista la continua crescita dello chef abruzzese. In calo molto netto invece Mauro Uliassi, precipitato dal 34esimo al 50esimo posto, coì come già si conosceva l’esclusione dai primi cinquanta di Massimiliano Alajmo delle Calandre di Rubano, 41esimo l’anno scorso e quest’anno lasciato alle porte del paradiso con il suo 51esimo posto.

Delusione anche per Enrico Bartolini, dell’omonimo ristorante del Mudec di Milano. L’anno scorso era comparso al posto numero 85, quest’anno non figurava nella lista 51-100 e si sperava si fosse spostato verso la parte sinistra della classifica. Invece è uscito, confermando l’idiosincrasia della Fifty Best per le grandi città italiane. Nessun italiano nei primi cento arriva da una città di grandi (o anche medie) dimensioni. Questo mentre in classifica figurano Madrid, Barcellona, Londra, Parigi, Berlino, Vienna, Singapore, Hong Kong, New York, Tokyo, Città del Messico. Per i critici stranieri l’Italia gastronomica è quella della provincia.

Dicevamo del successo della Spagna. Che ha piazzato al secondo posto Asador Etxebarri di chef Bittor Arguinzoninz, quarto l’anno scorso, e al quarto DiverXO a Madrid di Dabiz Muñoz, l’anno scorso secondo (e Dabiz non poteva nascondere un certo disappunto). In mezzo, sul terzo gradino del podio, Table by Bruno Verjus di Parigi. Al quinto posto Maido di Lima.

Ecco la classifica per i primi 25 posti.

  1. Disfrutar, Barcellona (Spagna)
  2. Asador Etxebarri, Atxondo (Spagna)
  3. Table by Bruno Verjus, Parigi (Francia)
  4. DiverXO, Madrid (Spagna)
  5. Maido, Lima (Perù)
  6. Atomix, New York (USA)
  7. Quintonil, Città del Messico (Messico)
  8. Alchemist, Copenaghen (Danimarca)
  9. Gaggan, Bangkok (Thailandia)
  10. Don Julio, Buenos Aires (Argentina)
  11. Septime, Parigi (Francia)
  12. Lido 84, Gardone Riviera (Italia)
  13. Trèsind Studio, Dubai (Emirati Arabi)
  14. Quique Dacosta, Denia (Spagna)
  15. Sézanne, Tokyo (Giappone)
  16. Kjolle, Lima (Perù)
  17. Kol, Longra (Regno Unito)
  18. Plénitude, Parigi (Francia)
  19. Reale, Castel di Sangro (Italia)
  20. Wing, Hong Kong
  21. Florilège, Tokyo (Giappone)
  22. Steiereck, Vienna (Austria)
  23. Suring, Bangkok (Thailandia)
  24. Odette, Singapore
  25. El Chato, Bogotà (Colombia)

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