Le europee del 2014 segnarono il punto più alto della parabola di Matteo Renzi alla guida del Partito democratico, con un incredibile 40,8 per cento, da molti interpretato come l’inizio di una lunga egemonia della sinistra riformista. Le europee del 2019 videro invece il trionfo della Lega di Matteo Salvini, con un notevole 34 per cento, preso in gran parte agli alleati di governo del Movimento 5 stelle, che nel 2018 avevano vinto le politiche con il 32.
Ma il primato del Partito democratico e della leadership renziana era già finito nel dicembre 2016 con la sconfitta al referendum costituzionale, i riformisti sono oggi minoranza nel loro stesso partito e Renzi deve lottare per raggiungere il 4 per cento, altro che il 40, per di più in alleanza con i radicali di Emma Bonino. Il primato populista appare invece assai più solido, al di là delle altalenanti fortune di Salvini, che comunque sembra essere riuscito a ritagliarsi ancora una volta uno spazio, e non solo sui mezzi di comunicazione. Lo dimostra la telefonata di ringraziamenti con cui ieri Donald Trump ha voluto premiare le dichiarazioni di aperto sostegno e solidarietà pronunciate da Salvini nei suoi confronti, per il processo che lo ha visto condannato e per le prossime elezioni che lo vedono ancora leggermente favorito.
I numerosi retroscena che da tempo raccontano la gara tra la nostra presidente del Consiglio e il suo vice nell’accreditarsi (o ri-accreditarsi) presso l’uomo che nel 2021 ha tentato di sovvertire l’esito delle elezioni e fomentato l’assalto al congresso di Washington, obiettivamente, dovrebbero mettere qualche inquietudine anche agli osservatori più smaliziati, allergici a qualsiasi discussione circa pericoli o minacce autoritarie. Senza dimenticare che l’affettuosa chiamata di Trump arriva proprio nei giorni in cui Salvini si è maggiormente esposto, con prese di posizione così smaccatamente filo-russe da finire riprese persino dalla propaganda di Mosca.
Motivo di più per irritare Giorgia Meloni, impegnata nella preparazione del G7 in Puglia, dove dovrà accogliere Joe Biden. Se dunque è vero che all’indomani del voto gli equilibri dell’Europa potrebbero dipendere dalle scelte di Meloni, come scrive la stampa internazionale, è anche vero che la posizione del governo appare suscettibile di vistose correzioni di rotta (in parte le stiamo già vedendo) specialmente per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina. Nel voto per le elezioni europee l’Italia misurerà quanto sia ancora forte la spinta propulsiva, per dir così, dell’ondata populista del 2018, con conseguenze che rischiano di andare molto oltre i nostri confini.
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