CoabitazioneL’azzardo politico di Macron e la gentrificazione sovranista di Marine Le Pen

Il presidente francese ha convocato le elezioni legislative anticipate sperando che in caso di vittoria del Rassemblement National, i francesi notino l’incompetenza dell’estrema destra francese. Ma rischia così di legittimare un movimento politico che cerca da anni di non essere etichettato come pericoloso per la democrazia

LaPresse

Un esagono francese tutto colorato di marrone, con un solo piccolo buco bianco all’altezza della regione parigina: questa è la mappa delle elezioni europee in Francia. E quel marrone sono i consensi ottenuti dal Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen (31,5 per cento), costringendo il presidente Emmanuel Macron a sciogliere l’Assemblea nazionale, programmando elezioni legislative anticipate che si terranno tra appena tre settimane, il 30 giugno, con ballottaggio il 7 luglio: l’ennesima campagna elettorale lampo in Europa, sulla scia di quanto fatto un anno fa dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez e, più di recente, dal premier britannico Rishi Sunak.

L’azzardo di Macron produrrà un risultato più vicino a quello di Sanchez (vincente) o a quello di Sunak (quasi sicuramente perdente)? Probabilmente, potremmo definirlo una «terza via». Lo scioglimento dell’assemblea è una scommessa straordinaria del leader francese, nonostante già adesso non possa più contare su una solida maggioranza parlamentare. In ogni caso, Macron rimarrà presidente per altri tre anni e sarà comunque responsabile della difesa e della politica estera, ma potrebbe perdere il controllo sull’agenda interna, che va dalla politica economica alla sicurezza, fino all’immigrazione. 

Questo potrebbe avere un effetto su altre politiche, come gli aiuti all’Ucraina, che richiedono il sostegno del parlamento per finanziare qualsiasi supporto sostenuto dal bilancio francese. La sua alleanza potrebbe essere poi nuovamente surclassata alle elezioni, costringendolo a nominare un primo ministro di un altro partito e producendo una «coabitazione» piuttosto turbolenta.  

Guardando le cose da un’altra prospettiva, però, effettivamente Macron non ha messo in gioco la sua carica, resterà all’Eliseo fino al 2027 e in parlamento le cose non andavano comunque per il verso giusto; in molti hanno sottolineato come l’obiettivo del presidente possa essere eventualmente quello di portare al governo i sovranisti e smascherarne l’incompetenza durante questo mandato legislativo, cercando di evitare una vittoria di Marine Le Pen alle prossime presidenziali.

Se la decisione di Macron ha colto di sorpresa un po’ tutti, compresi gli stessi lepenisti, il risultato dell’estrema destra francese arriva da lontano. Il percorso che ha issato Le Pen e il suo partito in vetta, con il doppio dei consensi rispetto alla Renaissance di Macron, passa da un’operazione rebranding estremamente profonda, come si direbbe nel gergo del marketing, che ha coinvolto le radici più profonde del partito.

Dopo la sconfitta del 2022, e sempre più intensamente negli ultimi mesi, Le Pen ha costruito una nuova immagine per la sua formazione, a partire dal suo volto di punta: quello del giovane Jordan Bardella, a cui la leader a fine 2022 ha dato le chiavi in mano per una ristrutturazione completa del sovranismo d’oltralpe. Il ventottenne parigino Bardella ha guidato la campagna elettorale per queste europee ed è forse il principale protagonista di questo successo: quando il Rassemblement ha inaugurato la sua campagna a Marsiglia, tre mesi fa, gli applausi più forti non sono stati per Le Pen, ma proprio per lui, circondato da tricolori francesi e slogan come «La Francia è tornata, l’Europa rinasce».

Bardella ha svolto un ruolo chiave nel rafforzare la posizione del suo partito da quando è diventato leader, nonostante Renaissance abbia fatto di tutto per ritrarre il Rassemblement National come una forza estremista, evidenziando i suoi legami con la Russia, le inclinazioni anti-Ue e le alleanze con partiti estremisti all’estero. Nel giugno dello scorso anno, una commissione investigativa dell’Assemblea Nazionale francese sulle interferenze straniere ha definito il Rassemblement National una «cinghia di trasmissione» per Mosca.

Nessuno degli attacchi contro Bardella ha avuto però effetto finora, specialmente quelli riguardanti la Russia: le posizioni equivoche del Rassemblement sulla Russia non sono la prima cosa che la maggior parte degli elettori collega al partito, evidentemente. Bardella, poi, ha anche preso ulteriori misure per evitare di apparire filo-Putin: in un’intervista dell’anno scorso con l’Opinion, ha detto di rammaricarsi che la classe politica francese, incluso il Rassemblement, non abbia colto più rapidamente la minaccia rappresentata da Mosca. 

Oltre al suo frontrunner, però, Le Pen ha cambiato anche approccio politico: gli sforzi per «purificare» il partito fondato da suo padre Jean Marie, cancellando le radici politiche fondate su razzismo e antisemitismo, hanno dato in gran parte i loro frutti. Il nuovo Rassemblement non chiede più di lasciare l’Ue o l’euro, ma sostiene di voler trasformare l’unione dall’interno per restituire potere agli stati nazionali su tutto, dall’immigrazione alla politica energetica. Una posizione che porrebbe comunque Parigi in contrasto con i suoi partner e contravverrebbe a vaste porzioni del diritto comunitario. Sull’immigrazione, ad esempio, il partito vuole rinnegare le regole europee, un grande classico del sovranismo, che abbiamo visto di recente anche in salsa olandese con il Pvv di Geert Wilders.

Per Le Pen, ora la sfida è trasformare questa affermazione europea in una vittoria anche in patria, completare in un certo senso la sua «gentrificazione» sovranista. In questi mesi, il Rassemblement ha sfruttato le difficoltà interne di Macron, in crisi da quando la sua coalizione si è frammentata a causa di una legge sull’immigrazione considerata troppo sbilanciata a destra da molti legislatori centristi. Durante dieci giorni di alta tensione in parlamento, il governo di Macron ha perso il controllo del provvedimento ed è stato costretto ad acconsentire alle crescenti richieste dei conservatori, alimentando speculazioni sul fatto che il presidente avesse perso il suo tocco magico. Ora proverà a recuperarlo con un coniglio dal cilindro elettorale.

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