I 27 capi di Stato e di governo dei paesi membri dell’Unione europea non sono riusciti ad accordarsi sulle principali nomine interne all’Unione, i cosiddetti top job, prima fra tutte quella di un secondo mandato di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione Europea. Nel vertice informale di Bruxelles del 17 giugno, il primo incontro del Consiglio Europeo dopo le elezioni, tutti si aspettavano almeno un accordo veloce sul secondo mandato di von der Leyen alla Commissione europea. Invece così non è stato. E il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto ai giornalisti che si trovavano sul posto che «non c’è alcun accordo stasera».
Lo stallo si sarebbe verificato quando i leader del Partito Popolare Europeo (Ppe), il più grande al Parlamento Europeo, avrebbero chiesto non solo di poter nominare nuovamente Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione e Roberta Metsola a quella del Parlamento Europeo, ma anche di dividere con il gruppo dei Socialisti la presidenza del Consiglio. Questo incarico sarebbe dovuto andare per cinque anni all’ex primo ministro portoghese António Costa, ma il Ppe avrebbe chiesto che il mandato venisse diviso in due parti da due anni e mezzo. I leader e i negoziatori dell’S&D non sarebbero stati contenti della proposta e avrebbero quindi bloccato la discussione.
Pedro Sanchez e Olaf Scholz, negoziatori per conto dei socialisti, si sono irrigiditi. E la partita che sembrava chiusa attorno ai nomi di Ursula von der Leyen (Commissione), Antonio Costa (Consiglio) e Kaja Kallas (Alto Rappresentante della politica estera) si è rivelata più complicata e le trattative sono andate avanti per tutta la serata. L’accordo definitivo ancora non c’è, ma il consenso attorno al bis di Von der Leyen sembra ormai consolidarsi e il via libera formale è atteso al Consiglio europeo del 27-28 giugno.
Un altro problema sarebbe stato poi rappresentato proprio dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Secondo diversi diplomatici che hanno parlato con Politico, Meloni si aspettava di essere più coinvolta nei negoziati dopo il suo ottimo risultato alle elezioni europee. Il Corriere scrive che il negoziato si è arenato proprio sull’alt all’Ecr (Gruppo dei conservatori e dei riformisti europei) di Meloni da parte di Scholz e Tusk. Nessuno dei sei negoziatori vorrebbe un’alleanza allargata ai conservatori dell’Ecr. Scholz è stato diretto: «È chiaro che in Parlamento non deve esserci alcun sostegno per il presidente della Commissione che si basi su partiti di destra e populisti di destra». Tusk ha aggiunto: «Non è mio compito convincere Meloni, abbiamo già una maggioranza con Ppe, liberali, socialisti e altri piccoli gruppi, la mia sensazione è che sia già più che sufficiente».
Nonostante il mancato raggiungimento di un accordo, sembra però che si sia ormai consolidato un consenso attorno ai nomi di von der Leyen, Metsola e Costa, oltre che a quello della prima ministra dell’Estonia Kaja Kallas come Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza.