Femminile singolare C’è una sola donna che distilla in Guadalupa, si chiama Anna Ostrovskyj ed è italiana

Dagli assaggi con il nonno ucraino all’amore per gli alambicchi, tra i Caraibi e il Mediterraneo. La storia dell’appassionata che rivela cosa significhi fare la distillatrice di rum

Anna Ostrovskyj alla Distilleria Alma

Lo storytelling è una parte importante della comunicazione enogastronomica. Non c’è niente di male, si tratta di raccogliere le informazioni, organizzarle in una narrazione coerente e prepararsi a ripeterla. Si apre il sipario e i personaggi ti si muovono di fronte, raccontandoti come è nata un’azienda, la storia del fondatore, come i frutti della campagna arrivano sulla tavola e così via. Ecco, ad Anna Ostrovskyj lo storytelling proprio non appartiene. Ti siedi in platea e te la ritrovi seduta accanto, mentre cerchi di capire come incrociare le gambe sotto il seggiolino di fronte. Altro che rottura della quarta parete, ma non dovevi essere là sopra anche tu? No, lei osserva lo spettacolo assieme a te e ti spiega come funziona: le luci, i macchinari scenici, i cambi di fondale, sta a te farti un’idea e decidere se ti piace.

Quando poi si tratta di chiederle la sua di storia, le ci vuole un po’ a mettere in fila tutto, come se in fondo non avesse tutta questa importanza rispetto a come la canna le arriva in distilleria. Invece è l’unica donna che distilla in Guadalupa, che non è esattamente una cosa semplice. A differenza di quanto il cognome possa far intendere, è mantovana e sta dando una bella spinta anche al rum in Italia.

Enologa backpacker
Anna Ostrovskyj è partita per Cuba diversi anni fa e da allora non è mai veramente tornata dai Caraibi. «Al rum ci sono arrivata viaggiando. Mi tenevo un mese all’anno per viaggiare e la prima volta sono stata a Cuba tanti anni fa, ho capito che mi piacevano il distillato e l’atmosfera. Poi ho cominciato a frequentare i Caraibi francesi, la prima è stata Guadalupa, la seconda Marie-Galante e ci sono tornata praticamente tutti gli anni. Più o meno dal 2012 facevo un viaggio all’anno, arrivando anche in Martinica, a Barbados…».

Scogliere nord, Grande Terre Domaine De Bel Air, Rhum Marie Louise

L’affaire con gli spiriti però inizia un po’ prima, grazie al nonno ucraino – così sciogliamo i dubbi sul cognome – che le insegnava ad assaggiare grappe e distillati di frutta, finché la passione non si traduce negli studi di enologia e in corsi su distillati e distillazione. «Ho sempre fatto due lavori: durante la settimana ero in un’azienda di telecomunicazioni e il weekend lo dedicavo a scrivere e andare per cantine o distillerie. Nei Caraibi ho fatto diversi giri, finché non sono riuscita a trovare qualche stage, conoscendo persone che mi hanno insegnato tanto del mestiere. Poi, quattro anni fa, ho lasciato l’azienda, ho aperto partita iva e ho iniziato a fare il mio lavoro». Ovvero, la consulente distillatrice, lavorando con diverse aziende un po’ come fanno molti enologi.

Per un certo periodo lavora da Reimonenq, distilleria di Sainte Rose sull’isola di Basse-Terre (la grande isola che assieme a Grande-Terre compone Guadalupa) e questo diventa un buon biglietto da visita per i passi successivi.

Marie Louise e il contributo di Anna
Anna si trasferisce in pianta stabile a Marie-Galante, passa per Poisson, la distilleria del Rhum Père Labat, fino ad arrivare a Marie Louise, il rum di Rodolphe Payen.

«All’inizio ho pensato fosse un pazzo. Su un terreno bellissimo, a nord di Grande-Terre, aveva piantato una tipologia di canna che normalmente non dovrebbe stare lì, ma lui insisteva a costo di fare una microirrigazione. Quando però ho visto la canna che raccoglieva, ho deciso che mi piaceva quel tipo di follia e dopo la prima produzione mi sono convinta».

Canne Bleue, Domaine De Bel Air, Rhum Marie Louise

La produzione avviene nella distilleria Montebello a Petit Bourg (Basse-Terre), a cui Marie Louise si appoggia nell’attesa di avere i propri alambicchi. «Dal momento in cui la canna arriva in distilleria faccio tutto, dalla scelta dei lieviti per impostare la fermentazione alla distillazione. In base alle caratteristiche della canna da zucchero e del distillato scelgo quello che deve essere imbottigliato come rum bianco e quale destinare invece all’invecchiamento, scegliendo il tipo di botte e la dimensione». In questo il padrone di casa le dà carta bianca e le permette di concentrarsi su sperimentazioni che valorizzino le particolarità di una materia prima piuttosto singolare. La canne bleue – così si chiama l’ibrido B69.566 scelto da Payen – è coltivata con approccio biologico su un terreno praticamente vergine, che per tre generazioni è appartenuto alla famiglia.

Canna da zucchero appena arrivata in distilleria, Montebello

Non tutti i lieviti sono uguali
«Ho lavorato isolando dei lieviti di questa canna da zucchero assieme a un enologo italiano, Mattia Vairetti del laboratorio Enartis Italiana Biotecnologie, e fatto varie prove di fermentazione e distillazione. Il risultato ci è piaciuto di più, lo abbiamo trovato più rispettoso della natura di questa canna e assieme al signor Payen abbiamo pensato di utilizzarlo per le prossime produzioni. I rum bianchi di quest’anno usciranno nel 2025 e sono fatti proprio con questi lieviti».

Piccola parentesi, in distillazione, un po’ come in enologia, la fermentazione è il cuore di tutto, perché è il momento in cui si formano gran parte dei composti aromatici che saranno estratti dall’alambicco. I lieviti impiegati possono essere di vario tipo. Al momento il ceppo che va per la maggiore è quello dei Saccharomyces Cerevisiae, mentre i lieviti isolati dalla canne bleue di Marie Louise sono di un altro ceppo e, dagli assaggi dei diversi lotti di distillato, la differenza si sente. In attesa di approfondire l’argomento fermentazione in distillazione, questo articolo di Andrea Moser può esservi d’aiuto.

Succo in attesa di fermentazione

Il Rhum Marie Louise non è ancora importato in Italia (chi ha orecchie per intendere…), ma può capitare che Anna ne porti qualche campione agli eventi sul rum a cui partecipa.

L’Italia, il rum e la cosa più difficile
In Italia Anna viaggia spesso. Il lavoro da Marie Louise la impegna nell’arco dell’anno, ma con la possibilità però di fare anche altro – dove altro è un concetto che include sia le consulenze di distillazione che la divulgazione e l’insegnamento.

Forte di anni passati a scrivere il suo blog Coeur de Chauffe, in cui racconta i propri viaggi e il proprio lavoro, da oltre un anno contribuisce anche a Daily Dram (il blog di Whisky Club Italia) oltre a curare come docente o a partecipare come relatrice a corsi e degustazioni sul rum. Per questa ragione il suo è un nome noto a gran parte della comunità italiana degli appassionati di distillati.

Colonne di distillazione, distilleria Montebello

Sul fronte della produzione invece, dallo scorso settembre ha iniziato ad affiancare Hugo Gallardo nella sua distilleria di rum, Alma, in Sicilia (di cui avevamo parlato in questo articolo). Dopo svariate prove e aggiustamenti, il suo aiuto ha contribuito a portare in bottiglia Mater e a impostare un metodo di lavoro in distilleria. «Ho sentito tanta responsabilità all’inizio, perché non volevo sbagliare e perché ho visto quanta attesa c’era nell’aria» scriveva in febbraio sul blog di Whisky Club Italia. «So bene cosa significhi essere una piccola impresa, e aiutare Hugo ha aiutato anche me e aumentato la dose di fiducia nelle mie capacità e nel mio impegno costante per imparare e capire meglio».

Ogni progetto infatti è un progetto a sé, con una materia prima a sé e infiniti possibili modi e strumenti diversi per lavorare. Imparare e un processo senza fine. «Adesso sto frequentando il corso da Master Distiller dell’Institute of Brewing & Distilling di Londra», annuncia Anna.

Quando le chiedi come sia da donna fare la distillatrice di rum, la risposta è diretta. «Devi studiare tre volte tanto». Sorride, e sai che dal seggiolino accanto al tuo non puoi aspettarti questioni di retorica, neanche femminista, solo dati di fatto. «Cerchi sempre di fare di più rispetto a quello che ci si aspetterebbe, perché è come se cercassi di entrare in un mercato che normalmente non sarebbe fatto per te». Bisogna rendersi competitive. «Investo sempre in due cose. Nella mia formazione, perché non sono mai convinta di sapere qualcosa fino in fondo, e poi nella strumentazione, che deve essere sempre aggiornata e devo sapere sempre come posso migliorarla».

Anna Ostrovskyij in distilleria ai Caraibi

Ma la cosa più difficile non è inserirsi in questo mondo, quella è una questione di determinazione e costanza, ciò che la impegna di più è soprattutto un passaggio tecnico e in larga parte sensoriale. «La cosa più difficile secondo me è leggere il tracciato prima che il prodotto esca dall’alambicco. Voglio dire, leggere le caratteristiche di ogni frazione di vapori, capire dove tagliare e quello che potrò fare con quel distillato».

Come fare il macchinista in un viaggio di sola andata, con infiniti scambi sui binari. Il sipario si chiude, ma Anna dalla tua stessa fila è pronta a spiegarti tutti i binari e tutti gli scambi.

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