In attesa di decidere cosa fare sulla riconferma di Ursula von der Leyen, il partito di Giorgia Meloni ieri ha confermato la propria autentica collocazione ideologica (e internazionale) astenendosi sulla risoluzione del Parlamento europeo che censurava la diplomazia personale di Viktor Orbán.
Evidentemente, nemmeno la grottesca missione di pace a Mosca, decisa unilateralmente dal presidente ungherese, che è andato a stringere la mano a Vladimir Putin e a legittimarne le pretese nelle stesse ore in cui il suo esercito bombardava un ospedale pediatrico in Ucraina, è stata sufficiente a rompere la solidarietà dell’internazionale sovranista e illiberale, a dispetto delle diverse collocazioni nel parlamento di Strasburgo. O forse proprio per questo, in conseguenza della prova di forza data da Orbán con la creazione del gruppo dei Patrioti, insieme con Matteo Salvini e Marine Le Pen, a tutto danno dei conservatori di Meloni.
La scelta di Fratelli d’Italia appare dunque tanto più significativa nel momento in cui Orbán si presenta al mondo sempre più esplicitamente come il cavallo di troia di Putin nell’Unione europea, e al tempo stesso non esita a offrire i suoi servigi a Xi Jinping da un lato e a Donald Trump dall’altro (senza nemmeno aspettare che entri alla Casa Bianca).
D’altra parte, il fatto che a poche ore dal voto di fiducia su Von der Leyen ancora non si conosca la posizione di Meloni la dice lunga sul vicolo cieco in cui la nostra presidente del Consiglio ha finito per infilarsi. La maggior parte degli osservatori scommette che alla fine non potrà non accordarsi, ma comunque di questo si tratterebbe.
È noto del resto che l’accordo sulle principali nomine di vertice nell’Ue, a cominciare dalla presidenza della Commissione, è stato preso senza di lei. Dopo essersi convinta di poter giocare su due tavoli – quello dei leader europeisti e quello dei partiti sovranisti – mettendosi in tasca gli uni e gli altri, Meloni è rimasta fuori da entrambi. E così oggi il suo eventuale appoggio a Von der Leyen, se alla fine arriverà, non sembra comunque in grado di garantirle il peso nelle trattative cui aspirava, mentre una scelta di segno contrario non farebbe altro che sottolineare il suo isolamento e la definitiva sconfitta della sua strategia europea. Con grande soddisfazione di Salvini, in entrambi i casi.
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