On ice Lo Champagne come non l’avete mai bevuto

Nonostante i sacri dettami della sommellerie lo vietino, l’usanza di bere il vino con ghiaccio è sempre più diffusa. La Maison Veuve Clicquot ha deciso di abbracciare il cambiamento (e il futuro), con le due nuove Cuvée RICH e RICH ROSÉ, pensate appositamente per essere consumate on the rocks

@Veuve Clicquot

C’è chi la chiama eresia e chi invece ha un atteggiamento più accomodante, ma a prescindere dalle prese di posizione, il consumo di vino on the rocks è ormai una realtà. La tendenza è in costante crescita e il numero degli estimatori del cubetto di ghiaccio nel calice cresce di estate in estate, lasciando al secondo posto il numero di detrattori.

I sommelier obietteranno — e a ragione — che l’aggiunta di ghiaccio rischia di annacquare il vino, alterandone di conseguenza il profilo organolettico, ma a ben osservare, come spesso succede, si scopre che l’usanza di allungare il vino è tutto tranne che recente.

Già nella Grecia antica il vino, allora molto concentrato, veniva diluito per raggiungere un buon equilibrio di sapori, tradizione diffusasi più tardi anche nel nostro Paese, a Venezia, dove i lavoratori dellArsenale, a fine giornata, erano soliti bere un bicchiere di bianco con aggiunta di acqua.

L’usanza viene successivamente adottata dai soldati delle truppe austriache per poi tornare, più in voga che mai, tra le calle veneziane grazie all’invenzione dello Spritz che, prima di diventare il colorato mix di bitter e Prosecco che tutti conosciamo, altro non era se non un bicchiere ricolmo di vino, acqua o soda – quest’ultima solo per i più fortunati.

Ancora oggi, nei bacari che animano il capoluogo veneto, è possibile ordinare uno “Spritz liscio”, dissetante drink a base di vino bianco frizzante, soda, ghiaccio e una fettina di limone.

Quindi forse bisognerebbe smettere di indignarsi e cominciare a chiedersi se esistono determinate caratteristiche che rendono un vino più o meno adatto all’aggiunta del ghiaccio.

Nicola Bonera, docente Associazione Italiana Sommelier (Ais) e Miglior Sommelier d’Italia per l’anno 2010, dopo aver affermato che: «Il vino è straordinario da solo», aggiunge che ci sono delle tipologie di vitigni e di prodotti che si adattano più di altri al consumo on the rocks.

«I vitigni aromatici si prestano particolarmente» continua Bonera, «come anche i vini dolci. Un Moscato con ghiaccio e menta è ottimo per essere sorseggiato in estate, ma anche il Prosecco che si usa per lo Spritz deve essere extra dry, con un contenuto di zuccheri pari a dodici o quattordici grammi per litro».

Per il sommelier bresciano anche lo Champagne con ghiaccio è tutt’altro che un tabù, a patto che abbia un’acidità e un tenore zuccherino studiati appositamente per bilanciare il possibile annacquamento.

Parlando di Champagne, tra le Maison che non hanno mai avuto il timore di correre rischi e lanciarsi incontro al futuro, c’è sicuramente Veuve Clicquot che, forte dell’esempio dato da Madame Clicquot, si è sempre distinta per entusiasmo e audacia, e in più occasioni è stata capace di raccogliere le nuove sfide che il mondo e il mercato le lanciavano.

Anche in questo caso, Veuve Clicquot non si è tirata indietro e si prepara ad affrontare la bella stagione 2024 con due nuove Cuvée pensate appositamente per essere sorseggiate on ice: RICH e RICH ROSÉ.

Il nome scelto per le nuove etichette ci dà un indizio importante, che da solo spiega la scelta del consumoon ice. Il termine rich, infatti, nel diciannovesimo secolo veniva utilizzato dalla stessa Maison per distinguere lo Champagne dolce da quello secco o brut.

@Veuve Clicquot

Con i loro cinquantacinque grammi di zucchero per litro, RICH e RICH ROSÉ sono perfetti per essere consumati con il ghiaccio, capace di smorzare la loro dolcezza e conferire il giusto equilibrio al sorso, accentuando le note aromatiche e fruttate che li caratterizzano. Da un lato i sentori esotici, uniti alla freschezza della citronella e della mente piperita che timbrano il bouquet olfattivo di RICH, dall’altra le note di frutti rossi, pesca e anguria di RICH ROSÉ.

Ma avere un buon prodotto non è mai sufficiente, per quanto qualitativamente valido, ciò che distingue veramente un progetto vincente è dare vita a un rituale, creare un’esperienza.

E anche in questo campo Veuve Clicquot con la sua art de vivre solaire gioca in casa e intorno ai suoi RICH e RICH ROSÉ dipinge un piccolo universo dai toni pastello, quello dei Sun Club, esclusivi hotspots sparsi nelle più blasonate località balneari, da Ibiza a Mikonos, passando per le spiagge di Forte dei Marmi, Capri e Paraggi, luoghi perfetti per immergersi nell’atmosfera effortless and chic tipica della Maison.

Immaginiamo quindi di trovarci nel Sun Club Bagni Fiore, sotto un ombrellone che ha il colore del sole, lo sguardo rivolto verso la baia di Paraggi e le sue acque cristalline. È ormai tardo pomeriggio e il pranzo preparato dalla cucina di Langosteria, seppur delizioso, è ormai un ricordo lontano.

Ecco che, su un tavolo apparecchiato in terrazza, vediamo un vassoio di stuzzichini e crudité di pesce, accanto a due ampi calici, disegnati appositamente per accogliere una generosa quantità di Champagne e una perfetta sfera di ghiaccio, per un aperitivo fresco ed elegante.

Ed è con queste delicate pennellate che Veuve Clicquot gioca con la tradizione, facendo vacillare anche il più integerrimo dei sommelier che, non si sa come né perché, si ritrova d’improvviso a sognare il mare, una sdraio giallo solaire e, rivolgendosi al cameriere con la voce rotta e piena di bramosia, mormora: «Champagne on ice, please».

X