La carta che adesso giocheranno i parafascisti francesi sarà quella del soffiare sul caos in cui Emmanuel Macron avrebbe secondo loro gettato il Paese. Aspettiamoci di tutto, nei prossimi tre anni, compreso il fomentare disagi e disordini che nella ribollente Francia non sono mai sopiti. Sull’onda di questo auspicato disordine, Marine Le Pen nel 2027 darà l’assalto all’Eliseo per la terza volta, finora sempre battuta da un Macron che non potrà però essere della partita avendo già svolto due mandati.
La scommessa sul caos francese ha già trovato i suoi cantori in Italia. Il professor Alessandro Campi, sul Messaggero, ha sottolineato che «un cartello elettorale non è un’alleanza politica stabile e duratura» evidenziando le distanze tra i vincitori delle elezioni legislative (sull’Ucraina, sulle pensioni): ma questo lo sa per primo Macron che aveva giustamente distinto tra desistenza e coalizione di governo (distinzione, detto en passant, che Elly Schlein dovrebbe tenere presente). L’obiettivo infatti era negativo, bloccare Le Pen. Fatto questo, ora si gioca. Era tutto previsto.
Il senatore Gaetano Quagliariello, orfano dell’amato Charles De Gaulle, dice la stessa cosa di Campi ma, come tanti altri osservatori, sostiene che il vincitore sia stato Jean-Luc Mélenchon che però ha un terzo dei deputati di Ensemble (Macron). Altri esponenti di destra, tra cui nientemeno che Daniela Santanchè, hanno affermato che Macron «ha rilanciato i comunisti», ma questi esistono al di là della volontà del presidente che comunque non intende allearsi con loro semmai con la parte ragionevole del Nouveau Front Populaire. (Ah, silenzio assoluto da parte di Marco Travaglio che aveva definito il presidente francese «un cretino»).
Capiamoci, è un dato di fatto che la Francia sia entrata in una terra incognita anche per il fatto che si è spuntata la forza della V Repubblica basata su una governabilità abbastanza assicurata. Ma perché non vedere i lati positivi della situazione che vanno anche al di là dell’umiliazione inflitta alla estrema destra? Si apre infatti in Francia una fase nuova, potenzialmente ricca di politica e di democrazia. Quest’ultima è stata clamorosamente rivitalizzata da Macron, il tecnocrate che sarebbe odiato dal Paese (è il secondo gruppo parlamentare), l’algido pokerista jupitérien lontano dal popolo, un uomo politico descritto ancora ieri da alcuni geni di sinistra e di destra come lo sconfitto.
Adesso vedremo come il presidente piloterà questa inedita fase post-V Repubblica nella quale avrà un peso enorme il parlamento, i partiti, il gioco politico: elementi italiani, se si vuole, e infatti non si parla d’altro che di governo tecnico, larghe intese, possibili scissioni a sinistra, tutti storici ingredienti della politica italiana (c’è qualche somiglianza con la situazione italiana della seconda metà degli anni Novanta).
In Francia dunque, proprio a causa della complessità della situazione, torna la Politica, all’insegna dei valori (l’unità delle forze democratiche contro il parafascismo) e da oggi alla ricerca di mediazioni sul piano politico e programmatico. Da quest’ultimo punto di vista, Mélenchon se fosse un vero leader politico dovrebbe disporsi alla mediazione, ma poiché ci pare più un arruffapopolo che uno statista, insisterà sul suo demagogico programma e verrà inevitabilmente mollato da persone più serie, «gli adulti» come li ha definiti il loro leader di fatto Raphäel Glucksmann.
Ecco dunque che non cedendo di un millimetro il ruolo del presidente, contemporaneamente si rafforzerà quello del Parlamento: una specie di Sesta Repubblica. Con buona pace dei catastrofisti di destra impegnati a leccarsi le ferite di una sconfitta epocale.