Esposizioni pericolose La sottovalutata questione della salute di chi vive vicino agli aeroporti

Le sostanze inquinanti emesse dagli aerei nelle fasi di decollo e atterraggio sono particolarmente dannose per i cittadini che risiedono a pochi chilometri dagli scali. L’ennesimo problema che dovrebbe incentivare un ripensamento del settore

Cecilia Fabiano/LaPresse

Vivere vicino a un aeroporto aumenta i rischi per la salute. Lo suggerisce anche un recente studio condotto da CE Delft e commissionato dall’organizzazione indipendente Transport & Environment (T&E). Secondo la ricerca, in Europa sono migliaia i casi di ipertensione, diabete e demenza che possono essere correlati all’esposizione prolungata alle particelle ultrafini emesse dagli aerei non solo durante il volo ad alta quota, ma anche in fase di decollo e atterraggio. 

Non è la prima volta che viene evidenziato il legame tra trasporto aereo e salute psicofisica, un problema che interessa potenzialmente più del dieci per cento della popolazione europea: sono infatti circa cinquantadue milioni le persone che vivono entro venti chilometri di distanza da uno dei trentadue aeroporti più trafficati d’Europa. Solo in Italia, invece, sono 1,6 milioni i cittadini che risiedono nel raggio di venti chilometri da Roma Fiumicino e Milano Malpensa, i due aeroporti più trafficati del Paese. Un dramma senza soluzione? Non proprio: le strategie per arginare l’impatto negativo del traffico aereo esistono, ma richiedono interventi radicali, condivisi e capillari.

L’inquinamento aereo peggiora l’aria che respiriamo
Le particelle ultrafini (sono circa mille volte più fini di un capello) diffuse nell’aria dal traffico aereo destano preoccupazione almeno da una quindicina d’anni, cioè da quando l’OMS ha segnalato per la prima volta che si tratta di inquinanti particolarmente problematici e pericolosi. Essendo così piccoli, questi inquinanti volatili possono penetrare in profondità nel corpo umano, e infatti sono stati rilevati nel sangue, nel cervello e anche nella placenta. Eppure, a oggi non esiste ancora una regolamentazione che stabilisca qual è il livello sicuro di queste particelle ultrafini nell’aria.

Secondo lo studio commissionato da Transport & Environment e pubblicato a fine giugno 2024, chi vive nel raggio di cinque chilometri da un aeroporto respira aria che contiene in media da tremila a diecimila particelle ultrafini per centimetro cubico. L’esposizione a questi inquinanti in Europa può essere associata, prosegue la ricerca, a duecentottantamila casi casi di ipertensione arteriosa, trecentotrentamila casi di diabete e diciottomila casi di demenza. La stima è stata elaborata estrapolando i casi già segnalati di queste malattie nei dintorni dell’aeroporto di Amsterdam Schiphol.

Vivere vicino a un aeroporto fa male alla salute
Queste particelle ultrafini fanno parte delle cosiddette emissioni non-CO2 del settore dell’aviazione, ma gli aerei sono responsabili anche della diffusione di altri inquinanti dannosi per la salute umana, oltre che per l’ambiente, come ossidi di azoto e biossido di zolfo. Inoltre, l’esposizione prolungata al particolato fine e ultrafine come PM10 e PM2,5 – di cui di solito parliamo in relazione al trasporto su gomma, ma che viene prodotto appunto anche dal traffico aereo – è già stata correlata all’aumentato rischio di tumore al polmone o anche di sviluppo neuropsicologico inadeguato del feto e del bambino.

Anche l’inquinamento acustico è un fattore puntualmente preso in considerazione dalle ricerche che analizzano il rapporto tra salute umana e traffico aereo. Già una decina di anni fa, ad esempio, uno studio italiano finanziato dal ministero della Salute aveva valutato l’impatto del rumore degli aerei sulla popolazione residente nel raggio di cinque chilometri di distanza da sei aeroporti italiani, tra cui Malpensa. I risultati suggerivano che il ventuno per cento dei casi di ipertensione registrati tra i cittadini fosse attribuibile appunto all’esposizione prolungata al rumore aeroportuale. Sempre la stessa indagine ha concluso che l’esposizione a questo inquinamento acustico fosse responsabile ogni anno anche di oltre diecimila casi di disturbi del sonno.

Le soluzioni
La soluzione al problema dell’inquinamento aereo non può che passare da un ripensamento del settore del trasporti, che dovrebbe cambiare profondamente e rapidamente sia per tutelare la salute dei cittadini, sia per contrastare gli effetti della crisi climatica – alla quale, come è noto, contribuiscono significativamente le emissioni di auto, navi e, appunto, aerei.

Secondo lo studio già citato commissionato da Transport & Environment, usare un carburante di qualità migliore sugli aerei potrebbe ridurre le problematiche emissioni di particelle ultrafini anche del settanta per cento. La quantità degli inquinanti emessa dal trasporto aereo dipende infatti soprattutto dalla composizione del carburante utilizzato. A un costo stimato di meno di cinque centesimi al litro, un processo chiamato idrotrattamento potrebbe pulire il combustibile degli aerei rimuovendo lo zolfo: si tratta di un procedimento che è stato a lungo usato per automobili e navi e che, anche nel caso dell’aviazione, potrebbe restituire un carburante più pulito e, dunque, meno inquinante nel momento in cui viene bruciato. 

Anche orientarsi verso tecnologie più ecologiche, come i carburanti sostenibili per l’aviazione, è una strategia utile a ridurre l’inquinamento causato dai velivoli. L’Unione europea si sta già muovendo per ridurre le emissioni degli aerei, ai quali, nel contesto dell’iniziativa ReFuelEU, verrà chiesto di usare carburanti ecologici e sostenibili in misura crescente: almeno il due per cento a partire dal 2025 fino ad arrivare all’ottantacinque per cento entro il 2050. 

In Danimarca, invece, già nel 2022 si è deciso di eliminare i combustibili fossili per i voli aerei nazionali entro il 2030. La stessa cosa è avvenuta in Svezia. Al di là di queste decisioni isolate, però, solo migliorare a livello internazionale e condiviso gli standard di qualità e sostenibilità obbligatori previsti per i carburanti aerei potrà aiutare in modo più significativo sia l’ambiente sia le persone, specialmente quelle che vivono vicino agli aeroporti.

Un’altra strategia suggerita dallo studio, anche se è difficile immaginare possa essere messa in atto a breve, è quella di ridurre il traffico aereo, che invece sta crescendo esponenzialmente da anni sia per il trasporto merci sia per il turismo low-cost. Secondo il rapporto “European Aviation Environmental – EAE 2019”, infatti, il numero di voli è cresciuto dell’otto per cento tra il 2014 e il 2017 e ci si aspetta che aumenti ancora del quarantadue per cento entro il 2040.

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