Cosa vuoi fare da grande? Il giardiniere dei coralli. Una “professione” nuova, non ufficialmente riconosciuta, ma – considerando l’avanzamento del cambiamento climatico di origine antropica – destinata a crescere esponenzialmente. Secondo un report di Global coral reef monitoring project, tra il 2009 e il 2018 è morto il quattordici per cento dei coralli del mondo; entro la fine del secolo, stima il Wwf, è probabile che il novantanove per cento delle barriere coralline «subisca uno sbiancamento così grave da provocare la morte dei coralli».
Sono dati inquietanti sia per gli ecosistemi marini (e per tutte le piccole comunità locali che vivono di pesca e turismo), sia per gli sforzi globali di mitigazione della crisi climatica, perché le barriere coralline regolano il clima terrestre grazie all’assorbimento e l’immagazzinamento della CO2 dall’atmosfera. Non a caso, vengono spesso chiamate “le foreste del mare”.
L’idea del giardiniere dei coralli è nata nel 2017 a Moorea, un’isola vulcanica della Polinesia Francese, dove – nonostante un evento massivo di sbiancamento del 2019 – la barriera corallina è in buone condizioni rispetto ad altri posti nel mondo. Quest’anno, per rendere l’idea, la Grande barriera corallina – al largo della costa nordorientale dell’Australia – è stata colpita dal più grave episodio di sbiancamento nella storia: il settantatré per cento dei coralli è stato danneggiato.
Tornando ai giardinieri del mare, dietro l’iniziativa c’è un giovane ragazzo di nome Titouan Bernicot, classe 1998, nato e vissuto nel mezzo del Pacifico meridionale. Come tutti i ragazzi dell’isola di Moorea, anche lui è stato svezzato a pane e surf, toccando con mano il fenomeno del bleaching (sbiancamento dei coralli) connesso all’aumento delle temperature e dell’acidificazione delle acque.
La storia di Bernicot ha tutti i connotati per diventare la trama di un film hollywoodiano, perché nasce da un’idea quasi utopica di un sedicenne – selezionare i coralli più resistenti al cambiamento climatico per poi coltivarli in vivai subacquei che ne assicurano la crescita – e culmina con una non profit capace di piantare più di trentamila coralli e attirare l’attenzione di una comunità globale di biologi marini, ingegneri e climatologi. In mezzo c’è una campagna di crowdfunding di enorme successo che ha portato alla creazione di Coral Gardeners, il nome dell’associazione che vanta più di trenta giardinieri marini operativi ogni giorno.
Il sogno di Bernicot è diventato realtà. Oggi, assieme ai collaboratori della sua non profit, coltiva frammenti di coralli all’interno di vivai tecnologicamente avanzati: «Li lasciamo crescere per circa dodici-diciotto mesi, a seconda della specie, monitorandoli ogni tre mesi. Se rimangono sani, vengono restituiti al reef (“incollati” con un calcestruzzo per applicazioni marittime, ndr) su un sito di trapianto, dove continuiamo a controllare la loro salute», spiega l’attivista al Corriere.
Coral Gardeners non vuole “solamente” ripristinare la barriera corallina dell’isola, ma anche sensibilizzare i cittadini sull’impatto del cambiamento climatico sull’ecosistema marino, uscendo dai confini della Polinesia Francese (ci sono già iniziative avviate in Thailandia e alle Fiji). Attraverso progetti educativi sul territorio, la non profit fondata da Titouan Bernincot vuole trasmettere alle comunità locali le competenze adatte per diventare giardinieri dei coralli, nell’ottica di una blue economy che stia in piedi da sola nel lungo periodo. Solo così sarà possibile raggiungere l’ambizioso obiettivo del milione di coralli piantati entro il 2025.
Coral Gardeners, inoltre, permette a chiunque di adottare un corallo, supportando economicamente tutto il ciclo di vita degli organismi che costituiscono le barriere coralline. Sul sito dell’associazione, per esempio, con trenta dollari (poco meno di ventisette euro) è possibile adottare un esemplare di Pocillopora Meandrina, detto anche “corallo cavolfiore”, una specie tipica dell’oceano Pacifico che si trova generalmente a basse profondità.
Titouan Bernicot, nonostante la giovane età, ha saputo circondarsi delle persone giuste, tra cui diversi esponenti della comunità scientifica con cui collabora quotidianamente. Nulla, insomma, è lasciato al caso. Negli anni sono poi arrivate le partnership con aziende contraddistinte da una sensibilità concreta nei confronti della sostenibilità. Tra queste c’è anche K-Way, che nel settembre 2023 ha avviato con Coral Gardeners una collaborazione triennale.
L’ultima iniziativa assieme al brand dell’iconico antipioggia consiste nel lancio di una vera e propria capsule collection, disponibile presso gli store di K-Way e il sito ufficiale. I capi sono stati progettati per rispondere alle esigenze dei giardinieri dei coralli, che operano in un’area tropicale in cui le condizioni meteorologiche – estremizzate dalla crisi climatica – cambiano in un batter d’occhio.
La capsule, che comprende una t-shirt, un gilet, il “Le Vrai” di K-Way, un pantaloncino corto, un marsupio e un portacellulare, è stata realizzata interamente in materiali riciclati e a basso impatto. I colori spaziano dal brown corda al nero, passando per il blue lagoon, riprendendo quindi le tonalità dell’ambiente oceanico in cui operano i giardinieri della non profit di Titouan Bernincot, brand ambassador di K-Way dal 2023.