Non li leggono, perché hanno altro da fare: ma, se li leggessero, i soldati israeliani apprenderebbero dai giornali della stampa umanitaria di aver ucciso deliberatamente tutti quei civili, migliaia di civili, decine di migliaia di civili. Apprenderebbero che da dieci mesi stanno combattendo contro un esercito di malati, di bambini, di donne gravide, gli obiettivi del programma di sterminio che il loro governo di nazisti li ha officiati a perpetrare contro il diritto internazionale, contro le convenzioni umanitarie e nonostante l’indignazione planetaria calpestata dai loro scarponi tra le macerie delle scuole e degli ospedali rasi al suolo.
Hanno altro da fare, quei soldati. Non hanno tempo, né modo, di leggersi nei racconti che li fanno esecutori del genocidio. C’è la vita, a togliere loro il tempo e il modo di vedersi raccontati così. C’è la vita che fronteggia l’altrui brama di morte, coltivata da quelli che offrono paradiso ai martiri fanciulli e vitalizio alle loro famiglie. C’è la realtà. La realtà anche più oscena di quella raccontata, che li vuole esecutori del piano stragista per placare la voglia di sangue e vendetta dell’Entità sionista.
È la realtà più oscena di quell’Rpg che sbuca e spara dalla finestra della cameretta, da dove viene il pianto di un bambino. La realtà più oscena di un piccolo fronte di madri bardate di nero che si sgrana davanti ai soldati, e da cui filtrano le canne di tre Kalashnikov in mano a ragazzini. La realtà più oscena delle esche umane – donne, vecchi, bambini – usate per tranquillizzare il passaggio di quei soldati su un’aia minata. La realtà più oscena delle file di casse piene di granate a far da corridoio nelle corsie dei reparti medici.
Non c’è quest’altra realtà sui giornali che deplorano l’uccisione dei civili condannando la ferocia di chi ne fa strage deliberata. C’è quella del crimine israeliano equiparato a quello degli utilizzatori finali dell’infanzia di Gaza. E anzi nemmeno equiparato, perché da quella medesima stampa – a volte in modo soltanto obliquo, a volte in modo completamente disinibito – la militanza genocidiaria delle belve del 7 ottobre è elevata al rango poetico e legittimo della valentìa resistenziale. C’è un’atrocità supplementare nell’atroce guerra di Gaza: la verità umanitaria che pretende di raccontarla.