Questo è un articolo del nuovo numero di Linkiesta Magazine L’età dell’insurrezione + New York Times Big Ideas in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia. E ordinabile qui.
Quando mi metto alla ricerca dell’anormale e dell’insolito – di cose che nascono solo quando met to la penna sulla carta e disegno mondi bizzarri pieni di fantasmi, mostri, maledizioni e capacità soprannaturali – posso dare libero sfogo alla mia creatività. Le mie storie partono da riflessioni oziose come «Non vorrei proprio che succedesse questo» oppure «Sarebbe così spaventoso se esistesse qualcuno fatto così» e da immagini mezzo-immaginate che provocano disagio. Mi avvicino al terrore dal punto di vista dei sensi, non da una prospettiva accademica (non ho alcuna competenza nel campo della psico – logia o della medicina).
La domanda «Di che cosa abbiamo paura?» potrebbe essere posta non solo agli esseri umani, ma anche alle creature viventi in generale. Anche se ignoro se le creature più primitive provino qualcosa di simile a quello che noi chiamiamo “emozione”, hanno comunque l’istinto di provare paura, e questo istinto è fondamentale per rimanere in vita: è grazie alla paura che una creatura si allontana dal pericolo e riesce a vivere un giorno in più.
Sono certo che i lettori avranno opinioni diverse sul fatto che i miei manga facciano paura oppure no, ma senz’altro il mio obiettivo è quello di disegnare delle cose che suscitino il terrore. La verità, tuttavia, è che io sono un po’ fifone. Avere un lavoro che richiede di spaventare la gente ed essere, allo stesso tempo, un pauroso può sembrare una contraddizione, ma è proprio perché sono un pauroso che disegno storie che fanno paura. Credo che ad accendere il mio interesse sia una sorta di curiosità macabra, che mi spinge a guardare e a sentire cose che fanno paura e a crearne io stesso in prima persona.
Ma perché un fifone dovrebbe essere curioso di sapere che cosa si aggira di notte? Per come la vedo io, questa curiosità deriva dal desiderio di prepararsi mentalmente alle cose terribili che potrebbero succedergli in futuro. È un po’ come studiare freneticamente prima di un esame, come provare ripetutamente un discorso o una presentazione o come fare delle esercitazioni per prepararsi a un eventuale catastrofe naturale. Forse tentiamo inconsciamente di usare il gore dei film splatter per costruirci un’immunità che ci difenda da ciò che non ci è familiare, in modo da poter mantenere il terrore al minimo quando dovessimo incontrare davvero un fantasma o dovessimo fuggire da un pazzo omicida armato di motosega.
Secondo me, il “perché” della paura è questo. Ora vorrei invece considerare il “cosa”. In estrema sintesi, a farci paura sono le cose che portano alla morte del nostro corpo fisico o del nostro “io” sociale. E più queste cose sono indefinite, più le temiamo. Sebbene io non possa parlare con certezza di ogni singola paura, mi sembra che, quando percepiamo qualcosa che allude alla morte, un piccolo seme di ansia germogli nella nostra mente; e quando questo disagio si fa ancora più vicino a noi, ecco che esso si trasforma in terrore e ci sprofonda in uno stato di panico.
Alle persone l’ansia non piace. È la fonte di qualcosa di sgradevole, è il primo barlume del terrore. Per questo ci sottraiamo all’ansia e all’inquietudine, e ci appoggiamo a ciò che ci dà sicurezza. Credo che questa sia la verità essenziale per tutte le creature viventi. L’ansia scatena nelle persone ipersensibili delle fobie di vario tipo: paura dell’altezza, degli spazi chiusi, della sporcizia e dei germi, degli oggetti appuntiti, delle protuberanze e dei fori, delle altre persone, del proprio stesso corpo e così via. La nostra paura potrebbe non essere estrema come una fobia, eppure viviamo comunque torturati, in una qualche misura, dall’angoscia per la morte e molto probabilmente non riusciremo mai a sfuggirle. Questo è il destino dei vivi.
Poiché la morte è un destino a cui non possiamo sfuggire, dobbiamo imparare a convivere al meglio con l’ansia che ci attanaglia. Come possiamo riuscirci? Secondo me, uno dei modi migliori per fare pace con l’ansia è divorare storie dell’orrore e coltivare una resistenza alla paura. Ma, visto che si dà il caso che questa conclusione porti acqua al mio mulino, penso che mi fermerò qui finché sono in tempo.
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