Centinaia di missili e razzi sorvolano dal Libano verso Israele, e i milletrecento militari della missione Unifil dell’Onu, invece di fermare chi li lancia – questa è la loro missione –, si coprono le orecchie e fuggono nei bunker senza far nulla per fermare la guerra. Nulla peraltro hanno fatto negli ultimi diciotto anni, perché la loro missione è fallita: dovevano disarmare Hezbollah, ma grazie all’ignavia dell’Onu, il Partito di Dio si è armato cento volte tanto. Così si consumerà la vendetta iraniana per l’uccisione di Ismail Haniyeh che si scatenerà contro Israele col di più dello scherno, perché passerà sopra la testa dei militari delle Nazioni Unite che avrebbero dovuto impedirla. Un fallimento dell’Onu, l’ennesimo, totale.
Il quadro è chiaro: l’Iran, attraverso Hezbollah, bombarda da anni Israele, provocando vittime e danni. Ora si accinge a un bombardamento ancora più massiccio, non solo dal Libano. L’obiettivo della strategia iraniana non è contingente, è strategico, ed è uno solo, peraltro rivendicato a gran voce, eliminare Israele dalla faccia della terra. Peraltro, non vi è nessun contenzioso territoriale tra Teheran e Gerusalemme, così come tra Beirut e Gerusalemme. In gioco, lo ripetiamo, c’è solo la rivendicata volontà islamica di distruggere Israele.
L’Iran, soprattutto dopo che Barack Obama ha legittimato i disegni aggressivi degli ayatollah nel 2015 firmando l’accordo sul nucleare, per conseguire questo obiettivo ha consegnato a Hezbollah in Libano un immenso arsenale di centocinquantamila razzi e missili, che possono colpire ovunque. E colpiscono: i dodici bambini uccisi nei giorni scorsi da un razzo mentre giocavano a calcio nel villaggio druso di Mandali Shams sono solo le ultime vittime israeliane di questa guerra, che ha già costretto da ottobre 2023 in poi ben centomila abitanti delle regioni nord di Israele a essere sfollati. In proporzione è come se metá della popolazione del Friuli-Venezia Giulia avesse dovuto abbandonare le proprie abitazioni sotto i bombardamenti.
In questo quadro si inserisce la tragica esperienza delle Nazioni Unite. Dal luglio 2006, in applicazione della risoluzione 1701, il contingente militare Unifil, forte di milletrecento-milleottocento uomini, essenzialmente forniti dalle Forze Armate italiane, è installato nel sud del Libano. Il suo fine, come vedremo, è quello di affiancare l’esercito libanese nell’opera di disarmo di Hezbollah. Disarmo che Israele richiese come contropartita per la fine delle sue operazioni militari sul territorio libanese iniziate qualche settimana prima in risposta a continue aggressioni di Hezbollah.
Così recita l’articolo 8 della risoluzione 1701: «Chiede a Israele e al Libano di sostenere un cessate il fuoco e una soluzione di lungo termine fondata sui seguenti principi e elementi: pieno rispetto della Linea Blu per entrambe le parti; l’adozione di misure di sicurezza atte a prevenire la ripresa delle ostilità, che preveda l’istituzione, nella zona compresa tra la Linea Blu e il fiume Litani, di un’area priva di personale armato, di posizioni e armi che non siano quelle dell’esercito libanese e delle forze Unifil come previsto dal paragrafo 11, che operano in questa zona; la piena attuazione di tutti i regolamenti previsti dagli Accordi di Taif e dalle risoluzioni 1559 del 2004, 1680 del 2006, che impongono il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano, in maniera tale che non possano esserci armi o autorità in Libano se non quelle dello Stato libanese, come deciso dall’esecutivo libanese il 27 luglio 2006; l’eliminazione di tutte le forze straniere dal Libano che non abbiano l’autorizzazione dal governo; l’istituzione di un embargo internazionale sulla vendita di armi e materiali al Libano, se non su autorizzazione del suo governo».
Sono passati esattamente diciotto anni da allora, durante i quali l’Onu, l’Unifil e la comunità internazionale hanno verificato via via che la risoluzione 1701 è stata totalmente disattesa, perché Hezbollah, invece di essere disarmata, ha moltiplicato per cento i suoi effettivi e per mille il suo arsenale missilistico, anni durante i quali migliaia sono state le aggressioni di Hezbollah contro Israele, ma nulla è stato fatto dall’Onu o dalla comunità internazionale per proteggere Israele. Un fallimento diplomatico e militare totale che ha coinvolto in pieno l’Italia, che ha sempre fornito il grosso del contingente Unifil e che ne ha spesso assunto il comando e che lo ha finanziato con non meno di centocinquanta milioni di euro l’anno.
Dunque, uno dei più clamorosi disastri combinati dall’Onu che oggi nulla sa fare se non studiare come fare imbarcare al più presto e in fretta e furia questo contingente per salvare i suoi uomini da una imminente guerra. Un disastro che coinvolge in pieno l’Italia che per diciotto anni ha avuto governi di tutti i tipi, di sinistra, di destra e tecnici che non hanno avuto la capacità e la forza di battere i pugni sul tavolo a New York per impedire che continuasse una costosissima operazione Unifil che è servita solo a coprire le azioni aggressive di Hezbollah.