Il filo di AriannaLa teoria del Grande Complotto contro Meloni, e il governo sull’orlo di una crisi di nervi

La presidente del Consiglio sta mostrando fragilità e insicurezza, e teme le conseguenze della svolta politica a sinistra di Matteo Renzi. Ma anche nella maggioranza, o peggio nel suo cerchio magico, sembra che qualcuno stia remando mediaticamente contro di lei

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Giorgia Meloni ce l’ha con mezzo mondo, e forse più. I suoi fanno paragoni assurdi con Silvio Berlusconi, che è stato realmente nel mirino di tanta gente per vent’anni: ma lui ebbe una resistenza psicofisica eccezionale, la presidente del Consiglio dopo solo due anni di governo si mostra fragile. La sua cerchia poi è fatta da gente di burro  catapultata dall’oggi al domani dalle caverne del neofascismo ai palazzi nobiliari del governo. Guardate i Giovanni Donzelli, i Tommaso Foti, le Augusta Montaruli come reagiscono alle critiche. Osservate i ministri sempre sull’orlo di una crisi di nervi, da Guido Crosetto a Francesco Lollobrigida. 

Ma c’è uno che in questa fase Giorgia Meloni odia più di tutti. È Matteo Renzi. Degli altri dell’opposizione non le importa granché, a parte Elly Schlein che comunque vive come un’avversaria leale, e soprattutto battibile. Disprezza Giuseppe Conte, ignora l’estrema sinistra, Carlo Calenda non è mai stato al centro dei suoi pensieri. Con Renzi è diverso. Ne riconosce l’abilità, di cui diffida. Forse pensa che è l’unico politico a tutto tondo come lei, ma questo ne accentua la pericolosità. 

Renzi ritiene che da quando ha scelto di rientrare nel centrosinistra la presidente del Consiglio lo ha messo nel mirino perché le è venuta a mancare quella potenziale seppur limitata calamita di centro che avrebbe potuto sottrarre qualche voto al Partito democratico, quei voti forse determinanti per la destra per vincere sempre. Renzi ha invece deciso improvvisamente di portare il suo “x” per cento al centrosinistra rendendolo teoricamente competitivo. È una spiegazione plausibile. 

Per Meloni questo è stato un colpo basso. Non perché vi fossero stati precedenti accordi di un’intesa cordiale tra Italia viva e Fratelli d’Italia (Renzi stampella del governo, come si leggeva fino a ieri in pensosi articoli di quella sinistra giornalistica che raramente ci azzecca), ma perché il terzopolismo – pensava Giorgia e non senza qualche ragione visto come andarono le elezioni del 2022 – impediva al campo largo di competere seriamente per la vittoria. 

Per di più, Renzi ha accompagnato la sua svolta con un’intensificazione degli attacchi a Meloni fino a mettere in difficoltà Arianna, la «sorella che fa nomine». Di qui l’attacco di Alessandro Sallusti che ha cominciato a suonare il piffero del Grande Complotto, probabilmente concertando l’offensiva vittimistica con Ceglie Messapica, la Camp David di Meloni e dei suoi cari, o più congruamente la Ceppaloni della destra con Matteo Salvini a bordo piscina e umanità varia a prendere il sole.

Non si può infine escludere che nella maggioranza ci sia chi stia remando contro la presidente del Consiglio anche solo contro sua sorella: il ginepraio politico-familiare che si è venuto a creare all’ombra di Giorgia potrebbe aver generato un nido di vipere pronte a morderla. Forse il Grande Complotto sallustiano è un avvertimento a qualcuno della cerchia meloniana. Possibile che si scioglierà con le prossime ondate di calore restando nella mediocre propaganda di un’estate ancora più mediocre. O forse sarà stato il primo squillo di tromba che annuncia tempi torbidi. 

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