Cosa accade quando un prete noto per la sua dedizione ai poveri e agli esclusi, che ha trascorso oltre cinquant’anni aiutando i senzatetto e gli emarginati, che per sedici anni è stato votato «personalità preferita dai francesi» e che è diventato un’icona emblematica di religiosità e sacrificio viene accusato da ventiquattro donne di abusi sessuali dopo la sua morte? L’abbé Pierre, il sacerdote esemplare scomparso nel 2007, all’età di novantaquattro anni, si trova ora al centro di due inchieste che includono testimonianze, dettagli concreti e dichiarazioni di numerose donne.
Gli indennizzi, le scuse e il cambio di nome della nota Fondation Abbé Pierre, fondata dallo stesso sacerdote, riusciranno a risarcire i dolori, la vergogna e il silenzio accumulati in più di cinquant’anni? L’abbé Pierre, il cui vero nome è Henri Grouès, nato nel 1912 e scomparso nel 2007, ha dedicato tutta la sua vita ad aiutare i poveri, con la missione di garantire a tutti una casa. Nei suoi racconti, descrive come a sedici anni, nel 1928, abbia avuto un «colpo di fulmine per Dio» durante un pellegrinaggio a Roma, e di come poco dopo sia entrato nell’ordine dei francescani. Ordine che però ha lasciato l’ordine l’anno successivo a causa di problemi di salute. In seguito, ha ricoperto i ruoli di cappellano e viceparroco e, nel 1942, è entrato nell’esercito. Durante gli anni della guerra, ha aiutato alcuni ebrei e numerosi perseguitati politici a fuggire dalla Polonia verso la Svizzera. Ed è in questo periodo che ha adottato lo pseudonimo di abbé Pierre.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, Henri Grouès decide di entrare in politica e, eletto deputato, propone una legge per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, ossia il diritto di rifiutare di obbedire a una legge che contrasta con principi e convinzioni personali. Successivamente, abbandona la carriera politica e dedica il resto della sua vita a dare voce ai poveri, ad aiutarli e a utilizzare varie forme di lotta non violenta per attirare l’attenzione sulle cause che intende difendere.
Nello stesso periodo, l’abbé Pierre fonda Emmaus, inizialmente come una comunità di accoglienza e ritrovo giovanile in una grande casa abbandonata nei pressi di Parigi. Successivamente, Emmaus si trasforma in un’associazione caritatevole dedicata ad accogliere poveri, senzatetto, sfrattati e bisognosi. La notorietà di Emmaus cresce in Francia anche grazie a un appello radiofonico lanciato dallo stesso prete, in cui chiede coperte, tende e cibo per la comunità. Dal 1954, l’abbé Pierre diventa una celebrità, un «Robin Hood» religioso, conosciuto non solo in Francia, ma anche a livello internazionale.
Nel corso della sua vita, il sacerdote viaggia, organizza raccolte fondi, incontra politici e rappresentanti di tutto il mondo, e porta la sua comunità all’estero, trasformandola in Emmaus International. Nel 1987, Henri Grouès e i suoi collaboratori fondano la Fondation Abbé-Pierre con l’obiettivo di garantire a tutti un alloggio decente e una vita dignitosa, e di combattere contro ogni forma di esclusione. L’organizzazione, molto conosciuta in Francia, si finanzia principalmente attraverso le donazioni dei cittadini.
Il 22 gennaio 2007, l’abbé Pierre muore a novantaquattro anni a causa di un’infezione polmonare. Nel corso degli anni, diventa un’icona di reverenza nazionale e sacrificio, e dal 1988 viene eletto «personalità preferita dai Francesi» per ben diciassette anni consecutivi. Le sue azioni sociali, le frequenti apparizioni in televisione e nei media, e persino un film dedicatogli dal regista Frédéric Tellier lo consacrano come una figura centrale nella bontà sociale per molti anni.
Fino al 17 luglio scorso, quando Emmaus International pubblica un rapporto contenente sette testimonianze di aggressioni e abusi sessuali commessi dall’abbé Pierre tra gli anni Cinquanta e il 2005. L’inchiesta, condotta dall’ufficio di esperti Egaé, specializzato in uguaglianza di genere, lotta alla discriminazione e prevenzione delle violenze sessiste e sessuali, è stata richiesta da Véronique Margron, presidente della Conferenza dei religiosi e religiose di Francia, dopo aver raccolto diverse testimonianze nei mesi precedenti.
«Atti sessuali di penetrazione», «un contatto sessuale con una bambina», una donna «forzata a guardare l’abbé Pierre masturbarsi e performare atti sessuali in un appartamento di Parigi». E ancora un’altra donna, che a metà degli anni Settanta, all’epoca dei fatti aveva nove anni, era stata costretta a baciare il prete e a farsi toccare il seno. Ci sono altre testimonianze, alcune anonime, altre troppo crude per scriverne i dettagli.
Sia la Fondation Abbé Pierre, sia Emmaus France e Internazionale hanno espresso profondo rammarico per le testimonianze e la gravità dei fatti emersi, sottolineando che l’intera situazione ha sconvolto tutti e tre gli enti. Il 7 settembre 2024, il cabinet Egaé ha pubblicato altre diciassette testimonianze di abusi sessuali perpetrati dal prete, in un rapporto richiesto dalla Fondation Abbé Pierre. Anche in questo caso, le vittime, al momento dei fatti, avevano tra gli otto e i quindici anni. «L’abbé Pierre era un’entità, un’aura. Nessuno mi avrebbe creduto», racconta Pascale durante la trasmissione “A l’air libre”, ricordando il suo primo incontro con il prete all’inizio degli anni Novanta. Lo stesso vale per le decine di testimonianze, molte delle quali rimangono anonime, per la paura di non essere creduti o di veder sminuito il proprio racconto.
Il problema non riguarda solo il fatto che un’icona di reverenza nazionale, simbolo di sacrificio per il cristianesimo e per il lavoro umanitario, sia diventata un mostro nel giro di due mesi. La questione più grave è che sembra che la Chiesa (non solo quella francese, ma anche il Vaticano a Roma), fosse a conoscenza della situazione già da molto tempo. Alcuni documenti d’archivio rivelano che diversi preti e figure di spicco erano a conoscenza del comportamento anomalo del sacerdote già dagli anni Cinquanta.
Durante una conferenza stampa al ritorno da un viaggio a Singapore, Papa Francesco ha dichiarato a Le Monde che i comportamenti del sacerdote erano noti fin dalla sua morte nel 2007. Inoltre, è emerso che diversi abusi sessuali sono avvenuti durante i viaggi dell’abbé in Svizzera, Marocco e Stati Uniti.
Ma è stato fatto ben poco per rimettere il prete al suo posto: qualche spostamento di diocesi e un anno di ritiro per convalescenza psichiatrica in Svizzera, tra il 1957 e il 1958. Questo anche perché l’abbé aveva già costruito una solida reputazione grazie ai suoi trascorsi di guerra, alla sua elezione a deputato e al suo impegno nell’aiutare ai senzatetto. Il clero non voleva rischiare di perdere l’immagine positiva che il sacerdote conferiva all’istituzione ecclesiastica. Ora, la Conferenza episcopale francese ha annunciato che esaminerà gli archivi e i rapporti, rivedendo tutte le accuse contro l’abbé Pierre, senza attendere i consueti 30 anni dalla morte di una persona.
Emmaus International, che opera attraverso quattrocentoventicinque filiali in quarantuno paesi del mondo, sta prendendo le distanze dal suo fondatore e voterà nella prossima assemblea generale di dicembre per rimuovere il suo nome dal logo. La Fondation Abbé Pierre, dal canto suo, ha già cambiato nome, come confermato dal suo direttore generale all’inizio di settembre.
Anche numerosi comuni, come Nantes e Alfortville, stanno valutando se sia opportuno rimuovere il nome Abbé Pierre da vie, piazze e altri luoghi pubblici a lui dedicati. Ma non è eliminando un nome che si cancellano le decine di abusi subiti dalle ventiquattro donne coinvolte. Al momeno, l’attenzione mediatica e sociale è focalizzata sul risarcimento morale ed economico delle vittime di un personaggio che ha avuto un impatto tanto positivo quanto negativo. Finora, la crisi è stata gestita abbastanza bene, ma bisogna mantenere questo slancio per affrontare adeguatamente la situazione.