Un’altra volta Joe Biden è riuscito nel doppio compito di non stare al livello degli ammutoliti del mondo libero e di non recitare la parte del nonno in kefiah che una buona porzione del suo milieu assai volentieri gli affibbierebbe. Lo ha fatto dicendo la cosa semplice che i suoi colleghi europei non hanno detto, la cosa che non hanno detto il malvissuto delle Nazioni Unite né il losco figuro degli affari Esteri dell’Unione Europea, la cosa che non avrebbe detto Kamala Harris se fosse stata al suo posto: ha detto, Joe Biden, che «i leader di Hamas pagheranno per i loro crimini».
Non è bastato il colpo alla nuca dei sei ostaggi recuperati l’altro giorno per far dire a qualcun altro quella cosa semplice, perché ormai non si tratta d’altro che di far mettere d’accordo due parti equiparate, quando va bene, e più spesso due parti di cui una è gravata di una responsabilità doppia: cioè a dire il programma genocidiario in cui Israele persevera in spregio alla circostante disponibilità alla pace, nonché il supplemento di colpa consistente nella noncuranza per la sorte degli ostaggi.
Quelli che, per la stampa maggioritaria, Israele trova «morti» (non assassinati, morti) mentre procede nelle operazioni di sterminio dei civili palestinesi, non senza il puntuale refluo di fogna social – appena possibile riscodellato da quella medesima stampa – secondo cui a ucciderli sarebbe il fuoco israeliano che non se ne preoccupa o addirittura deliberatamente tira a sopprimerli.
L’invocazione della liberazione degli ostaggi è la tiritera stereotipata cui il giudizioso democratico medio non si sottrae – quando proprio non può sottrarvisi – nei quasi undici mesi ormai trascorsi dal Sabato Nero: ma mai in tutti questi mesi a quell’attenzione prestata obtorto collo si è accompagnata una dichiarazione di impegno a far pagare come si deve – e come altrimenti non si può – i responsabili di quel crimine.
Questi altri sei, come tutti quelli via via ritrovati e ricordati quando se ne è scoperto l’assassinio, non quando languivano nei tunnel dei macellai, sono le vittime inevitabili del mazzo di colpe originarie, prima del 7 ottobre, durante il 7 ottobre e dopo il 7 ottobre.
Quali colpe? Che Israele fa apartheid da settantacinque anni, impedendo ai palestinesi di vivere in libertà e in prosperità come in Siria, in Egitto e in Giordania; che occupa i Territori, per capriccio colonialista e per impedire ai palestinesi di esercitarsi nell’edilizia democratica dei tunnel; che ha fatto di Gaza una prigione a cielo aperto, non finanziando abbastanza le scuole dell’Unrwa in cui i bambini palestinesi sono democraticamente indirizzati alla bellezza del martirio; che ha sbagliato a lasciare indifeso il Sud e che ha sbagliato quando ha preso a difenderlo sparando a casaccio, anzi sparando di proposito sui suoi, per poter aprire le danze genocidiarie; e poi per la carestia, che non c’è mai stata ma secondo me Israele voleva che ci fosse; poi per il blocco degli aiuti, che non c’è mai stato ma secondo me Israele voleva che ci fosse; poi per Ben-Gvir che sale sul Monte del Tempio, che dimmi tu se non è comprensibile che poi Hamas uccide gli ostaggi, anzi, no, che poi magari qualche ostaggio è trovato morto.
Può dirne quel che vuole, Joe Biden, ma non viene dal nulla il piombo che, dopo undici mesi di inevitabile prigionia, ha imponderabilmente interrotto la vita di questi altri sei.