“Il diario delle cose semplici” è l’esordio alla narrativa dell’autore e produttore musicale Enrico Loprevite. Edito in maggio per i tipi romani Harpo, il libro, agile ma denso nel contenuto, racconta in poco più di centoventi pagine le impressioni e gli stati d’animo, che un attanagliante disturbo d’ansia suscita sin dall’infanzia nel giovane scrittore. A questo disturbo, manifestatosi negli anni nelle diverse forme della balbuzie, dell’ipocondria, del panico, Enrico reagisce nello stesso momento in cui avverte di aver toccato il fondo dell’angoscia.
Quando ciò avviene, è la notte del 18 agosto 2022. Solo e immobilizzato in casa per oltre un giorno, egli trova la forza per risalire la china mettendosi alla guida della sua Peugeot 207. Destinazione la località abruzzese di Silvi Marina, dove l’attende la compagna Bianca. Grazie a quel viaggio in auto, Enrico si avventura nella scoperta del senso della vita, cui perviene, non senza fatica, ricongiungendosi alla più intima essenza delle «cose semplici». E leggendone il succinto elenco, tracciato dall’autore e diffusamente illustrato nel libro (si va dall’incanto per la meraviglia della natura allo stupore per la bellezza dell’innamoramento, dal legame coi propri genitori alle amicizie, dalla potenza elevante della musica fino al significato della quotidianità), la mente non può che riandare alla lezione francescana così come veicolata dalla celebre “Canzone di San Damiano” in “Fratello sole, sorella luna” di Zeffirelli: «Nella vita semplice troverai la strada che la calma donerà al tuo cuore puro. E le gioie semplici sono le più belle, sono quelle che alla fine sono le più grandi».
Ma l’opera prima di Enrico Loprevite è anche un diario terapeutico di quel male del secolo che è l’ansia. «L’attacco di panico del 18 agosto 2022 – così l’autore nelle pagine introduttive – mi ha imposto di arrestarmi per indagare l’immensa voragine estesa sotto il filo sottile, scaraventandomi in fondo all’abisso. E proprio grazie al buio ho trovato la cura. […] Ho scritto questo breve diario, parla di un viaggio tra paure inespresse e segreti celati da un’esistenza fortunata e del tutto normale. Si chiama il diario delle cose semplici: la mia terapia, il mio atto di ribellione».
A mezza via tra il genere diaristico e confessionale “Il diario delle cose semplici” offre a sorpresa uno spaccato tanto intimo quanto inedito della vita della mamma di Enrico e del loro rispettivo rapporto. Una donna dal nome di Livia Turco, già dirigente del Pci, ministra della Salute nel governo Prodi II e sette volte parlamentare della Repubblica, viene infatti disvelata sotto una luce ben diversa da quella cui siamo abituati nel valutare personalità del mondo politico o comunque di potere. Ed è la madre, l’amica, la confidente che nelle pagine del capitolo “Ricominciare” giganteggia con la sua squisita sensibilità, la sua gentilezza mai affettata, la sua inusitata umiltà. Se ne ha una riprova quando, descrivendole la personale sensazione d’ansia durante l’incontro pomeridiano del 3 settembre 2022 a Villa Pamphili, Enrico si sente rispondere: «Siamo molto simili. Anch’io ho questo ordigno nel petto».
E poi una confessione di quelle che non t’aspetti, di quelle che sono catartiche e liberatorie in chi le rende e in chi le ascolta, di quelle che riavvicinano madri e figli: «Fin da bambina – racconta Livia Turco nel diario di Enrico – ho convissuto con la paura di essere inadeguata. Ero bruttina, molto timida, venivo dalla provincia. Volevo far parte del mondo, migliorarlo, confrontandomi e scontrandomi con gli uomini che lo governano. Il primo di questi fu il mio amato papà. Terminate le scuole mi chiese di andare a lavorare. […] Vinsi una borsa di studio e continuai le scuole senza che il nonno sganciasse una lira. Da quel giorno, decisi che dovevo combattere per la giustizia sociale, per la libertà. Così è stato, anche se il senso di inadeguatezza mi ha perseguitato. Dentro di me rimarrò la bambina di campagna, bruttina e secchiona». Un’inadeguatezza, da cui, sin da subito, la futura ministra della Salute s’impone di non lasciarsi «sopraffare. È un allenamento mentale costante e faticoso, la passione può renderlo un po’ più facile».
Queste parole, che hanno segnato una svolta positiva nella vita di Enrico, riguardano in un certo senso ciascuno di noi e possono essere di sprone nei momenti di difficoltà di smarrimento, di ansia, che tutti, indistintamente, sperimentiamo nella vita. Ancor più potranno esserlo «all’attuale generazione di “nuovi adulti precari”» e a «tutti i trentenni inquieti», cui il libro è espressamente dedicato. Quasi una sorta di manifesto generazionale, “Il diario delle cose semplici” invita in ultima analisi chi legge a compiere, come l’autore, il proprio viaggio intimo, a mettersi a nudo, a non nascondersi di fronte alle paure esistenziali. Soltanto rientrando in sé stessi e analizzandosi attraverso l’introspezione, si potrà progredire e migliorare. È quanto già diceva magistralmente Agostino nel IV secolo. È quanto dice con stile semplice e coinvolgente Enrico Loprevite. Perché davvero «in interiore homine habitat veritas».