Non dimenticarePerché bisogna riconoscere al più presto la vittoria di Edmundo Gonzalez in Venezuela

Secondo l’ex premier francese Manuel Valls, una parte della sinistra europea ipnotizzata dal populismo di Chávez è indulgente nei confronti del regime di Maduro. La comunità internazionale deve agire con urgenza per sostenere la transizione democratica e riconoscere la sconfitta del dittatore venezuelano

LaPresse

Qual è il Paese il cui presidente ha appena annunciato che il Natale sarà celebrato il primo ottobre? Qual è il Paese che ha un ministro con una reputazione ambigua, che è a capo della sicurezza, della giustizia e… della pace? Quale Paese ha degli indicatori drammatici per quanto riguarda lo sviluppo umano, l’economia e la povertà, nonostante possieda le più grandi riserve di petrolio del mondo? In quale Paese l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha stimato che circa 7,7-8 milioni di persone – su una popolazione totale di 28,4 milioni – siano fuggite come rifugiati, esiliati o migranti verso altri Paesi, la maggior parte dei quali — sei milioni e mezzo — in Paesi dell’America Latina e dei Caraibi? Il governo uscente di quale Paese si rifiuta di riconoscere la massiccia vittoria (sessantasette per cento) del candidato dell’opposizione alle elezioni presidenziali del 28 luglio? Questo Paese si chiama Venezuela. 

La nazione fondata da Simon Bolivar sta subendo la deriva autoritaria di Nicolás Maduro, successore di Hugo Chavez: non esiste più uno stato di diritto e i diritti umani sono costantemente violati. Da diversi anni la Repubblica Bolivariana segue il percorso cubano, una dittatura basata su uno Stato di polizia. Sono i cubani che hanno fornito a Caracas la tecnologia e gli strumenti di repressione: metodi di intelligence, una guardia pretoriana intorno al Presidente, un addestramento personale per Nicolás Maduro, etc.

Ma il Venezuela può contare anche sulla Russia, sulla Cina e sull’Iran. Non sorprende che questi Stati, che non appoggiano i valori occidentali, la libertà e la democrazia, sostengano il terribile regime della coppia Ortega-Murillo in Nicaragua. Ciò che sta accadendo in Venezuela è quindi essenziale nell’equilibrio di potere tra democrazie e regimi autoritari.

Sorpresi dai risultati delle elezioni, soprattutto nei quartieri popolari che fino a quel momento erano rimasti fedeli al chavismo, i gerarchi del regime hanno deciso di sospendere il conteggio dei voti e di agire con brutalità. I leader dell’opposizione Edmundo González e María Corina Machado sono stati costretti a nascondersi e i loro sostenitori sono stati arrestati e aggrediti. Ci sono stati già centinaia di morti e di feriti.  González, accusato in modo grottesco dal procuratore generale del Venezuela di «usurpazione, falsificazione, istigazione e sabotaggio», si è appena rifugiato in Spagna. 

Oggi sono arrabbiato perché il regime di Maduro è ancora in vigore. Ma sono ammirato dalla resistenza di questo popolo nonostante le minacce, le manipolazioni e le invettive di Maduro. Si è espresso con grande chiarezza eleggendo Edmundo González, un diplomatico esperto e rispettato, grazie alla straordinaria leadership di María Corina Machado, proibita dal regime, ma che ha saputo mobilitare i venezuelani con il suo carisma e il suo coraggio.

Non sopporto che una parte della sinistra europea – da La France Insoumise agli spagnoli di Podemos – ipnotizzata dal populismo di Chávez, sia indulgente nei confronti del regime di Maduro e della dittatura castrista. Sono gli stessi che sono ambigui con Putin o che propagano l’odio verso gli ebrei e Israele nel mondo. La messa in discussione dei diritti fondamentali, la confusione dei poteri, la negazione della democrazia, l’arresto degli oppositori meritano una condanna totale e una mobilitazione da parte nostra.

La Francia ha sempre avuto un rapporto privilegiato con l’America Latina. Ha accolto migliaia di esuli che fuggivano dalle dittature di Pinochet, Videla o Castro. Deve quindi essere scritto su tutti i registri del mondo che i governi che si sono mostrati troppo compiacenti con Maduro, come quelli del Brasile o della Colombia, abbiano ormai posizioni in relazione con i valori democratici che essi pretendono di difendere: rifiuto assoluto della repressione e rispetto totale del voto dei venezuelani. Soprattutto perché le grandi istituzioni internazionali come il Centro Carter o la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) si sono pronunciate chiaramente. Diversi ex capi di Stato e di governo latinoamericani – tra cui Andrés Pastrana o Mauricio Macri – e spagnoli – Felipe González e José Mariá Aznar- hanno presentato ricorso alla Corte penale internazionale (Cpi) per denunciare «il terrorismo di Stato», «le violazioni diffuse e sistematiche dei diritti l’uomo» compresi i «crimini contro l’umanità» del regime venezuelano.

Francia, Spagna, Stati Uniti, Messico, Brasile o Colombia devono agire con forza per imporre una transizione senza intoppi entro gennaio 2025. Ma non ci può essere alcuna indulgenza nei confronti di una dittatura corrotta che si basa sul narcotraffico.Mi rallegro delle posizioni molto chiare del presidente Cileno, Gabriel Boric, che viene dalla sinistra radicale, e di diversi paesi latinoamericani. La dichiarazione di Santo Domingo sostenuta dall’Unione Europea e quella dell’Organizzazione degli Stati Americani (Oea) sono a mio avviso essenziali e indicano la strada da seguire. 

Mi aspetto che la Francia usi la sua influenza per far rispettare le quattro richieste avanzate da María Corina Machado: il rispetto della volontà e del voto popolare; l’instaurazione di un dialogo nazionale per una transizione negoziata; garanzie e salvacondotti per i leader del  regime; la conferma dei negoziati da parte dei rappresentanti legittimi del popolo venezuelano.

È fondamentale che la comunità internazionale e l’Unione europea siano intransigenti nel riconoscere il nuovo presidente Edmundo González e nell’adottare le massime sanzioni nei confronti di un regime che si rifiuta di convalidare i risultati delle elezioni. Agiamo in fretta e con forza. Il tempo stringe. Non possiamo dimenticare il Venezuela.

Questo articolo è uscito anche su Le Figaro

Manuel Valls interverrà domenica 6 ottobre 2024 alle ore 10 alla conferenza “7 ottobre attacco all’occidente” che si terrà a Roma (Sala Umberto, Via della Mercede 50)

 

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