Non faccio finta di aver letto senza pregiudizio l’articolo di Francesco Cundari qui pubblicato il 24 settembre. L’ho letto con pregiudizio perché non per la prima volta Cundari infila Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu in uno stesso quadro di considerazioni, naturalmente avendo cura di spiegare che accomunare le due figure non significa accomunarle. Ma non voglio indugiare su questa operazione, né sul significativo risultato – diciamo così comunicazionale – che essa si presta ad apparecchiare.
Vorrei invece capire – ma, per quanto mi ci sforzi, non riesco a capirlo – dove sarebbe e da chi sarebbe rappresentato il fronte che, a giudizio di Cundari, «si ostina a vedere in Netanyahu il difensore della liberaldemocrazia occidentale». Cundari un’indicazione la dà, ma si vede bene che significa troppo: si tratta, scrive, dei «conservatori e liberali di varia estrazione». Categoria tanto onnicomprensiva quanto sfuggente. Categoria – ne sono certo – che Cundari non intende riferire al milieu nazional-meloniano né ai ranghi del leghismo putiniano. Il residuo disponibile, semmai esistesse, sarebbe troppo irrilevante per giustificare le considerazioni di Cundari.
E dunque? Dunque il disegno di quel fronte, cioè della milizia liberal-conservatrice ostinata a fare da guarnigione al guerrafondaio di Gerusalemme, il massacratore con la kippah spacciato per il condottiero che difende il mondo libero divaricando le due dita in segno di vittoria, semplicemente rappresenta una realtà che non c’è. C’è – questo sì – chi capisce che la guerra di Gaza non è la guerra di Bibi, e che la «la spietata ostinazione di Netanyahu nel tentare di restare a ogni costo al potere» (così, ancora, scrive Cundari) non basta a fare di quella guerra la sua guerra. Ma non bisogna essere conservatori o liberali di qualsiasi estrazione, per capirlo. Bisogna conoscere la storia israeliana e bisogna considerare i fatti della guerra – che è la guerra contro Israele e contro il popolo di Israele – senza trasfigurarli nel quadro infedele del Paese condotto dall’oltranzista a perpetrare gli «spaventosi massacri di Gaza e del Libano». Benjamin Netanyahu doppiamente non c’entra nulla con quella guerra. Nulla. Doppiamente. Perché è la guerra contro Israele e contro il popolo di Israele, non contro il regime di Bibi. Ed è una guerra cui resistono Israele e il popolo di Israele, non le brame di sopravvivenza di un primo ministro aggrappato al proprio potere.
«Quello che mi colpisce» – annota Cundari chiudendo il suo articolo – «è l’analoga cecità, dissonanza cognitiva, trovate voi l’espressione più giusta, che sembra caratterizzare i loro (cioè di Putin e di Bibi, ndr) sostenitori europei, e italiani in particolare». Tralascio – un’altra volta – l’accoppiamento dei due nel ragionamento rivolto a chiarire che i due, e i contesti in cui operano, non sono comparabili. E domando: ma in Europa e in Italia quegli accecati sostenitori quali sarebbero? La Francia di Emmanuel Macron che, in una ineffabile dichiarazione du côté de chez Hamas, subordina il rilascio degli ostaggi al cessate il fuoco? La deliberazione governativa spagnola sventolata dalla vice premier al suono di “Palestina libera dal fiume al mare”? Il Regno Unito di Keir Starmer e David Lammy che foraggia l’Unrwa mentre si scopre che l’agenzia dell’Onu ripuliva un miliardo di dollari per Hamas, e che taglia le licenze sulle forniture di armi a Israele? La Germania che, più o meno sottobanco, fa lo stesso? L’Irlanda che sottoscrive senza if e senza but il ricorso sudafricano che accusa Bibi e Gallant di aver programmato e messo in atto il genocidio del popolo palestinese? La Norvegia che si frega le mani per la richiesta di arresto dei leader israeliani e annuncia che avrà l’onore di ammanettarli se la Corte emetterà l’ordine? E in Italia, quali sarebbero – diciamo così, non a sinistra – gli sfegatati sostenitori di Bibi? Il ministro di Cuneo secondo cui Israele «sparge odio»? Il liberalsocialista del tredicesimo polo secondo cui «Netanyahu va fermato»? Il plenipotenziario degli Esteri secondo cui Israele «uccide troppi palestinesi»?
La realtà è che questo fondamentalismo conservatore e variamente liberale a sostegno di Netanyahu non c’è, e possiamo compiacercene. C’è poco sostegno alla guerra cui è costretto il popolo in armi di Israele, e dovremmo dolercene.