Transizione comuneLa decarbonizzazione del settore industriale ha bisogno dell’impegno di tutti

Per conseguire gli obiettivi di emissioni nette a zero c’è bisogno di un aumento degli investimenti in tecnologie low carbon lungo la catena del valore e dell’intervento rapido di ogni stakeholder, dai governi agli istituti finanziari

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Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul numero 61 di We – World Energy, il magazine di Eni

La decarbonizzazione del settore industriale è una pietra miliare per conseguire gli obiettivi di emissioni nette a zero. Nel 2022 l’industria manifatturiera mondiale ha registrato circa sedici gigatonnellate di emissioni di anidride carbonica, il gas serra che è il principale determinante del riscaldamento globale e del cambiamento climatico; tale quantitativo costituisce circa il quaranta per cento delle emissioni totali di anidride carbonica legate all’energia. Allineare la transizione dell’industria a percorsi verso lo zero netto è essenziale per conseguire gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e del Consensus degli Emirati Arabi Uniti raggiunto nel dicembre del 2023 alla 28th Un Climate Change Conference of Parties (ventottesima Conferenza delle parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, Cop28). Tale allineamento richiede che tutti gli stakeholder (governi, operatori industriali e istituti finanziari) agiscano con rapidità e con decisione.

Nel 2023 la produzione mondiale di materiali chiave ha registrato 1,9 gigatonnellate di acciaio grezzo, 4,1 gigatonnellate di cemento, circa quattrocento milioni di tonnellate di plastica e oltre centottanta milioni di tonnellate di ammoniaca, la principale materia prima per i fertilizzanti. 

Le emissioni di questi settori costituiscono la maggior parte delle emissioni industriali totali e mitigarle è fondamentale per la transizione allo zero netto. Inoltre, energie rinnovabili ed elettrificazione rappresentano solo soluzioni parziali per questi settori produttivi, che necessitano di tecnologie di decarbonizzazione profonda come l’idrogeno pulito e la cattura del carbonio.

Triplicare gli investimenti in tecnologie low carbon
Una recente analisi dell’Ocse (Organization for Economic Cooperation and Development) sottolinea la necessità di un consistente aumento degli investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio lungo tutta la catena del valore industriale. Secondo l’International Energy Agency (Iea), tra il 2016 e il 2020 la media annua mondiale degli investimenti di capitale legati all’energia per la decarbonizzazione dell’industria è stata di centocinquantotto miliardi di dollari statunitensi. Questi investimenti dovranno raddoppiare entro il 2030 e triplicare entro il 2050, fino a raggiungere circa cinquecento miliardi di dollari l’anno, che è poco più del dice per cento del totale degli investimenti totali necessari per portare l’intero sistema energetico su un percorso verso lo zero netto: significa che affinché il settore industriale possa raggiungere lo zero netto entro il 2050 servono dieci-quindicimila miliardi di dollari di investimenti cumulativi in tecnologie energetiche.

È inoltre necessario quintuplicare entro il 2030 gli investimenti negli asset produttivi (già in essere o nuovi) di prodotti chimici, cemento e metalli di base. Procedere agli investimenti infrastrutturali necessari e colmare il divario dei finanziamenti è essenziale anche per assicurare competitività ai mercati emergenti e alle economie in via di sviluppo (Emerging Markets and Developing Economies, Emde) e per una loro miglior integrazione nelle catene di valore e di approvvigionamento industriali.

La sfida è duplice: gli investimenti devono essere meglio dimensionati e più mirati. Nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo la produzione di materiali ad alta intensità di emissioni quali acciaio e cemento è in aumento, perché la produzione industriale fa da motore alla crescita economica. Inoltre, alcuni dei paesi emergenti e in via di sviluppo potrebbero trarre vantaggio dalle ingenti risorse rinnovabili di cui dispongono, per costruire capacità produttiva aggiuntiva e diventare importanti esportatori di beni di scambio internazionale come acciaio e prodotti chimici. Al di là delle considerazioni nazionali, anche la dimensione internazionale è un fattore trainante della decarbonizzazione, e infatti emergono criteri basati sulle emissioni legate al commercio.
Che cosa deve fare l’industria?
Gli attori industriali sono la chiave per realizzare la transizione del settore. Devono elaborare piani di transizione credibili che indichino come le singole organizzazioni possano trasformare i propri asset, la propria operatività e il proprio business model per allinearsi ai percorsi verso lo zero netto. Servono business model solidi che dimostrino che le opzioni a basso contenuto di carbonio producono un sufficiente ritorno sugli investimenti e anche in termini di competitività e che consentano di prendere decisioni di investimento.

Per assicurare che i nuovi progetti non vengano messi in standby, probabilmente serviranno nuovi metodi di governance e di partnership, come i partenariati tra pubblico e privato nei cluster industriali. Sono molti e diversi i rischi lungo il ciclo di vita di un progetto. Nelle prime fasi di un progetto, i rischi principali sono quelli politici e di mercato, che possono ostacolare le decisioni finali di investimento, soprattutto nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo.Inoltre, gli attori dell’industria si preoccupano anche di anticipare e mitigare i rischi che potrebbero manifestarsi durante la fase di costruzione e la fase operativa, come i rischi di esecuzione, tecnologici e operativi.

Che cosa devono fare i governi?
Per assicurare all’industria manifatturiera una crescita sostenibile, competitiva e resiliente, servono politiche attentamente progettate ed elaborate che guidino le decisioni di nuovi investimenti. La maggioranza delle tecnologie necessarie per decarbonizzare l’industria dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo, come l’idrogeno pulito e la cattura del carbonio, sono ancora in fase dimostrativa o nelle prime fasi di commercializzazione, e sono pertanto ad alta intensità di capitale. 

Le molte le sfide, come gli alti costi iniziali e l’elevato costo del capitale nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo, possono scoraggiare gli attori industriali e gli istituti finanziari dall’investire in progetti a basse emissioni di carbonio. La condivisione dei rischi tra governi, istituti finanziari e attori industriali faciliterà le decisioni finali di investimento e contribuirà al decollo dei progetti a basse emissioni di carbonio.

I governi devono adottare un duplice approccio che migliori le condizioni abilitanti per gli investimenti e mobilizzi anche efficacemente risorse finanziarie da tutte le fonti disponibili: internazionali, nazionali, pubbliche e private. Per il successo di questo duplice approccio è essenziale procedere alle diverse azioni nella giusta sequenza. 

Innanzitutto, bisogna migliorare le condizioni abilitanti per gli investimenti in modo da ridurre il rischio d’investimento e aumentare la fiducia dei fornitori di capitale. I decisori politici devono elaborare una vision e una roadmap chiare per la decarbonizzazione del settore industriale, in particolare integrando obiettivi e percorsi settoriali nei contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contribution, Ndc). Un altro esempio è l’uso di tassonomie di finanza sostenibile che assicurano l’allineamento del progetto con gli obiettivi di sostenibilità del paese e che gli investitori possono utilizzare per dimostrare che i loro investimenti stanno dando un contributo positivo alla decarbonizzazione.

Come passo successivo, si può migliorare la bancabilità dei progetti e raccogliere finanziamenti privati attraverso strumenti finanziari e di de-risking quali sovvenzioni, sussidi, incentivi fiscali e metodi di finanza mista. I finanziamenti pubblici sono scarsi e i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo hanno anche altre priorità, concomitanti alla decarbonizzazione, che necessitano con urgenza di sostegno pubblico. I finanziamenti pubblici possono dunque rappresentare una soluzione solo quando utilizzati in modo strategico; queste soluzioni devono essere commisurate alla specificità dei rischi e devono contribuire a stimolare il settore privato.

Condizioni abilitanti migliori possono aiutare a superare molte barriere, ma bisogna ancora affrontare le sfide finanziarie. Gli attori pubblici che finanziano la decarbonizzazione dell’industria sono governi, comuni e regioni, istituti finanziari per lo sviluppo nazionali bilaterali e multilaterali, fondi sovrani, fondi climatici multilaterali e agenzie di credito all’esportazione. Gli attori della finanza privata sono imprese, banche commerciali, assicurazioni e altri investitori istituzionali e asset owner (investitori filantropici, fondi di capitale di rischio, fondi pensione, ecc…). Il coinvolgimento di questi attori nel finanziamento della decarbonizzazione dell’industria varia a seconda del livello di maturità e di diffusione delle tecnologie.

Che cosa sta facendo lOcse?
Per assistere le economie in via di sviluppo e i mercati emergenti nell’elaborazione di queste soluzioni, nel settembre del 2022 l’Ocse ha pubblicato il documento “Framework for Industry’s Net-zero Transition”, nell’ ambito del programma Clean Energy Finance and Investment Mobilisation (Cefim), parte del Sustainable Infrastructure Programme in Asia (Sipa). Da allora l’Ocse collabora con i governi di Egitto, Indonesia, Sudafrica e Thailandia su diversi sottosettori industriali (ad esempio, acciaio, petrolchimico, tessile) e su diverse tecnologie trasversali (come l’idrogeno).

L’Ocse ha anche elaborato una semplice mappa di soluzioni su misura per affrontare le diverse sfide finanziarie lungo tutta la catena del valore. Una combinazione di strumenti di de-risking e di finanziamento può migliorare la performance economica attesa dei progetti di decarbonizzazione industriale. A questa mappa di soluzioni si accompagna un’azione di apprendimento continuo alimentata dai progetti reali su cui l’Ocse sviluppa i propri casi di studio.

Oltre al finanziamento della decarbonizzazione industriale, l’Ocse sostiene i paesi nel progresso verso la decarbonizzazione industriale in diverse altre aree. A margine della Cop28, l’Ocse ha presentato una recentissima pubblicazione in cui illustra tali azioni. L’agenda per il clima dell’Ocse s’impernia su

azioni volte a migliorare la disponibilità dei dati, definire gli obiettivi e misurare i progressi, e comprende anche molte altre aree legate alla decarbonizzazione industriale. Inoltre, organizzazioni come l’Ocse possono sostenere la costruzione di capacità per dotare gli stakeholder delle competenze necessarie per individuare, valutare e attuare le opportunità di decarbonizzazione. Le capacità si possono costruire con programmi di formazione e workshop in cui condividere conoscenza. Le organizzazioni come l’Ocse continueranno a svolgere un ruolo importante nel promuovere il progresso collettivo, gli scambi e la condivisione per la decarbonizzazione dei settori industriali difficili da abbattere.

Deger Saygin guida il programma di decarbonizzazione dell’industria presso la Direzione Ambiente dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).
Joseph Cordonnier, Moongyung Lee e Cécile Seguineaud sono analisti politici del programma di finanziamento e mobilitazione degli investimenti per l’energia pulita dellOcse.

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