Tempi nuovi La forza corale della rete dei recuperatori nel quarto Festival del Recupero

Acqua, agroecologia e riparazione dei prodotti elettronici sono stati alcuni dei temi trattati durante l’evento romagnolo dedicato anche al buon cibo e alle pratiche di riutilizzo da applicare in cucina

@Maria Vittoria Caporale

Guardiamo al latino quando usiamo il termine recuperare – composto da re, che indica un movimento a ritroso, all’indietro, o il ritorno a uno stato anteriore, e càpere, prendere – verbo che racchiude in sé un ventaglio di sfumature di significato, dal ritrovamento di qualcosa che si credeva perduto, a un salvataggio, un riacquisto, un reinserimento, un riuso.

Significati che ha fatto propri Carlo Catani con il progetto Tempi di Recupero, nato nel 2013 all’Osteria della Sghisa di Faenza, dal 2020 associazione culturale e dal 2023 associazione di promozione sociale che promuove una visione consapevole del mondo con tutta la Rete dei Recuperatori, supportando le persone e i luoghi più fragili e che ha vissuto la sua quarta edizione del Festival del Recupero – dal 13 al 15 settembre – a Pianetto di Galeata, in provincia di Forlì-Cesena. Un piccolo borgo medievale ai piedi dell’Appennino Tosco-Romagnolo, un luogo di cui tutto si può fare tranne che perderlo nella memoria, per celebrare le pratiche sostenibili e la consapevolezza attraverso una virtuosa rete di protagonisti.

Foto di Maria Vittoria Caporale

«La prima edizione del festival è nata come una festa tra amici, questa edizione è una festa con più amici».

La quarta edizione di Tempi di Recupero è stata l’edizione che più delle precedenti ha incarnato l’anima dell’associazione, che sì «interviene sui temi dell’utilizzo integrale delle materie prime e la valorizzazione del recupero gastronomico», ma si fa portavoce di una visione d’insieme, una forma mentis a trecentosessanta gradi che non può che toccare tutti quegli aspetti a cui il riuso, il recupero può essere applicato a partire dal luogo in cui si svolge.

Non una grande città, non un luogo di passaggio, ma fuori dai soliti giri, indubbiamente pregno di storia, di cultura, di tradizione – enogastronomica e non – che è la cornice perfetta per una relazione tra recuperatori, per una collaborazione tra volontari, appassionati e professionisti che condividono valori comuni e qui imparano dagli altri soprattutto grazie a La Campanara. Un’istituzione, uno di quei luoghi della memoria aperti al presente che non si trovano in un luogo, quel luogo sono loro. La Campanara è bar, dove nei giorni del festival si iniziava la giornata con “La colazione della Susy”, con un buffet di torte e prelibatezze fatte in casa dalla sorella di Roberto, il patron; è accoglienza, con le sue camere; è un’Osteria d’Italia di Slow Food, per un pranzo o una cena con le ricette della memoria preparate con ingredienti del territorio e di ricerca. Qui ci si sente a casa, e questo borghetto gioiello architettonico incastonato nell’alta valle del Bidente sconosciuto ai più rimane ben impresso nel cuore.

Foto di Maria Vittoria Caporale

Dopo anni di sviluppo e consolidamento dei valori quali il rispetto, il riuso e di promozione di una visione consapevole del mondo, la quarta edizione del Festival ha messo in luce la circolarità, il fatto che imparare ad applicare al nostro stile di vita una serie di pratiche sostenibili e consapevoli risulta fondamentale per non distruggere risorse che posso continuare a sviluppare una funzione.

Queste sono state celebrate attraverso tre giorni di talk, come quello con Tonino Bernabè, presidente di Romagna Acque-Società delle Fonti, che ha messo in luce il fatto che una risorsa come l’acqua abbia espresso l’importanza del nostro rapporto con la natura proprio in Romagna nel 2023, con l’alluvione,  costituendo un pericolo con la eccessiva presenza così come lo è con la sua carenza. O come quello con Federico Varazi, vicepresidente Slow Food Italia, che ha sottolineato quanto sia importante praticare una forma di recupero e di rigenerazione degli ambienti, degli ecosistemi e della natura che passi per la relazione tra le persone, il loro riavvicinamento all’ambiente e all’agricoltura: un focus su l’agroecologia, «la scienza dell’applicazione di concetti e princìpi dell’ecologia alla progettazione e gestione di sistemi alimentari sostenibili», una disciplina che propone studi integrati tra ecologia, sociologia ed economia centrale nell’edizione di Terra Madre che si è tenuta a Torino dal 26 al 30 settembre.

Con Ugo Vallauri – fondatore di The Restart Project, leader della campagna europea per il diritto alla riparazione dei prodotti elettronici ed elettrici che si batte contro l’obsolescenza programmata e per il diritto alla riparazione, per interrompere la spirale dei danni ambientali dei dispositivi dismessi – si è parlato invece di come, organizzando gruppi di volontari che aiutano i partecipanti e i cittadini di quartieri di diverse città italiane a riparare e riparare insieme (come Rusko Repair Cafe Bologna), sia nata la volontà di guardare nell’insieme un sistema in cui queste pratiche diventino all’ordine del giorno.

L’attività di recupero degli oggetti ha permesso di raccogliere dati per eliminare le barriere alla riparazione e spingere per legislazione europea a dare vero diritto alla riparazione, invertendo un sistema di case produttrici che spingono il consumatore a non recuperare ma a consumare e sostituire.

Il carattere trasversale si è espresso anche attraverso dei laboratori, come quello con Alessandro di Tizio, forager del ristorante Mirazur di Mauro Colagreco, che ha accompagnato professionisti, appassionati e anche per bambini in una raccolta di erbe spontanee e piante commestibili nei prati e nei boschi dei dintorni di Pianetto; e attraverso il Mercato dei Produttori, artigiani e vignaioli del Recupero.

Foto di Maria Vittoria Caporale

Quello intergenerazionale, invece, si è espresso attraverso l’introduzione della novità “Festival del Recupero KIDS”, per parlare di educazione alimentare in maniera informale e ludica: laboratori di stampa su stoffa con colori naturali, dove i più piccoli hanno sperimentato la stampa botanica utilizzando le erbe raccolte durante il foraging, quelli di argilla-green dove imprimere foglie e fiori sull’argilla per decorare oggetti, oltre alla realizzazione di un piccolo erbario e alla creazione di ricette con le specie botaniche raccolte in passeggiata.

Foto di Maria Vittoria Caporale

E, ovviamente, il quarto Festival del Recupero di Pianetto di Galeata non poteva che essere scandito dai professionisti della Rete dei Recuperatori, che, tra i fornelli, hanno deciso di agire per aumentare il rispetto per il cibo, credono nella forza del network e nella potenza che può trasmettere: chef, osti, gelatieri, vignaioli, artigiani e bartender, ognuno con una storia quotidiana di consapevolezza da raccontare e da gustare in pranzi e cene corali.

Si è partiti venerdì con due cene, una dedicata al recupero dell’acqua e della montagna a San Piero in Bagno, con Gianluca Gorini, Michele Lazzarini, Alessandro Dal Degan, Paolo Brunelli, Jimmy Bertazzoli Aguardiente, e l’altra con la cena dedicata al recupero dell’acqua a Pianetto con Chiara Pavan, Davide Di Fabio, Giorgio Servetto, Stefano Guizzetti, Federico Diddi e Giulio Neri. Sabato è stato il momento della cena di cucina circolare all’Osteria la Campanara con Diego Rossi, Alessandra Bazzocchi, Sarah Cicolini, Michele Di Carlo, Giulio Rocci, per concludere domenica, sempre qui, con la cena dei sindaci dei borghi e paesi limitrofi: Francesca Pondini (sindaca di Galeata), Ilaria Marianini (sindaca di Santa Sofia), Claudio Milandri (sindaco di Civitella di Romagna), Enrico Spighi (sindaco di Bagno di Romagna), Sauro Baruffi (sindaco di Premilcuore), Tonino Bernabè e Piero Lungherini (Romagna Acque), con l’aiuto di Giulio Rocci, Quelli della Bombetta e il team de l’Osteria La Campanara.

Foto di Maria Vittoria Caporale

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