Negli Stati Uniti, un gruppo di militanti di destra, sostenitori di Donald Trump, sta silenziosamente contestando migliaia di iscrizioni ai registri elettorali in Stati chiave come il Nevada, l’Arizona, il Wisconsin, la Georgia, la Carolina del Nord e il Michigan. E per questo potrebbero esserci conseguenze significative per le prossime presidenziali del 5 novembre. L’iniziativa, definita dagli attivisti «investigazione elettorale», mira a eliminare dagli elenchi i votanti considerati irregolari.
Secondo il Financial Times, da novembre 2020, sono state più di centomila le registrazioni contestate. Ad esempio, in una piccola cittadina del Michigan, un militante trumpiano ha fatto pressioni sulle autorità locali, citando una legge statale poco conosciuta risalente agli anni Cinquanta, ottenendo così la cancellazione di oltre cento elettori dai registri. E in un sobborgo di Detroit, Waterford, in seguito a una richiesta simile, un funzionario ha escluso mille persone dalle liste degli elettori, tra cui un ufficiale dell’Air force, successivamente reintegrato.
Un’inchiesta del New York Times ha svelato queste cancellazioni, inizialmente passate inosservate, portando l’ufficio del Segretario di Stato del Michigan a intervenire perché non seguivano le procedure stabilite dalla legge.
Dietro queste contestazioni emerge una rete coordinata di militanti e di gruppi locali vicini all’ex presidente, emersi dopo il tentativo di Trump di ribaltare la sua sconfitta nel 2020. Quest’anno, le contestazioni alle registrazioni elettorali, sostenute da Cleta Mitchell, ex avvocato di Trump, e True the Vote, un’organizzazione di monitoraggio del voto di destra, sono diventate ancora più insistenti.
L’obiettivo dei sostenitori di Trump infatti è quello di mantenere i registri e di rimuovere i cittadini “non idonei”, con l’obiettivo di evitare che i democratici arrivino in massa alle urne. È vero che alcuni elettori sono effettivamente morti o si sono trasferiti in un’altra zona (la legge federale cancella i nomi dei cittadini che si sono trasferiti dopo due elezioni generali). Ma molti dei ricorsi sono stati respinti a causa di prove sbagliate o di una documentazione errata presentata in fase di contestazione. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato che la teoria portata avanti dai sostenitori di Trump è priva di fondamento: la frode elettorale è estremamente rara, e i sistemi attuali per mantenere aggiornati gli elenchi non mostrano segni di errore.
Anche la frode sul voto per corrispondenza si limita a pochi casi. Secondo il Washington Post, durante le elezioni del 2016 e quelle di midterm del 2018, solo trecentosettantadue schede postali su circa 14,6 milioni erano probabilmente fraudolente. Una percentuale dello 0,0025 per cento. Negli ultimi anni, il numero di chi sceglie di votare per posta è aumentato, passando dal 24,5 per cento nel 2016 al quarantatré per cento nel 2020. E per assicurare l’integrità del processo molti Stati hanno deciso di adottare controlli aggiuntivi, ad esempio chiedendo un testimone o un numero di identificazione degli elettori (come quello della patente).
Il problema è che le richieste portate avanti dai sostenitori di Trump porterebbero all’esclusione di elettori legittimi. Michael Siegrist, funzionario del Canton Township in Michigan, ha affermato che contestare mille votanti in una sola volta non garantisce il rispetto dei diritti costituzionali. Cleta Mitchell ha minimizzato queste preoccupazioni, spiegando che a essere colpiti saranno solo gli elettori illegittimi. «In alcuni Stati però una contestazione è sufficiente a limitare l’accesso di un cittadino a una scheda elettorale per corrispondenza o per richiedere documentazione aggiuntiva alle urne. E anche quando non riescono a rimuovere gli elettori, i trumpiani possono comunque generare confusione e incertezze tra gli elettori, frenando la loro voglia di partecipare», scrive il Financial Times.
I sostenitori di Trump stanno già pianificando di intensificare queste campagne in vista delle elezioni del 5 novembre, utilizzando nuovi software che potrebbero semplificare il processo. Uno degli strumenti più controversi è “Check my vote”, un programma che identifica gli indirizzi con irregolarità, come ad esempio la mancanza di un numero di appartamento o una percentuale insolitamente alta di elettori registrati in un’area. Metodi come questo, però, nonostante siano presentati come un modo efficace per «pulire i registri», in realtà tendono a colpire le comunità a basso reddito, gli studenti e gli immigrati, contribuendo a un’ingiustizia sistemica.
Già nel 2020, Trump aveva cercato di ribaltare il risultato elettorale, alimentando una narrazione che continua a permeare la sua campagna. Dopo la sconfitta, infatti, ha preso piede l’idea di una massiccia frode elettorale — accusa smentita da decine di tribunali — che poi si è trasformata in una serie di teorie del complotto che mettono in discussione il sistema di voto statunitense.
In base a un sondaggio fatto dalla Cnn nel 2023, un terzo dei cittadini americani (e più di due terzi dei repubblicani) crede che la vittoria di Biden sia illegittima. Idea che trova sostegno nelle parole di Trump, che sul suo account di Truth Social ha scritto che «l’unico modo che i democratici hanno per vincere è barare. È così che riescono a far eleggere un incapace come Joe Biden».
In più occasioni Trump ha ribadito che le elezioni americane sarebbero «truccate», e ha lasciato intendere che, in caso di una nuova sconfitta, non si limiterà a mettere in discussione i risultati. Trump e i suoi alleati infatti hanno manifestato l’intenzione di impugnare i risultati delle elezioni del 2024, affermando che potrebbero esserci irregolarità, o di protestare con metodi illegali e violenti.
L’Rnc (Republican national committee), che fino a ora ha intentato oltre cento cause legali relative alle elezioni, ha spiegato di aver reclutato duecentomila «osservatori elettorali», oltre a vari avvocati, per garantire l’integrità del processo elettorale. Gli avvocati, spiega Usa Today, monitoreranno l’accuratezza dei test delle macchine per il voto, le schede presentate, l’elaborazione delle preferenze inviate per posta e i riconteggi post-elettorali.
Ma in questo clima di disinformazione, i media di destra promuovono queste contestazioni, dipingendo i funzionari pubblici come corrotti, mettendo in dubbio l’integrità del sistema elettorale, e creando un terreno fertile per ulteriori sfide legali nel caso di una nuova sconfitta di Trump. Ma questa narrazione rischia di portare a una polarizzazione ancora più marcata nel già teso clima politico americano.