“Il bipolarismo ha vinto”; “I liberali non riusciranno mai a mettersi insieme”; “La storia italiana ci dimostra che il terzismo esiste solo se sei antisistema come i Cinquestelle”; “Il Terzo Polo è morto alle Europee”; “In Europa Renew Europe è oramai meno influente dei gruppi di estrema destra”; “Persino Macron si è reso conto che essere liberali non paga”. Queste sono alcune delle frasi più gentili che ho sentito recentemente riguardo all’area politica che Azione, il partito di cui sono deputata e vicepresidente, ha faticosamente cercato di occupare da quando è nato nel 2019.
Eppure, le istanze liberal-democratiche avrebbero ragione di avere una buona presa in Italia. In uno Stato in cui interessi di pochi tengono in scacco molti, un partito che parla di concorrenza dovrebbe essere al vertice di tutti i sondaggi; in un Paese in cui i salari sono fermi da trent’anni, un partito che parla di produttività dovrebbe convincere tutti; in un territorio da cui i giovani fuggono, un partito che parla di opportunità dovrebbe essere a doppia cifra; in un sistema in cui il venti per cento dei detenuti è in attesa di giudizio, un partito garantista e non giustizialista dovrebbe trovare il sostegno di tutti; in uno dei pochi Paesi europei in cui ancora non esiste una legge sul fine vita, un partito che vuole chiarezza sui diritti civili dovrebbe trovare terreno fertile; nel Paese con la seconda spesa pubblica più alta d’Europa (e con una sanità allo sfascio), un partito che chiede efficienza e ordine dovrebbe ricevere un’ovazione.
E invece no, il miracoloso progetto del Terzo Polo con il suo quasi otto per cento è visto come un’anomalia passeggera e per fortuna rientrata. La sua disgregazione alle ultime amministrative sta facendo sfregare le mani ai due poli che sperano di impossessarsi della sua eredità trafugandone le spoglie.
Tuttavia, date le premesse, io rimango convinta che ci sia ancora tanto spazio per una forza politica di questo genere. Il problema non credo sia la domanda. Quella resta, e alle Europee i due schieramenti, Azione e Stati Uniti d’Europa insieme, infatti, hanno ottenuto il sette per cento, quasi come alle politiche. Quindi la domanda è: come fare a intercettarlo?
Io sono convinta che sia necessario guardare al passato e a quanto abbiamo avuto successo. Per questo credo che serva una ricomposizione di tutte le forze liberal-democratiche che quando sono state chiaramente unite hanno ottenuto discreti successi elettorali. In quanto deputata e dirigente di Azione credo anche che spetti a noi, il partito più grande dell’area, il compito di essere genuinamente protagonisti di una ricomposizione delle parti in campo. E questo, in fondo, è anche il motivo per cui mi sono candidata alla segreteria di questo partito.