A portata di quartiere Tre storie virtuose di resistenza alla sindrome dell’edicola fantasma

I chioschetti adibiti alla vendita di riviste animano da sempre i rioni di città e province, ma negli ultimi quattro anni sono duemilasettecento quelli rimasti vuoti. Sopravvivere è difficile, ma possibile, e per questa ragione è necessario (ri)portare l’attenzione sulle realtà che hanno tenuto testa allo scorrere del tempo

A sinistra, foto di Fabrizio Spucches. A destra Edicola Morbegno

Questo è un articolo del nuovo numero de Linkiesta Etc dedicato al tema della nostalgia, in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia. E ordinabile qui.

La sindrome dell’edicola fantasma, come la più celebre sindrome dell’arto fantasma in cui soggetti ai quali è stato amputato un arto continuano a percepirne l’esistenza, consiste nel vedere in luogo di un’edicola che non c’è più, in quello spazio di marciapiede rimasto orfano, il chiosco che c’era. Sono uno di quei soggetti affetti da questa sindrome, da me appena formulata. Quando torno nella città della mia infanzia mi meraviglia sempre vedere che quella ridotta porzione di marciapiede, rubata all’asfalto e all’autolavaggio adiacente – che invece resiste – conteneva un universo sterminato di foliazione.

L’indagatore dell’incubo ascolta il nuovo disco del gruppo hip hop Public Enemy mentre qualcuno chiude a tempo un ollie flip; abbattevo le mura delle copertine di fumetti, riviste musicale e di skateboarding cosicché le pagine componevano l’indice della mia crescita. Ripassandoci oggi avverto una fitta allo stomaco e si innesca un cortocircuito mentale che non ammette vuoto in quel punto. Sono duemilasettecento le edicole rimaste vuote negli ultimi quattro anni, secondo l’elaborazione di Unionecamere-InfoCamere. Il report 2023 del Sindacato Nazionale Autonomo Giornalai registra che dei 25.200 punti vendita presenti in Italia, 13.296 sono misti; prevedono cioè, oltre a quotidiani e riviste, “altre attività come bar, rivendite Generi Monopolio, librerie, etc”. Focalizziamoci sull’eccetera, di cui siamo esperti. 

Edicola di Piazza Morbegno

«Era il classico inverno perugino. Scendevo la scalinata della chiesa simbolo della città, la chiesa di Sant’Ercolano, una scalinata presente sin dai tempi degli Etruschi, e sulla saracinesca di un chioschetto abbandonato lessi il cartello “Vendesi”», Antonio Brizioli, co-fondatore di Edicola518, rievoca per l’ennesima volta a favore della stampa la genesi dell’edicola riaperta a beneficio dei «pellegrini della bella carta». Il percorso che conduce all’inaugurazione dell’edicola il 1 giugno 2016 parte qualche anno prima con Emergenze, un gruppo di lavoro che produce cinque numeri di una rivista indipendente e una serie di iniziative culturali a Perugia.

«Se ripenso a quel periodo, rivedo la voglia di essere presenti in città, di creare un collante a prescindere da un rapporto commerciale. L’idea era quella di creare uno sportello per la cittadinanza riattivando spazi abbandonati come il chiosco, o come i vicini giardini Rosa e Cecilia Caselli Moretti, dando vita a ciò che le istituzioni dovrebbero fare in una città di provincia: una programmazione continua che guarda al contemporaneo, e in cui una parte di città si riconosce. All’apertura l’edicola presentava una prima selezione rudimentale di riviste e idee di libri, autoproduzioni e guide del territorio».

Edicola 518

518 era il numero assegnato al chiosco dal distributore, «decidemmo di chiamarla così, aggiungendo che erano quattro metri quadri di spazio infinito, da espandere e far rivivere anche all’esterno». Le riviste e i libri dell’edicola si dispiegano anche nelle presentazioni organizzate sulla scalinata e oltre, fino al Teatro S. Ercolano. Il teatro è un’altra costola dell’edicola che porta in piazza tante voci. Da quella del vocalist Franchino, che racconta favole per bambini, a quelle di Piergiorgio Giacchè e Goffredo Fofi, per una lezione di anarchia sul senso della disobbedienza civile, fino a Ilona Staller, che sfida chiunque a scacchi per sensibilizzare il pubblico sul caso di Frigolandia, casa e archivio di Frigidaire a rischio sfratto.

Edicola 518

Mentre per due anni la linea editoriale dell’edicola si vota alla poesia, a pochi passi dalla scalinata, apre la libreria Paradiso518. E, di fronte a questa, l’enoteca Quasi518. «Una porta guarda l’altra», dice Brizioli, e vien da pensare ai tanti varchi che la saracinesca di un’edicola chiusa da tempo ha aperto. Ermanno Anselmi, coordinatore della Federazione Nazionale Giornalai, ricorda come le edicole fossero in origine «un luogo sociale, in cui l’edicolante era anche un confidente, un consulente, qualcuno che dava informazioni su un indirizzo civico o su un fabbro di zona. Casi come Edicola518 sono purtroppo ancora molto isolati e sperimentali perché prevedono una specializzazione e una conoscenza approfondita di un certo mercato editoriale». 

Questa funzione sociale è il territorio attorno a cui si muove un’altra edicola di quartiere di recente riapertura. Il 26 novembre 2022 lo scrittore pubblicitario e direttore creativo Paolo Iabichino scrive sul suo profilo LinkedIn: «Ha chiuso un’altra edicola. E non era quella di un piccolo paesino svuotato dalle città, non era in una delle nostre periferie-dormitorio, ma nel cuore del quartiere Lambrate a Milano. Intellettualmente vivace, non ancora gentrificato, animato da murales sui muri e popolato di varia umanità». Continua spiegando che «c’è un’edicola in vendita, vendeva libri e giornali […] ci si andava a piedi e ora dovremo spostarci tutti un po’ più in là».

AEdicola Lambrate. Foto di Allegra Martin

Iabichino racconta cosa accade dopo la pubblicazione di quel post: «Lo leggono Alioscia Bisceglia e Martina Pomponio, che chiedono il mio numero di telefono a un contatto comune. Mi chiamano e mi confessano che già da un po’ fantasticavano di acquistare l’edicola, ma che da soli non se la sentivano. Mi dicono: “Abbiamo un amico interessato, Michele Lupi”. Faccio la domanda che non avrei dovuto fare: vabbè ma quanto costa l’edicola? Da lì a poco, tutti e quattro, facciamo il rogito». La chiamano AEdicola Lambrate, rifacendosi al latino Aedes, che fa di un posto una casa, un tempio, «della carta scritta bene», spiega Iabichino. Ad aprile 2024 pubblicano un annuncio sulla pagina Instagram: “Cerchiamo AEdicolanter”.

Paolo Iabichino. Foto di Nicolas Tarantino

«Fra i tanti, si candida Alessandro Ghidini, 29 anni, giornalista e con un passato da libraio – dice Iabichino – e dopo il weekend di Pasqua, in cui tutto il quartiere ci supporta mentre ritinteggiamo e approntiamo il chiosco, apriamo il 25 aprile proponendo un unico titolo: il testo della Costituzione Italiana. In una mattina ne vendiamo ottocento copie. Volevamo dare subito un carattere identitario, anche perché il chiosco si trova in via Conte Rosso, una trincea: da una parte il quartiere che resiste con le case popolari e i cortili e dall’altra parte gli effetti della gentrificazione in atto».

L’ubicazione di AEdicola, proprio come quella di Edicola518, ha a che fare con la Storia. «Alcuni vecchi clienti ci hanno raccontato che qui si tenevano i comizi politici, era un po’ uno speaker’s corner. Hai due scuole, una chiesa, un circolo Acli, la fontanella e le panchine». In questo piccolo affresco dell’Italia di una volta si creano connessioni, affidando per esempio lo spazio ad un’associazione che si occupa di disagio mentale e che durante la settimana della salute propone un calendario di incontri sul tema. 

A tre chilometri da lì c’è l’ Edicola NoLo, che fa parte del circuito Civic Kiosks, comprendente sette pop-up store in città. L’edicola di piazza Morbegno prende ciclicamente le sembianze del progetto ospite. Federico Baldi di “Ciao Discoteca Italiana” racconta i dieci giorni in cui è diventata l’ “Edicola del Ciao”. «Il nostro progetto nasce otto anni fa in concomitanza con una serata musicale per cui, in parallelo, creavamo manifesti che per anni non abbiamo venduto. Il principio è stato quello di riprendere le canzoni che si ascoltavano sul sedile dell’auto in vacanza con i genitori, ponendo l’accento sulle parole.

Edicola di piazza Morbegno

Su quei versi che hanno contribuito a creare un’emozione collettiva. In quei giorni in edicola passavano ventenni che hanno mancato la scoperta di quella musica sul sedile dell’auto fino a quarantacinquenni che ben la ricordavano». In quelle sere c’era anche un giradischi  dove suonava il vinile di “Come in un sogno di mezza estate, una raccolta di canzoni di Domenico Modugno. Si stava come in un’edicola di mezza estate, di tante estati fa. Nel 1982 Ettore Sottsass, con la Sottsass Associati, elaborò uno studio dei chioschi della città di Torino.

Nei disegni, l’uomo stilizzato all’interno dell’edicola prova l’ergonomia dello spazio: seduto, in piedi, tasta la geometria dell’aria, valuta l’installazione di un servizio igienico posto nel retro. Nel suo essere minimale, in un piccolo mondo calcolato, trasmette l’idea che proprio quel luogo sul marciapiede, sotto le intemperie ma riparato da queste, può contenere la carta su misura per ogni lettore. 

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