Acqua, farina e pomodoro. L’essenza della pizza è dettata da queste tre semplici parole, da questi tre ingredienti così essenziali e diretti, che descrivono in modo immediato un altro concetto importante quando si parla di alimentazione: quello della dieta mediterranea. Eppure, mai forse come quest’anno, abbiamo capito che anche la semplicità può essere minacciata, che quello che diamo quasi per scontato, forse così scontato poi non lo è. Arriviamo da un’estate strana, particolare. Un’estate che ci ha costretto a fare delle analisi, dei mea culpa e a metterci di fronte allo specchio davanti a una terra che si sta ribellando e riprendendo i suoi spazi di autonomia. È stata un’estate di un Paese diviso in due: nel Nord d’Italia tanta pioggia, troppa, e al Sud una situazione di siccità che ha preoccupato e che ancora preoccupa. Situazione che anche in questo inizio di autunno ci ha messo davanti al fatto che l’azione dell’uomo debba rimodellarsi davanti a una natura che reclama attenzioni e non fa fatica a comunicarlo, con un linguaggio spesso anche troppo esplicito e violento.
Acqua, farina e pomodoro: ripartiamo da qui, dalle basi di quella semplicità, che trova nella pizza una sintetizzazione stilistica e la rappresentazione stessa della loro essenza. Acqua, farina e pomodoro sono i prodotti di quella terra che oggi non se la sta passando bene e che chiede aiuto. Gli effetti della crisi ambientale possono e devono essere letti da chi quel cibo lo maneggia, lo prepara e lo trasforma, ma anche da chi semplicemente lo usa come nutrimento. Se andiamo a leggere un po’ di dati di quelli che sono stati i raccolti di grano e pomodoro in questo strano 2024, vediamo come le rese, in termini di raccolto per ettaro, sono state forse più basse in quasi tutto il Paese, ma ad alzarsi è stata la qualità. E questo ci porta a un altro ragionamento, che mette al centro di tutto proprio la capacità dell’uomo di reinventarsi quando le cose non sembrano andare per il meglio. Potremmo, in questo caso, utilizzare una parola molto abusata, soprattutto negli ultimi anni, che è quella di resilienza, termine ormai noioso, che però ci conduce in un percorso umano fatto di esperienza, rispetto per la terra e creatività artigianale. Guardare l’agricoltura da questo punto di vista ci dà una chiave di lettura forse rassicurante, ma certamente corretta: pensiamo a come la storia dell’uomo si sia plasmata proprio grazie alla capacità dell’agricoltura di adattarsi alle sfide della terra.
La stessa identità o visione la possiamo accostare anche quando parliamo di pizza, alimento, in un gioco di connessioni che va dagli ingredienti fino al prodotto finito. Quanto la pizza può raccontare la società attraverso lo scorrere del tempo? Quanto la pizza stessa è stata atto di resilienza e ha modificato il suo essere negli anni? Pensiamo a come questo cibo, semplice se vogliamo, ha dimostrato di sapersi adattare e rimanere rilevante nei momenti di crisi, riflettendo la capacità delle comunità di affrontare sfide con creatività e determinazione. Nella Napoli del passato, era alimento della gente comune, della strada, era cibo accessibile e per tutti. E anche oggi, la pizza ha vissuto molte trasformazioni. Ricordate durante la pandemia come le pizzerie si siano adattate rapidamente, implementando servizi di consegna, asporto, e nuove tecnologie per raggiungere i clienti? Questo non solo ha permesso loro di sopravvivere economicamente, ma ha anche mantenuto viva una tradizione e una cultura gastronomica, in grado di svolgere esattamente il suo lavoro: nutrire e contemporaneamente delineare il volto del cambiamento della società. Lo vediamo anche nell’offerta e nella ricerca stessa del settore, dove oggi si lavora per creare prodotti che riescano a soddisfare le esigenze sempre più specifiche ed eterogenee del pubblico. Si riflettono i gusti, le diverse cultura, le scelte etiche e i bisogni medici. Quel che resta è esattamente questo: la condivisione, la solidarietà nel trovarsi insieme, la forza del cambiamento. Dall’agricoltura alla tavola. Dagli ingredienti al morso.
Questo articolo fa parte di “A Spicchi”, il progetto di Petra Molino Quaglia. Qui il link per l’iscrizione alla newsletter mensile, da condividere con gli appassionati della pizza.