Un nuovo Chianti classicoInsetti e fiori, e la nuova vita del vino in Toscana

La zonazione in alcuni casi può non avere solo uno scopo enologico, ma aiutare le cantine a scoprire quanto flora e fauna locali possano aiutare la vitalità del terreno e contribuire alla bontà delle uve

Passando per le bellissime colline del Chianti, nel cuore della Toscana enologica, vi sarà sicuramente capitato di imbattervi nel paesino di Greve, arroccato in cima a una collina. Qui è tappa obbligatoria rifocillarsi dal mitico Dario Cecchini con il suo menu a base di “ciccia” di ogni tipo e dimensione, ma non prima di aver passato qualche tempo all’enoteca Baldi per un aperitivo a base di specialità locali con una vasta scelta di bottiglie per tutti i gusti e tutte le tasche. Ed è proprio in questo contesto – una cittadina che può essere turistica al limite dell’overbooking e deserta al limite del sopportabile – che incontriamo la forza dirompente dell’enologa di Montefili, Serena Gusmeri. È con lei che ci lasciamo condurre nel mondo di questa azienda, scoprendo un approccio “moderno” a problemi vecchi, attuali e probabilmente anche futuri. Sarà che l’enologa è di origini bresciane, sarà che la proprietà è in parte americana e in parte italoamericana, ma questa commistione di culture ha sicuramente giovato a un’azienda che sta evolvendo cercando di capire e affrontare le difficoltà della moderna enologia con un approccio olistico e senza dogmi imposti o autoimposti.

No quindi alle certificazioni in campo o in cantina, ma sì a una grande attenzione alla fauna e alla flora locale propria dell’azienda, no all’uso di pesticidi o chimica a meno che non sia strettamente necessario al raggiungimento del risultato, sì a un approccio flessibile e aperto all’interpretazione dell’annata modificando i piani di difesa per tutelare ambiente, terreno, collaboratori e risultati aziendali, sì al buon senso a tutto tondo dettato non dalla comodità, ma dal raggiungimento del massimo risultato possibile con il minimo impatto possibile. Uso di poca tecnica di cantina, ma seguendo l’idea di controllare senza intervenire se non necessario.

Idee che si identificano molto bene nella figura di Serena, donna dinamica, concreta e sensibile ai grandi tempi del mondo, e che si materializzano nei nuovi Cru di Montefili, Vigna Vecchia 2019 e Vigna nel Bosco 2019, nati da una precisa zonazione dei suoli aziendali ma anche dalla voglia di mostrare e dimostrare come l’espressione di una varietà come il Sangiovese possa mutare variando pochi paramenti, nonostante le vigne da cui provengo le uve si trovino a poche centinaia di metri una dall’altra.

Ma la zonazione, qui, non ha solo uno scopo squisitamente enologico, e si è allargata parecchio, per scoprire quanto flora e fauna locali possano aiutare la vitalità del terreno e possano contribuire alla bontà delle uve. A Montefili è iniziato nel 2018 un ambizioso progetto scientifico realizzato grazie a Vitenova Vine Wellness che prevede la raccolta periodica di campioni di microfauna e loro catalogazione, per valutare costantemente la salute delle viti e l’impatto dell’attività agricola sulle stesse.

E diversamente da tante altre realtà, Vecchie Terre di Montefili ha deciso di puntare su una certificazione che sia dimostrazione di questa estrema biodiversità: si chiama Diversity Ark e nasce dopo anni di studio e di collaborazione con varie aziende agricole e associazioni di produttori, tra cui anche Vecchie Terre di Montefili.

Una certificazione che cerca di trovare il giusto mezzo tra scienza e osservazione empirica, tra approccio olistico e campionamenti. Alla base della certificazione c’è infatti il rispetto della biodiversità di suolo e ambiente, attraverso un approccio olistico all’agricoltura che si attua con la tutela degli elementi che si interfacciano con il processo agricolo. Dallo stato di benessere dei suoli, alla certificazione della biodiversità faunistica dell’appezzamento e della ricchezza di piante. Il secondo aspetto è l’approccio scientifico che si attua con analisi e monitoraggi sulla biodiversità, campionamento del suolo, analisi di insetti artropodi e analisi della biodiversità floristica.

Ultimo aspetto, ma non meno importante, l’azienda certificata deve rispettare un innovativo disciplinare che non consente l’uso di diserbanti e impedisce l’utilizzo di antiparassitari rischiosi per la salute umana. Inoltre, inserisce, all’interno dei controlli, una sezione speciale per la presenza o meno di plastiche nel terreno, problematica che sempre più affligge l’agricoltura. Un’attenzione concreta e fattiva, esattamente come concreta e fattiva è l’attività in cantina di Serena, che sia con Anfiteatro che con le nuove linee cerca di coniugare i due aspetti del mondo in maniera equilibrata e consapevole.

Anfiteatro è il vino, o meglio era, di punta dell’azienda. Un vino radicato e dalla forte espressività aziendale, le vigne vecchie di Montefili si trovano infatti in una delle colline più alte di Greve in Chianti e si caratterizzano non solo per tre tipologie di terreno differenti in poco più di dodici ettari, ma anche per l’epoca di maturazione tardiva rispetto ai vigneti più bassi, per un tannino molto fitto e per acidità spiccate che permangono nei vini e ne caratterizzano l’espressione e il carattere, da segnalare a nostro avviso due annate dalla grande eleganza, la 2017 per la sua esile ma intrigante tessitura e la 2019 per completezza e lunghezza del sorso.

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