Questo è un articolo del nuovo numero de Linkiesta Etc dedicato al tema della nostalgia, in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia. E ordinabile qui.
Il cibo è vita, ma anche resistenza. Ad Atena Lucana (SA) per festeggiare l’Anniversario della Liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal fascismo, ogni 25 aprile si scende in piazza, nel centro storico e si accendono i forni antichi del paese, rimasti in vecchie case abbandonate o nelle dimore dei pochi residenti. Insieme, poi, si cucina il pane.
È “La terra mi tiene”, una festa di persone libere, che si ritrovano a condividere racconti, ascoltare letture poetiche musicate e a ballare per le strade con zampogne e tamburelli, sulle note delle canzoni della tradizione locale.
“La terra mi tiene” è anche il titolo del documentario realizzato da Sara Manisera e Arianna Pagani, del collettivo di giornaliste e giornalisti indipendenti FADA. Ambientato nel cuore del Cilento, il film è un viaggio alla scoperta del nostro fragile equilibrio con la terra, raccontato attraverso due storie che si intrecciano, quelle di Teresa e di Ivan. Teresa Vallone è una donna anziana, una contadina che da giovane ha scelto di emigrare in Germania per migliorare le condizioni di vita dei suoi figli.
Ivan Di Palma è un contadino laureato in filosofia, che ha deciso di ritornare nella sua terra natale ad Atena Lucana, nel Parco Nazionale del Cilento, Alburni e Vallo di Diano, per dedicarsi alla semina dei “grani del futuro”, insieme a un gruppo di compaesani. Le due storie si legano seguendo il ciclo delle stagioni e lo scorrere dei tempi della natura: dalla semina alla mietitura, i due raccontano la memoria e la fatica dei contadini, l’abbandono delle campagne, lo sfruttamento intensivo dell’agricoltura, l’emigrazione, ma anche la volontà di restare e innovare le aree interne coltivando e tutelando la biodiversità. Una riflessione sul passato, sul presente, ma soprattutto sul futuro della terra da lasciare alle generazioni future.
Il grano come metafora di vita, morte e rinascita. Il cibo come centro gravitazionale attorno a cui si costruisce la comunità, che ritorna ad abitare quei territori che per anni hanno visto le persone andare via. Il documentario racconta di giovani che attraverso la semina agiscono la possibilità concreta di restare nelle aree con dignità, costruendo un’idea di futuro. «Tutto ciò è finalizzato solamente a lasciare qualcosa agli altri. È forse l’unico vero sentimento di responsabilità schiettamente politico che uno dovrebbe avere nel luogo che vive», dice Ivan.
Nel rapporto con la terra c’è la civiltà. “La terra mi tiene”è una storia pragmatica e poetica di come per far rinascere un territorio a volte bastino solo farina, acqua e lievito. E manodopera. Un’esperienza che si fa racconto non solo mediante le parole, ma anche attraverso il lavoro nei campi. Prima di essere cibo, infatti, il grano è cultura, storia, saggezza da cui ripartire. Con l’idea di tramandare le buone pratiche alle generazioni future è nata nel 2008 la Biblioteca del Grano: un fazzoletto di terra dove sono piantati chicchi di diverse varietà, un atlante per tutelare la biodiversità. Il documentario è una proposta per ripensare il proprio rapporto con i territori, a prendersi cura delle proprie radici, e un invito a piantare dei semi per un futuro diverso, possibile anche lontano dalle grandi città.
«Sradicarmi? La terra mi tiene e la tempesta se viene mi trova pronto. Indietro ch’è tardi ritorno a quelle strade rotte in trivi oscuri» Poesia di Rocco Scotellaro, Tivoli, 1942.