C’è una parte di Europa che non si rassegna all’idea di una sconfitta militare dell’Ucraina, di un’America che abdichi al suo ruolo di faro del mondo libero, e di una Nato che diventi un ombrello fragile, con qualche buco in mezzo, proprio quando sta arrivando il temporale. Una parte di Europa che, pur mantenendo il suo rapporto speciale con gli Stati Uniti, sa che con Donald Trump dalla Casa Bianca arriveranno notizie meno rassicuranti per gli alleati occidentali. Alfiere di questa resistenza politica è la Polonia, il paese Ue che più ha subito i danni dell’Unione sovietica e che ben prima dell’invasione del 2022 aveva avvertito gli altri europei del pericolo russo.
Il governo di Donald Tusk, atlantista di ferro, sta preparando sottotraccia una santa alleanza di paesi europei (e non solo Ue) per creare un sindacato politico allo stesso tempo flessibile nei membri, ma inflessibile negli obiettivi, in grado di convincere Donald Trump a non cedere alle mire colonialistiche di Vladimir Putin sull’Ucraina: «Coordineremo attivamente la cooperazione con i Paesi che condividono il nostro punto di vista sulla situazione geopolitica e transatlantica, nonché sulla situazione in Ucraina. Nessuno vuole un’escalation del conflitto, ma nessuno permetterà all’Ucraina di indebolirsi o di capitolare. Ciò rappresenterebbe una grave minaccia per la Polonia e per i nostri interessi», ha spiegato il premier polacco.
Tra i membri di questo sindacato politico allargato, oltre alla Polonia, si dovrebbero aggregare anche gli Stati scandinavi (Danimarca in testa), Finlandia, i Paesi Baltici e il Regno Unito. Proprio il coinvolgimento di Londra, che più di tutte ha coltivato una special relationship con Washington, fa intuire la natura di moral suasion di questa iniziativa politica: non contrastare il trumpismo, ma ammansirlo, condizionarlo, portarlo a miti pensieri. Una impresa titanica.
A raccontare i dettagli di questa operazione politica è il Times che anticipa già dei colloqui internazionali fissati da Tusk con il premier laburista inglese Keir Starmer e con il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, che tra i leader dei quattro grandi paesi europei sembra il più consapevole dei pericoli del trumpismo, vista la sua recente dichiarazione sull’Europa che deve svegliarsi dopo il risultato delle elezioni americane. Un’altra volta dopo il brusco risveglio del 2016 e i sogni d’oro del 2020.
Secondo il Times nell’agenda di Tusk c’è anche un incontro con il neo segretario della Nato Mark Rutte, facilmente persuasibile alla causa, non tanto per il suo passato da premier olandese, quanto per il suo nuovo ruolo a capo dell’Alleanza atlantica. Partire con un negoziato al ribasso sull’Ucraina sarebbe l’inizio peggiore di un mandato politico dopo l’imbattibile Manlio Brosio che dopo i primi due anni del suo settennato vide la Francia uscire dalla Nato (per poi rientrare nel 2009).
L’unica variabile della manovra politica di Tusk è il tempo. Donald Trump ha promesso di trovare un accordo con Putin «in ventiquattro ore» e la data del suo giuramento (e conseguente insediamento) a Washington sarà il 20 gennaio, poco più di due mesi. Secondo il Washington Post, il 7 novembre avrebbe già avuto un primo colloquio telefonico con Putin. Non rassicura il video pubblicato su Instagram da Donald Trump Jr. in cui si fa capire, con una ironia da spirito di patate, che tra trentotto giorni (ovvero il lasso di tempo fino alla convalida del risultato delle elezioni) finiranno i dollari americani in aiuto al presidente Volodymir Zelensky.
La Polonia spera di avere più di trentotto o settanta giorni di tempo, anche perché dal primo gennaio 2025 ricoprirà una posizione privilegiata, ereditando il turno semestrale di presidenza del Consiglio dell’Unione europea dall’Ungheria che in questi mesi ha brillato più per le polemiche che per le iniziative politiche. La presidenza di turno non vuol dire solo ospitare le riunioni dei ministri dei paesi membri, ma anche imporre una agenda politica sui temi da affrontare. E l’Ucraina sarà uno di questi.
Tra tutti i paesi Ue, la Polonia sembra il più adatto a persuadere Trump, ma bisogna anche ricordare che il governo aveva un diverso colore politico. Ai tempi dell’esecutivo sovranista di PiS (diritto e giustizia) il presidente della repubblica polacco Andrzej Duda propose la creazione di una base militare statunitense permanente in Polonia, suggerendo il nome Fort Trump in onore dell’allora presidente americano. Duda offrì fino a due miliardi di dollari per sostenere i costi di quella installazione; poi la proposta si trasformò in un impegno a inviare mille soldati americani in più in Polonia, portando il contingente totale a cinquemila e cinquecento. Nel marzo 2023, sotto la presidenza Biden, gli Stati Uniti hanno inaugurato la loro prima base permanente in Polonia, a Poznań, (l’ottava in totale in Europa), senza la citazione a Trump. I tempi cambiano e con loro le sfumature politiche.