Per un pugno di dollariIl declino del potere d’acquisto ha spinto la classe media americana nelle braccia di Trump

Le facili promesse di protezione economica fatte in campagna elettorale dal candidato repubblicano hanno avuto parecchio presa sulle fasce meno abbienti della popolazione, colpite duro dall’inflazione. In questo l’America assomiglia sempre di più all’Europa

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Per la prima volta negli ultimi decenni, il candidato del Partito Repubblicano ha ottenuto più voti nella metà più povera del Paese rispetto a quella più ricca. L’elettorato di Donald Trump, da questo punto di vista, è più vicino a quello Bill Clinton degli anni Novanta di quanto lo sia a quello di Bob Dole o Mitt Romney. Viceversa, Kamala Harris ha vinto tra gli americani che vivono in famiglie con entrate superiori ai centomila dollari, nonostante l’avversario fosse il più famoso miliardario americano e fosse appoggiato dall’uomo più ricco del mondo: Elon Musk. 

Cos’è successo? La narrazione sui liberal lontani dall’uomo comune, vicini all’élite, troppo concentrati sulle battaglie woke, nonostante sia una retorica trita e ritrita, è stata efficace e ha avuto un suo ruolo. Ma inequivocabilmente un altro, probabilmente superiore, l’hanno avuto alcune evidenze economiche nude e crude: il potere d’acquisto degli americani del ceto medio e basso negli ultimi anni non è salito o, se lo ha fatto, è cresciuto meno dell’Europa. 

I dati del World Inequality Database mostrano l’evoluzione dei redditi al lordo di tasse e trasferimenti delle diverse fasce della società, misurate per parità di potere d’acquisto, così da poter fare confronti tra Paesi. Per esempio, descrive le entrate di coloro che si trovano tra il terzo e il sesto decile di reddito, cioè quanti sono più ricchi del primo trenta per cento più povero della popolazione, ma meno abbienti del quaranta per cento più benestante. 

Innanzitutto le entrate personali medie di quanti sono nel terzo e quarto decile negli Stati Uniti, rispettivamente sedicimila e quarantasette euro e ventiduemila e sessantotto euro all’anno sono più alte di quelle di chi si trova nelle stesse condizioni in Italia e, in media, nella Ue, ma decisamente inferiori ai redditi della stessa categoria in Francia e Germania, che superano i ventimila euro se considerati a parità di potere d’acquisto. Solo il sesto decile americano, quello di chi è di poco più ricco della mediana, raggiunge la parità con il corrispettivo tedesco e francese.

Dati: World Inequality Database

Questo mostra chiaramente come le fasce medio-basse perlomeno dell’Europa Occidentale godano di un benessere diffuso superiore a quello presente negli Stati Uniti per gli stessi segmenti sociali. Il dato saliente, però, è l’evoluzione di questi dati: il divario tra Unione europea e Stati Uniti è andato via via calando un po’ per tutti i decili di reddito. Nel caso del terzo e del quarto, che sono quindi nella metà più povera della popolazione, per esempio, il divario è sceso negli ultimi dieci anni sotto il dieci per cento, mentre venti anni fa gli americani che ne facevano parte avevano un potere d’acquisto anche del venti per cento maggiore di quello medio europeo. È qualcosa di cui non ci rendiamo conto in un’Italia che, invece, ha perso terreno anche nei confronti degli Stati Uniti, al punto che oggi il ceto medio e basso ha redditi tra il 16,1 e il 22,7 per cento inferiori a quello degli americani nelle stesse fasce. Fino alla crisi del 2012 una parte di questi segmenti godeva persino di un potere d’acquisto maggiore di quello americano.

Dati: World Inequality Database

Non è accaduta la stessa cosa negli altri Paesi, il divario tra il benessere di queste fasce e quello dei segmenti americani corrispondenti è rimasto stabile, come in Francia, o è salito di poco, come in Germania, dove è a favore dei tedeschi, oppure si è ridotto moltissimo dove il gap invece era a favore degli americani, come in Polonia. Tra il potere d’acquisto del quinto decile di reddito polacco, quello appena sotto la mediana, e quello del quinto decile americano c’è una distanza del 24,5 per cento, ma venti anni fa era superiore al cinquanta. Per questo sono scese in media le differenze tra Ue e America nelle entrate reali di questi pezzi di società.

Dati: World Inequality Database

Soprattutto, sono scese anche nell’ultimo periodo. Rispetto al 2019 il quinto e il sesto decile, ovvero il venti per cento di americani intorno alla mediana, letteralmente il ceto medio, ha visto un calo dei redditi lordi reali rispettivamente di ottantasette e di centosettantuno euro, cioè dello 0,3 e dello 0,5 per cento. Se il confronto è con il 2018 ci sono stati aumenti sostanziali solo per coloro che fanno parte del terzo decile, del 5,3 per cento. Negli altri casi non solo sono stati molto piccoli, tra lo 0,6 e il 2,5 per cento, e soprattutto inferiori a quelli che si sono visti nell’Ue in media. 

Dati: World Inequality Database

L’inflazione ha colpito duro sui portafogli delle fasce meno abbienti della popolazione americana, che già strutturalmente hanno redditi minori di quelli di chi è nello stesso segmento nell’Europa occidentale e, dato molto rilevante, soffrono di disuguaglianze molto superiori a quelle cui assistiamo in Europa. Persino tra decili di reddito vicini ci sono divari forti: tra il terzo e il sesto negli Stati Uniti le entrate crescono di quasi ventuno mila euro, cioè del 135,6 per cento, in Germania di meno di diciottomila, ovvero dell’85,5 per cento. Cosa su cui riflettere, solo in Italia le differenze tra fasce povere e medie della popolazione sono simili a quelle riscontrate negli Stati Uniti. 

Dati: World Inequality Database

Questi sono i redditi precedenti all’intervento della tassazione o dei trasferimenti statali. Se a essere considerati fossero anche quelli successivi al prelievo fiscale o al ricevimento di sussidi le cose cambierebbero, rispetto al 2019 sia negli Stati Uniti che nell’Ue. In quel caso il potere d’acquisto avrebbe dinamiche più positive quasi per tutti i decili, ma soprattutto in America. Per il ceto medio e basso americano i trasferimenti pubblici e gli sgravi fiscali sia della prima amministrazione Trump che di quella di Biden hanno potuto compensare l’effetto dell’inflazione e dell’insufficiente aumento degli stupendi, con incrementi dei redditi reali tra il 6,1 e il 13,2 per cento tra 2019 e 2022. 

Dati: World Inequality Database

Se l’andamento dei redditi lordi ha provocato l’impopolarità della presidenza Biden a guida democratica il divario tra questi e quelli netti, molto maggiore negli Stati Uniti che in Europa, ha reso probabilmente gli americani delle fasce medio-basse più consapevoli dell’importanza del ruolo della politica nella determinazione del loro potere di acquisto. Hanno quindi avuto successo le promesse semplici di Donald Trump di proteggere il lavoro, prima fonte di reddito, con i dazi, di non aumentare le tasse confermando i tagli fiscali in scadenza della sua stessa amministrazione. Ha vinto la narrazione, che noi italiani conosciamo bene, del «mettere i soldi nelle tasche», in questo caso, degli americani. 

È probabilmente anche per questo che Donald Trump ha guadagnato consenso in modo impressionante tra gli ispanici, che popolano questi decili di reddito. Secondo la Cnn tra gli uomini di questo segmento si è passati da un vantaggio democratico di ventitré punti a uno svantaggio di dodici, tra le donne latine, invece, Kamala Harris ha vinto di ventidue punti, ma Joe Biden aveva prevalso di trentanove nel 2020. 

Si è trattato di un cambiamento che, come si dice adesso, non abbiamo visto arrivare non solo perché i dati macroeconomici, con un prodotto interno lordo americano in grande crescita, +2,8 per cento quest’anno secondo il Fondo Monetario Internazionale, hanno un po’ abbagliato molti, non riflettendo un pezzo di economia reale, ma anche perché è stato un mutamento che ha riguardato fasce che in Europa e soprattutto in Italia conosciamo meno. Gli ispanici, appunto, o gli afroamericani, mentre spesso la percezione del sentiment dell’opinione pubblica americana è filtrata da quello del segmento che è più visibile e fa opinione, quello dei bianchi istruiti, che hanno fatto il college, che difficilmente appartengono ai decili di reddito medio-bassi. Tra questi ultimi Kamala Harris, grazie al voto delle laureate, ha fatto addirittura meglio di Joe Biden, vincendo di sette punti, mentre il presidente uscente aveva avuto un vantaggio di tre e Hillary Clinton nel 2016 aveva addirittura perso.

Se però accantoniamo il discorso etnico e consideriamo quello economico gli Stati Uniti assomigliano sempre di più all’Europa, all’Italia o alla Francia, con i ceti meno abbienti che si stanno spostando su posizioni più conservatrici. Fino a pochi anni fa era un movimento appena accennato, quest’anno è stato eclatante. Per una volta sono gli Stati Uniti a seguire l’Europa in una tendenza, e questo dovrebbe farci riflettere: è la conferma che questo trend, ormai consolidato anche oltreoceano, rappresenta una realtà strutturale destinata a durare. Non svanirà rapidamente, e tanto meno senza un profondo rinnovamento della proposta politica di chi si oppone ai Donald Trump di tutto il mondo.

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