L’offerta pubblica annunciata ieri da Unicredit per scambiare sue azioni con quelle del banco Bpm agita il governo guidato da Giorgia Meloni, trasformandosi da vicenda finanziaria a vicenda anche politica. Un risiko che arriva fino a Siena, visto che Bpm dieci giorni fa si è mossa per acquistare una quota del Monte dei Paschi di Siena e al suo fianco si sono schierati Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin degli eredi di Del Vecchio. Con la benedizione del governo. Un’operazione in cui molti hanno visto la possibile nascita del terzo polo bancario italiano, dopo Unicredit e Intesa Sanpaolo, che però ora potrebbe vacillare.
L’Ops di Unicredit, valutata 10,1 miliardi di euro, cioè 6,657 euro per azione di Banco Bpm, dovrebbe concludersi entro giugno 2025. Ma il primo problema è il prezzo, giudicato troppo basso. Tanto da far registrare fin da subito le reazioni nervose del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e del vicepremier Matteo Salvini. Giorgetti ha espresso cautela, definendo l’operazione «comunicata ma non concordata con il governo» e facendo riferimento al possibile utilizzo del golden power nella valutazione della proposta da parte della banca impegnata contemporaneamente nella operazione sulla tedesca Commerzbank. «A me i monopoli non piacciono mai», ha detto Salvini, che ha parlato di Unicredit come banca «non italiana», chiedendo a Bankitalia di vigilare.
Oggi è prevista una riunione del consiglio di amministrazione di Banco Bpm, durante la quale è attesa la prima informativa sull’operazione da parte dell’ad Giuseppe Castagna, che con molta probabilità respingerà l’offerta.
Il governo, utilizzando il golden power – ovvero lo strumento di legge che consente allo Stato di intervenire su acquisizioni, fusioni, incorporazioni di aziende considerate strategiche – può inserire delle condizioni ma non bloccare la fusione.
L’operazione è programmata per concludersi a giugno 2025, proprio quando secondo Unicredit dovrebbero essere scomparse tutte le incertezze sull’operazione Commerzbank, ostacolata finora dal governo tedesco. A febbraio 2025 si terranno le elezioni anticipate in Germania. Intanto Unicredit resta maggiore azionista di Commerzbank con il 9,2 per cento e un 11 per cento di derivati, ma punta a salire fino al 29,9 per cento dopo l’ok della Banca centrale europea.
Resta il problema del prezzo dell’offerta di Unicredit sulle azioni di Bpm, giudicato troppo basso. L’ad di Unicredit Andrea Orcel potrebbe alzare la valutazione per chiudere l’acquisto. Scompigliando così i piani del governo di portare Mps, tradizionale feudo creditizio della sinistra, in una costellazione finanziaria vicino alla destra.