Al di là del mareLa storia dell’Albania è ancora tutta da scrivere

Il Paese balcanico deve fare con urgenza due cose: smantellare le strutture patriarcali, che continuano a opprimere le donne e i giovani, e creare un ambiente che possa favorire la partecipazione attiva di tutti i cittadini. Le nuove generazioni hanno già iniziato a farlo

AP/Lapresse

Questo è un articolo del nuovo numero di Linkiesta Magazine, con gli articoli di World Review del New York Times. Si può comprare già adesso, qui sullo store, con spese di spedizione incluse. E dal 25 novembre anche in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia.

Nel cuore dei Balcani, l’Albania è una terra di contrasti, dove la memoria di un passato tumultuoso si scontra con le aspirazioni di un futuro incerto. Liberatasi dal giogo della tirannia di Enver Hoxha, che ha segnato la storia del Paese per oltre quarant’anni, l’Albania affronta ora una sfida cruciale: come riconoscere e affermare la propria libertà in un contesto in cui le donne e i giovani lottano per farsi sentire, spesso invisibili ai margini del dibattito pubblico.

Storicamente, le donne albanesi hanno rappresentato la spina dorsale invisibile della società. Dai tempi delle tribù illiriche, fino all’epoca moderna, il loro ruolo è stato quello di custodi delle tradizioni, ma spesso a un prezzo inaccettabile. Secondo i dati di un rapporto dell’UN Women, le donne in Albania guadagnano in media il 17 per cento in meno rispetto agli uomini e affrontano una diffusione allarmante della violenza domestica, con il 23 per cento delle donne che dichiara di aver subito abusi fisici o sessuali nel corso della vita.

Sebbene la Costituzione albanese riconosca l’uguaglianza di genere, in molte aree rurali le libertà femminili sono ancora subordinate a una cultura patriarcale: le tradizioni legate al Kanun di Lekë Dukagjini, un codice consuetudinario che ha regolato per secoli la vita sociale, relegano le donne a una posizione subalterna, trattandole come oggetti piuttosto che come soggetti di diritto. Eppure, la narrazione delle donne albanesi non è solo una storia di oppressione, ma anche di resilienza e resistenza.

Durante la dittatura di Hoxha, le donne erano definite “eroine del lavoro socialista”. Nonostante le apparenze, questo appellativo nascondeva una forma di sfruttamento. Oggi, mentre le contraddizioni rimangono evidenti, molte donne stanno reclamando la loro esistenza, sfidando le norme tradizionali che le hanno tenute in silenzio per troppo tempo. La voce di Etty Hillesum, che affermava che «la vera libertà non è una questione di potere, ma di essere in grado di esistere in modo autentico» risuona in questo contesto, ispirando donne che lottano per il riconoscimento dei loro diritti e della loro dignità.

Accanto a loro, i giovani albanesi vivono una condizione di alienazione. Con un tasso di disoccupazione giovanile che, secondo le statistiche dell’International Labour Organization, sfiora il 32 per cento, molti giovani si trovano costretti a emigrare in cerca di opportunità e dignità. Questa fuga non è solo economica, ma rappresenta una crisi culturale profonda. Dall’inizio del 2000, sono circa un milione gli albanesi che hanno lasciato il Paese, portando con sé non solo le loro competenze, ma anche la promessa di un futuro che l’Albania fatica a garantire. La perdita dei giovani talenti impoverisce il Paese. E molti di coloro che restano abbandonano gradualmente le loro radici culturali, abbracciando modelli di vita e di pensiero imposti dall’esterno. La globalizzazione, se da un lato apre opportunità, dall’altro minaccia di appiattire la diversità culturale, privando la nazione della sua linfa vitale: la società rischia di diventare uniforme, privando il Paese della sua unicità.

Tuttavia, in questo panorama desolante emergono dei segnali di speranza. Movimenti giovanili, artisti e attivisti stanno riscoprendo le proprie radici e trasformando la cultura in uno strumento di contestazione. Le piazze albanesi si animano di dibattiti e manifestazioni, testimoniando la voglia di cambiamento di una generazione che rifiuta di rimanere silenziosa. La diffusione di Internet e dei social media ha aperto spazi di comunicazione e resistenza, permettendo ai giovani di condividere le proprie esperienze e di creare comunità.

In questo contesto, è fondamentale riconoscere il ruolo centrale delle donne. Le giovani albanesi non sono più semplici partecipanti, ma leader nei movimenti sociali e culturali. E, attraverso la loro partecipazione attiva, stanno ridefinendo le norme e i ruoli di genere, rompendo i silenzi che per troppo tempo hanno caratterizzato le loro vite. I loro sforzi vengono amplificati dai social media, dove possono raccontare le loro storie e le loro aspirazioni a un pubblico più vasto.

Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga. La disillusione è palpabile e molti giovani, di fronte a un sistema che sembra ignorarli, oscillano tra ribellione e rassegnazione. Secondo una ricerca dell’Institute for Nature Conservation in Albania, il 57 per cento dei giovani intervistati si sente disilluso riguardo al proprio futuro nel Paese. L’assenza di opportunità concrete e la persistenza della corruzione alimentano un sentimento di impotenza che può facilmente trasformarsi in apatia.

La sfida per l’Albania del futuro è quindi duplice: da un lato, vi è la necessità di affrontare e smantellare le strutture patriarcali che continuano a opprimere le donne e i giovani; dall’altro, c’è l’urgenza di creare un ambiente che favorisca il dialogo, l’uguaglianza e la partecipazione attiva di tutti i cittadini. La storia albanese è ancora da scrivere, e dipende dalla capacità delle nuove generazioni non solo di sognare ma anche di realizzare un’Albania in cui ogni voce possa essere ascoltata e ogni vita possa essere vissuta con dignità.

In questo momento cruciale, l’Albania si presenta come un laboratorio di speranza, resistenza e trasformazione. Le lotte delle donne e dei giovani non sono semplicemente questioni locali, ma riflettono tensioni globali più ampie. Mentre il Paese cerca di navigare tra passato e futuro, la determinazione di queste voci emergenti rappresenta un passo fondamentale verso una società più giusta e inclusiva. La loro lotta è un invito a riflettere sulla vera essenza della libertà e dell’identità, non solo per l’Albania, ma per il mondo intero.

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