Ancora una volta, di fronte all’ennesima carnevalata psico-politica messa in scena da Beppe Grillo, con lui al volante di un carro funebre che dice cose come «noi siamo quelli che aspettavamo di essere, ci siamo, ho un’idea che vi svelerò dopo», come «il Movimento è morto, stramorto, però è compostabile, l’humus che c’è dentro non è morto», come «eravamo d’accordo col mago di Oz», come «portare avanti i discorsi di una narrazione del futuro», talk show e giornali si arrovellano, discettano e dibattono su significato politico e implicazioni strategiche di questo cumulo di stronzate (non compostabili).
Dimostrandosi molto più fessi di lui, che mai nemmeno per un momento si è bevuto neanche una delle trovate che per anni ha rifilato a tutti, adepti e avversari, politici e giornalisti, sostenitori scalmanati e sofisticati analisti. Direi anzi che per i discorsi di Grillo si dovrebbe rovesciare il vecchio detto. In questo caso, quando il comico indica la politica, il saggio guarda il dito. Il punto non è mai quello che dice, semmai come lo dice, sta nella messa in scena stessa, nei toni e nelle emozioni di una rappresentazione che è anzitutto uno sfregio deliberato alle regole e alle convenzioni del dibattito pubblico, a cominciare dal principio di non contraddizione.
Non è che Grillo possa permettersi persino il lusso di pronunciare affermazioni sconclusionate e contraddittorie. Al contrario, il carattere sconnesso e sconclusionato di tutti i suoi discorsi è l’ingrediente essenziale, è l’unica cosa che proprio non può mancare mai, è il primo segnale della sua diversità e della sua irriducibilità al balbettio del normale dibattito politico, basato su esposizione e confutazione di argomenti razionali. Cercare di tradurlo in quei termini, spiegando che «il mago di Oz» sarebbe Conte e che l’humus sarebbero i valori autentici del movimento, o il simbolo di cui intende riappropriarsi, o quel che vi pare, significa continuare a scambiare il dito con la luna.
La tragedia è che in questi anni la politica italiana si è tutta largamente grillizzata, e così gli stessi giornali e talk show. Questa è l’unica, autentica, storica vittoria di Grillo, che assieme a Gianroberto Casaleggio è stato tra i pionieri di quei metodi, argomenti e tecniche (anche informatiche) che nel 2016 hanno contribuito alla Brexit e all’ascesa di Donald Trump, e ancora oggi avvelenano la politica globale. Quanto al merito della sua diatriba con Giuseppe Conte, che ieri gli ha risposto con un altro video, più noioso, confermo la mia personale interpretazione: al di là di questioni minori e giochi di parole, i due sono completamente d’accordo su tutto, tranne su chi comanda.
Leggi l’articolo di Mario Lavia su questo argomento