Da lunedì 16 a giovedì 19 dicembre una delegazione della redazione di Europhonica si è ritrovata a Strasburgo per seguire la plenaria del Parlamento europeo. Non è stata come le altre volte, perché sono passati sei anni esatti dall’evento che più di tutti ha segnato la storia del programma radiofonico universitario. L’11 dicembre 2018 Antonio Megalizzi e Bartosz “Bartek” Orent-Niedzielski vedevano la loro giovane vita troncata da una cieca furia omicida proprio tra le vie del centro di Strasburgo, dove insieme a decine di altre persone si stavano godendo l’atmosfera unica dei tradizionali mercatini natalizi. Pochi attimi, un rumore assordante e cinque vite spezzate per sempre, comprese quelle dei nostri due colleghi.
Chi anima oggi la redazione italiana di Europhonica, il format nato nel 2015 per riunire circuiti radiofonici universitari europei, non ha avuto la possibilità di incontrare direttamente Antonio e Bartek ma ha imparato a conoscerli attraverso i racconti e gli aneddoti, leggendo i loro nomi all’ingresso degli studi radiofonici che il Parlamento europeo ha scelto di dedicargli ma soprattutto attraverso la loro voce, riascoltando più e più volte estratti audio di podcast che sembrano essere appena usciti dalla sala di registrazione per via della loro sconvolgente attualità.
Tante volte in questi sei lunghi anni, vissuti al fianco della Fondazione Antonio Megalizzi e dell’associazione Maison de Bartek, Europhonica ha scelto di glissare l’invito a partecipare alla plenaria di dicembre: troppo l’impatto emotivo in chi di Antonio e di Bartek era amico, prim’ancora che collega. Stavolta, due anni dopo l’ultima presenza “natalizia”, abbiamo capito che esserci sarebbe stato il modo migliore per onorare la loro passione e tenerla viva, per sempre, come invita a fare il motto della maratona radiofonica “Non fermiamo questa voce” che ogni anno va in onda proprio nel mese di dicembre in ricordo di quel tragico giorno del 2018.
E così siamo partiti alla volta di Strasburgo, una località non semplice da raggiungere soprattutto dall’Italia: pochissimi voli diretti, spesso molto costosi, lunghe tratte in autobus non sempre comodissime oppure i treni che attraversano tutta la Svizzera, con l’incognita delle coincidenze. Niente di tutto questo ci ha impedito di essere presenti e anzi, consapevoli dell’importanza di portare avanti il sogno europeo di Antonio e Bartek, abbiamo scelto di impegnarci come forse non avevamo mai fatto per realizzare un doppio evento in loro memoria: una diretta radiofonica di due ore «live from Strasbourg», come usiamo dire quando siamo qui, e poi una tavola rotonda per affrontare le sfide della professione giornalistica insieme a esperti professionisti e componenti delle istituzioni, compreso chi aveva conosciuto i nostri colleghi appena qualche ora prima della strage.
Appena arrivati, lunedì pomeriggio, le parole con cui la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha aperto la sessione plenaria ci hanno subito fatto capire che essere lì era davvero la decisione più giusta: «Antonio e Bartek sono due eroi europei, e non finiremo mai di ricordarli e ringraziarli». In un discorso breve, durato poco meno di dieci minuti, ascoltare il ricordo dei nostri colleghi tra la preoccupazione per la situazione in Siria e per l’emergenza democratica della Georgia ci ha fatto rendere conto che sì, il loro nome rappresenta davvero qualcosa per cui valga la pena impegnarsi al massimo.
Martedì mattina è stata poi la volta di un momento di commemorazione da parte di una folta delegazione di eurodeputati appartenenti a ogni gruppo politico, dai socialisti ai popolari, senza esclusione di sorta: davanti agli studi radiofonici, proprio sotto alle insegne dorate che portano i nomi di Megalizzi e Orent-Niedzielski, la presidente Metsola ha nuovamente sottolineato l’impegno di due giovani innamorati dell’Europa, la cui «eredità dev’essere un impegno incrollabile per i nostri valori». A parlare per i tanti presenti è stato Sandro Ruotolo, eurodeputato con alle spalle una lunga carriera nel mondo dell’informazione: «Quando muore un giornalista muore anche un pezzo di tutti noi che crediamo nei valori della democrazia» il punto chiave del suo discorso, a cui ha fatto seguito la lettura del comunicato trasmesso dalla fondazione intitolata ad Antonio Megalizzi e attualmente presieduta da sua sorella Federica.
Ed eccoci arrivati a mercoledì 18, giorno in cui le radio universitarie di tutta Italia e non solo hanno ricordato i nostri colleghi: dopo aver fatto notte fonda per definire gli ultimi dettagli della scaletta da consegnare a Bértrand, il nostro tecnico di fiducia da anni vicino al progetto, la sveglia suona presto perché non possiamo tardare, siamo in onda dalle dieci a mezzogiorno. Due ore di diretta radiofonica come non facevamo da tempo, dal momento che la radio di flusso ha ceduto sempre più il passo al podcasting e alla realizzazione di contenuti fruibili in ogni momento: per noi, però, essere a Strasburgo ha significato necessariamente prendersi una pausa da tutto, rallentare il tempo fino a fermarlo per ricordare e onorare la memoria di Antonio e Bartek facendo ciò che ci viene meglio, parlare al microfono. Lo abbiamo fatto ospitando eurodeputati provenienti da ogni fazione politica, ascoltando estratti dei vecchi podcast di Europhonica e chiacchierando tra noi sul significato di essere tornati lì, dove per i nostri colleghi il tempo si è drammaticamente fermato a quell’11 dicembre di sei anni fa.
Chiudiamo la diretta dagli studi radio ma la nostra maratona continua: c’è un evento da preparare nel pomeriggio. “Chi vuol essere giornalista?” è il titolo della tavola rotonda a cui partecipano Carlo Corazza, direttore dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia, e Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento che da tempo segue le tematiche legate alla comunicazione e alla libertà di stampa, come testimonia il suo impegno legato alla vicenda di Daphne Caruana Galizia e del premio per il giornalismo d’inchiesta intitolato alla memoria della reporter maltese.
Sediamo di fianco a chi, negli anni, ha vissuto la vicenda di Antonio e Bartek in prima persona per poi farsi carico dell’impegno di onorarne la memoria, anche se le sfide della professione rimangono un nervo scoperto nel mondo dell’informazione di oggi: Picierno sottolinea «l’esempio luminoso di due giovani innamorati dell’Europa», il cui ruolo di giornalista richiama quella «salvaguardia della democrazia» che per Corazza contraddistingue la professione nel contesto europeo e globale. La riflessione vira poi proprio sul tema delle difficoltà che contraddistinguono chi sogna di intraprendere la via del giornalismo: il titolo scelto per l’evento, infatti, se da un lato richiama tutti coloro che investono tempo e risorse per inseguire questo sogno, dall’altro evidenzia le tante difficoltà che rischiano di spingere a dire “ma chi me lo fa fare?”.
Da dieci anni Europhonica ha l’opportunità di vivere e raccontare le dinamiche delle istituzioni dall’interno, grazie al supporto del Parlamento che non ha mai fatto mancare la vicinanza al nostro progetto – e di questo ne siamo infinitamente grati. Siamo altrettanto convinti, però, che nonostante gli strumenti messi in campo dall’Unione europea in materia di tutela verso il giornalismo, dalle misure anti slapp fino al Media Freedom Act, persistano numerose sfide ancora da vincere, su tutte la sostenibilità economica in un settore che troppo spesso risulta incapace di riconoscere un’equa retribuzione a garanzia dell’indipendenza da condizionamenti esterni, specie per i più giovani o per i professionisti più isolati, che operano da freelance o all’interno di redazioni piccole in territori spesso difficili, all’estero ma anche in Italia.
Tra gli interventi di eurodeputati e giornalisti, c’è tempo per riascoltare ancora una volta la voce dei nostri colleghi e per renderci conto che le loro parole, scritte e pronunciate oltre sei anni fa, hanno la forza di apparire attuali anche a grande distanza di tempo. Sintomo che i problemi che affliggono il mondo e la nostra Europa, tra guerre, tensioni ai confini e persone in transito da una parte all’altra del globo, costituiscono dinamiche impossibili da “risolvere” ma, al contempo, impongono approcci risoluti e determinati. Che l’Unione europea non ha mancato di adottare dal 2018 ad oggi, sia pure nella consapevolezza che l’evoluzione del contesto internazionale richieda uno sforzo enorme per non fermarsi mai. Proprio come il nostro impegno a tenere acceso il ricordo di Antonio Megalizzi e Bartosz Orent-Niedzielski e a non fermare mai la loro voce.
Simone Matteis è il responsabile editoriale di Europhonica