Shopping esperenzialePerché i temporary store sono una strategia vincente per attirare i consumatori

Come spiegano Francesco Giorgino e Marco Mazzù in “Brand Telling” (Egea), la presenza di un negozio temporaneo genera l’attesa di avere all’interno assortimenti di prodotti limitati e suscita il timore di perdere un’opportunità (il cosiddetto rimpianto anticipato), stimolando l’acquisto sia di beni standard che esclusivi

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Negli ultimi anni, una delle strategie di BrandTelling più pervasive è stata quella di sfruttare le opportunità offerte dai temporary store. Nonostante i temporary store siano da molo tempo presenti nella pratica distributiva e collegati alle tipologie tradizionali di negozi stagionali, come gli street markets, i mercati di Natale e simili, lo sfruttamento di queste occasioni di incontro con i consumatori è incrementata notevolmente quando i brand hanno iniziato a sfruttare momenti di elevata attrazione di potenziale pubblico target in occasioni speciali. 

Uno dei primi esempi è stato Target, brand nordamericano durante un Black Friday di qualche anno fa. Ma quale è il vero contributo di un temporary store al sistema di BrandTelling dell’azienda? La ricerca spiega in maniera interessante perché questo format consolida e amplifica la ricerca di shopping esperienziale facendo leva su una serie di elementi ben valorizzabili dai sistemi di BrandTelling. 

Il primo è l’ephemerality, ovvero la sua stessa essenza di essere transitorio, che stimola atteggiamenti e comportamenti specifici. Il consumatore incrementa l’attenzione perché sa già che l’esperienza potrà essere fruita solo nel breve tempo. Il secondo, ben segnalato dalla letteratura scientifica, è l’anticipo che la sola presenza del negozio fornisce del senso di scarcity, non solo temporale, ma anche di prodotto. In altre parole, la presenza di un pop-up genera l’attesa di avere all’interno assortimenti di prodotti limitati, che a sua volta stimola l’intenzione di visitare il negozio. 

Attraverso l’anticipated regret (rimpianto anticipato), la dimensione limitata del tempo del negozio influisce positivamente sugli acquisti di prodotti standard ma non di quelli esclusivi. Tale effetto è inoltre amplificato da alcuni tratti di personalità specifici, come il bisogno di unicità (Nfu). Il rimpianto anticipato è una reazione emotiva negativa che gli individui sperimentano come risultato del confronto tra il risultato atteso della loro decisione di non agire e il risultato che avrebbero sperimentato se avessero agito.

I consumatori con un basso bisogno di unicità rispondono al rimpianto anticipato indotto dall’effimerità del negozio con un aumento degli acquisti di prodotti standard nei negozi pop-up e una lieve diminuzione degli acquisti di quelli esclusivi.

Al contrario, i consumatori con un alto bisogno di unicità rispondono al rimpianto anticipato indotto dall’effimero del negozio con acquisti marginalmente aumentati di prodotti esclusivi ma anche di prodotti standard, sebbene quest’ultimo effetto sia minore rispetto a quello dei consumatori con un basso Nfu. Inoltre, sempre la ricerca, ci fa capire un altro fenomeno importante. 

La retail experience differenziante, aumentata dall’effetto di breve temporalità, rafforza e migliora l’esperienza con il Brand. A sua volta, tale effetto migliorativo, genera passaparola positivo, elemento centrale da stimolare con queste iniziative. Il temporary store con una esperienza ottimale, diventa quindi un amplificatore importante del passaparola e della autopercezione in alcuni individui target dei brand. Infine, il potenziale di questi spazi di consumo temporanei dà la possibilità di costituire e plasmare le relazioni e le esperienze future dei consumatori orientate al marchio.

Adottando una prospettiva «territoriale», centrale data la scelta della location, di fatto vengono creati «territori» temporanei di esperienza del brand, che possono essere differenziati da altri «territori» di esperienza di marca, tradizionalmente concepiti. Inoltre, è possibile comprendere e valutare criticamente nuovi territori di vendita al dettaglio in situazioni spazio-temporali più «fluide», che compattano e comprimono ambienti interni, esperienze e stimoli, quindi atti anche alla sperimentazione e alla co-creazione con i consumatori. 

Il successo di tale format è testimoniato dalla vasta adozione da parte di aziende di più settori, tra loro molto distanti: dal wine tasting ai cosmetici, dall’abbigliamento lifestyle o sportivo, al food, alla vendita di occhiali, fino agli anticoncezionali e alle serie tv o ai film di culto. La presenza dei pop-up permette, proprio grazie alla loro caratteristica temporale limitata, di alterare e integrare decision journey consolidati, permettendo sperimentazione e innovazione, senza i tradizionali vincoli di categoria. 

La presenza in luoghi ad alta potenziale concentrazione di clienti potenziali (i cosiddetti hotspots), nonostante i costi di set-up e affitto spazi possano essere talvolta elevati, stimola tre fattori chiave, come evidenziato dalle ricerche, ovvero: (a) un deciso incremento brand awareness, (b) la creazione di connessione con nuovi potenziali consumatori e possibilità di sperimentare brand e prodotto, (c) la possibilità di poter introdurre nuovi brand e prodotti, dando avvio al ciclo di vita di prodotto stimolando gli early users e, come evidenziato, lo stimolo del passaparola. Il format permette quindi di dispiegare al meglio il potenziale del sistema di BrandTelling, concentrandolo in una fascia temporale e spaziale ben definita e associandolo agli elementi positivi della parte esperienziale dell’acquisto.

Tratto da “BrandTelling” di Francesco Giorgino e Marco Mazzù, Egea, 456 pagine, 38,99 euro

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