La linea russaPutin alza la tensione nucleare perché teme di perdere la guerra in Ucraina

La decisione del Cremlino di aggiornare la dottrina sull’uso della bomba atomica è l’ennesimo bluff per compensare le difficoltà militari e per dissuadere l’Occidente dal fornire ulteriore sostegno a Kyjiv. Con questo strumento estremo di pressione politica, Mosca punta a ottenere quei risultati che non riesce a conseguire sul campo di battaglia

Unsplash

Questo autunno, la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha raggiunto una fase critica. Da un lato, la vittoria di Donald Trump ha alimentato molte voci riguardo ai futuri sforzi degli Stati Uniti per fare pressione su Russia e Ucraina affinché raggiungano un accordo di pace; dall’altro si è avverata l’attesa decisione dell’amministrazione Biden di consentire all’Ucraina di effettuare attacchi in profondità nel territorio russo. Questa decisione è stata emulata dai governi di Francia e Regno Unito, che hanno mostrato una certa convergenza nel voler dare a Kyjiv almeno un vantaggio maggiore sul campo di battaglia. Ma il consenso generale tra gli esperti è che queste autorizzazioni non sposteranno in modo decisivo l’equilibrio della guerra a favore di Kyjiv. Anche se questi attacchi in profondità sono consentiti solo nell’oblast di Kursk, la decisione ha probabilmente rafforzato le preoccupazioni di Mosca, da tempo dibattute, sul fatto che la sua deterrenza nucleare non stia funzionando.

La riapertura del dibattito sulla deterrenza nucleare russa
Il dibattito sulla deterrenza nucleare russa è stato riaperto nell’estate del 2023 da Sergey Karaganov, capo del Consiglio per la Politica Estera e di Difesa, il quale ha affermato che l’Occidente non teme più la guerra nucleare e che bisognerebbe risvegliare questo timore attraverso un uso crescente e progressivo delle armi nucleari contro i membri della Nato che sostengono l’Ucraina. Questa dichiarazione rivela la frustrazione di Mosca nei confronti dell’efficacia delle sue minacce nucleari, che la Russia utilizza regolarmente dall’invasione dell’Ucraina del 2022 per ridurre il sostegno occidentale a Kyjiv.

L’invasione russa dell’Ucraina è stata accompagnata fin dall’inizio da avvertimenti nucleari. Questi avvertimenti puntavano a tracciare delle “linee rosse” per l’Occidente in questa guerra, suggerendo che attraversarle avrebbe potuto portare a un’escalation nucleare da parte della Russia. Tale avvertimento nucleare può essere classificato in due categorie. La prima mira a dissuadere un coinvolgimento diretto dell’Occidente nella guerra (utilizzando le armi nucleari come scudo per l’aggressione convenzionale russa), come suggerito dal discorso televisivo di Putin che ha dato inizio alla guerra il 24 febbraio 2022. La seconda categoria è la coercizione, volta a impedire ai partner occidentali dell’Ucraina di fornire a Kyjiv armi a lungo raggio capaci di colpire il territorio russo. Questo messaggio è stato inviato dalla Russia nel maggio 2022, definendo «intollerabile» la fornitura di sistemi a lungo raggio a Kyjiv e minacciando poi, a giugno, di colpire i centri decisionali in risposta.

Inizialmente, nel maggio 2023, il presidente Biden rispose a Putin dichiarando di non avere intenzione di fornire armi a lungo raggio all’Ucraina (Atacms). Tuttavia, nell’estate del 2023, Regno Unito e Francia fornirono all’Ucraina missili Storm Shadow/Scalp, mentre nell’autunno del 2024 i primi Atacms furono trasferiti a Kyjiv dagli Stati Uniti. Questi sviluppi hanno scatenato a Mosca una nuova ondata di preoccupazione riguardo all’inefficacia degli avvertimenti nucleari russi.

Il continuo ricorso della Russia alle minacce nucleari durante la guerra ha finito per indebolirne la credibilità, alimentando il dibattito sull’escalation. Se nel discorso autunnale del 2023 al Valdai Putin rassicurava i cittadini russi che non servivano modifiche alla dottrina nucleare del 2020, al Valdai del 2024 il clima era completamente diverso, con Putin che annunciava la necessità di aggiornare la dottrina nucleare russa. Per molteplici  ragioni. 

Anzitutto, l’invasione ucraina dell’oblast di Kursk ha rappresentato di fatto la prima conquista di territorio russo dal dopoguerra, un evento che Putin non è riuscito né a prevenire né a fermare con efficacia. Per questo, è stata spesso vista come un segnale di debolezza del Cremlino.

Inoltre, il crescente dibattito in Occidente sull’autorizzazione all’Ucraina di colpire territori russi con armi occidentali ha sempre suscitato grande preoccupazione a Mosca. In particolare, il rischio di attacchi in profondità contro città russe è stato considerato dagli esperti russi come la vera linea rossa per il Cremlino. In questo contesto, l’autorizzazione data dai principali sostenitori occidentali all’Ucraina di colpire l’oblast di Kursk è stata vista come una tendenza pericolosa, con il potenziale di provocare un’ulteriore escalation.

Alla luce di queste preoccupazioni, l’aggiornamento della dottrina nucleare russa pubblicato il 19 novembre 2024 conferma che le autorità russe hanno riconosciuto la necessità di ravvivare la paura nucleare in Occidente, iniziando con un abbassamento della soglia nucleare, come proposto da Sergej Karaganov a Putin durante l’incontro del Valdai nel 2023. La dottrina stessa può essere articolata in tre punti: (i) una definizione degli avversari contro i quali la Russia potrebbe usare le sue armi nucleari; (ii) una definizione dei rischi che la deterrenza nucleare russa mira a neutralizzare; (iii) condizioni aggiornate per l’uso delle armi nucleari.

I potenziali avversari della Russia
Partendo dal primo punto, la dottrina aggiornata definisce come «potenziale avversario» quei «singoli Stati e coalizioni militari (blocchi, alleanze) che considerano la Federazione Russa un potenziale avversario e possiedono armi nucleari e (o) altri tipi di armi di distruzione di massa o significative capacità di combattimento delle forze convenzionali». In questo senso è un monito per l’Ucraina, che ha dichiarato la Russia come suo avversario a livello dottrinale. Mosca potrebbe usare armi nucleari contro Kyjiv se continuerà a intensificare gli attacchi in profondità con successo nel territorio russo.

Questa affermazione è rafforzata dall’Articolo 11 della dottrina, secondo cui «l’aggressione contro la Federazione Russa e (o) i suoi alleati da parte di qualsiasi stato non nucleare con la partecipazione o il supporto di uno stato nucleare è considerata come un attacco congiunto». Queste dichiarazioni trasmettono diversi messaggi impliciti: oltre a prendere di mira l’Ucraina, puntano anche ad alcuni stati della Nato che sostengono apertamente Kyjiv “fino a quando sarà necessario” e che vengono quindi aggiunti alla lista degli avversari della Russia.

Il 21 novembre, quasi immediatamente dopo il primo attacco ucraino contro l’oblast di Kursk con missili occidentali e due giorni dopo la pubblicazione della nuova dottrina nucleare, Mosca ha cercato di dimostrare la propria determinazione per un’ulteriore escalation utilizzando il missile a medio raggio Oreshnik contro la città ucraina di Dnipro. Questo attacco è stato accompagnato da un discorso pubblico di Putin, il quale ha commentato che l’operazione è stata eseguita in risposta all’uso da parte dell’Ucraina di missili Atacms e Storm Shadow contro il territorio russo di Kursk e Bryansk: «Da quel momento in poi [cioè, dopo l’attacco a Kursk con missili occidentali], come abbiamo ripetutamente sottolineato nelle comunicazioni precedenti, il conflitto regionale in Ucraina provocato dall’Occidente ha assunto elementi di natura globale», suggerendo così che la Russia ha iniziato a considerare gli stati della Nato come parte del conflitto.

Il messaggio importante è che ogni dottrina militare russa contiene l’idea della possibilità di usare armi nucleari in guerre regionali o su larga scala. Pertanto, riferirsi alla guerra in Ucraina come a un conflitto con elementi di “natura globale” suggerisce che la possibilità di un uso delle armi nucleari da parte della Russia non è così remota.

In secondo luogo, la dottrina nucleare ha inviato anche un forte segnale al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che dall’inizio della guerra ha cercato di evitare un’escalation nucleare con la Russia. Gli aggiornamenti della dottrina nucleare sono stati introdotti per rafforzare la capacità di coercizione della Russia, che negli ultimi anni sembrava progressivamente perdere efficacia. Parallelamente, hanno ampliato il divario e le contraddizioni tra l’amministrazione statunitense in carica e quella entrante, poiché gli alleati di Trump hanno espresso preoccupazione per la decisione di Biden di autorizzare l’Ucraina a colpire l’oblast di Kursk, che secondo loro minaccerebbe di scatenare una terza guerra mondiale. Dunque, abbassare la soglia nucleare è anche un modo per esercitare maggiore pressione sulla nuova amministrazione statunitense durante i futuri negoziati di pace sull’Ucraina annunciati da Trump.

Rischi e linee rosse
L’obiettivo dichiarato della deterrenza nucleare russa è neutralizzare determinati rischi che «possono evolvere in minacce militari per la Federazione Russa». Tra questi, si trovano questioni rilevanti emerse durante la guerra in Ucraina, come il «crearsi di nuove o l’espansione di coalizioni militari esistenti (blocchi, alleanze), che portino all’avanzamento della loro infrastruttura militare fino ai confini della Federazione Russa». Questo punto si riferisce chiaramente all’aspirazione ufficiale dell’Ucraina di aderire all’Alleanza Atlantica, così come alla dichiarazione ripetuta durante il vertice Nato di Washington secondo cui «il futuro dell’Ucraina è nella Nato» (ovviamente, senza alcun riferimento a date o termini precisi).

Un altro rischio menzionato nella dottrina lancia un avvertimento all’Ucraina, mettendola in guardia dal «circondare una parte del territorio della Federazione Russa, incluso il blocco dell’accesso alle vitali comunicazioni di trasporto». Questo riferimento è chiaramente rivolto alle dichiarazioni ucraine sulla determinazione a distruggere il ponte di Crimea, il cui crollo isolerebbe la connessione della Russia con la penisola. I funzionari russi hanno ripetutamente definito la distruzione del ponte come la linea rossa del conflitto.

Il casus belli nucleare
Di fatto, gran parte del testo della nuova dottrina è stato ereditato dalla Dottrina Nucleare del 2020. La principale novità è l’inclusione di una nuova condizione per l’impiego di armi nucleari da parte della Russia, ovvero «un’aggressione contro la Federazione Russa e (o) la Repubblica di Bielorussia […] con l’impiego di armi convenzionali, che crei una minaccia critica alla loro sovranità e (o) integrità territoriale». Un precedente di questo tipo esiste già con l’occupazione ucraina della regione di Kursk, che potrebbe essere considerata critica dai funzionari russi.

L’ambiguità intenzionale presente nella dottrina mira a instillare dubbi ragionevoli nelle menti dell’Ucraina e dei suoi sostenitori su quanto lontano possano spingersi nel mettere alla prova la determinazione russa. Questa ambiguità, che ruota attorno alla nozione di minaccia critica, è progettata per aumentare la credibilità della deterrenza. Tuttavia, non aggiunge nulla di sostanzialmente nuovo rispetto all’idea, più volte ribadita, che l’integrità territoriale e la sovranità russa siano i principali valori protetti dalla deterrenza nucleare.

La Dottrina Nucleare del 2020 prevedeva già che una violazione dell’integrità territoriale russa costituisse una clausola per l’attivazione delle disposizioni nucleari. L’occupazione ucraina dell’oblast di Kursk ha superato quella linea rossa, dimostrando che alcune delle condizioni dichiarate nelle dottrine sono relative e possono essere messe in discussione entro certi limiti. L’altra nuova aggiunta alla dottrina del 2024, già annunciata dal presidente russo nel settembre 2024, riguarda la «ricezione di dati affidabili sul lancio (decollo) massiccio di mezzi di attacco aereo e spaziale […] e il loro attraversamento del confine di Stato della Federazione Russa» come casus belli nucleare.

La parola chiave qui è «lancio massiccio», che introduce nuovamente un certo grado di ambiguità sulla portata del lancio necessaria per giustificare l’uso di armi nucleari. Questa linea rossa appare piuttosto fragile poiché viene regolarmente minata dai droni e dagli attacchi missilistici ucraini, erodendo così, nel tempo, la credibilità delle minacce del Cremlino.

Una valutazione critica
Riassumendo la nuova edizione della dottrina nucleare russa, emergono diversi sforzi dietro la sua elaborazione. Da un lato, l’idea di resuscitare la paura di una guerra nucleare in Occidente si cela dietro i nuovi punti introdotti nella dottrina. Secondo l’aggiornamento, il presidente russo può considerare l’uso di armi nucleari contro l’Ucraina o la Nato in qualsiasi momento, poiché le principali disposizioni del documento definiscono la natura dell’avversario, la minaccia e le circostanze specifiche per l’impiego delle armi nucleari in termini molto vicini alla situazione attuale del conflitto. In effetti, la dottrina afferma che le armi nucleari vengono utilizzate come ultima risorsa, e la criticità della maggior parte dei casi in cui possono essere impiegate dipende da ciò che viene percepito come una minaccia vitale per la Russia.

La principale novità rispetto alla dottrina del 2020 è che la soglia nucleare è stata abbassata dal livello esistenziale a quello critico. A sua volta, il livello di criticità è definito dal presidente russo indipendentemente da cosa sia minacciato: l’esistenza dello Stato o i suoi interessi vitali, che possono estendersi oltre i confini legittimi. Questo abbassamento trasformativo della soglia nucleare è stato innescato dall’invasione russa dell’Ucraina e dalla crescente ambizione di Mosca di persuadere l’Occidente che questa guerra è di importanza vitale per lo stato russo.

Analizzando la dottrina, bisogna ricordare che uno dei suoi elementi chiave è la dichiarazione di minaccia rivolta all’Occidente, intesa principalmente a ottenere risultati politici: ossia, minare il sostegno occidentale all’Ucraina o, quantomeno, ampliare il divario tra i sostenitori e i non sostenitori di Kyjiv in Occidente.Più specificamente, la nuova dottrina nucleare mira a fomentare il dibattito esistente tra le due amministrazioni statunitensi e a incrinare la coesione tra gli alleati della Nato nel loro impegno a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario.

Di fronte a questo scenario, il compito principale dell’Occidente sarà definire una strategia adeguata per affrontare la nuova dottrina nucleare russa. L’obiettivo principale è preservare l’equilibrio delicato della deterrenza, che poggia su due pilastri fondamentali: la determinazione unita alle capacità e la non provocazione. A questo proposito, si possono fare tre considerazioni principali.

In primo luogo, l’Occidente non dovrebbe ripetere gli errori del 2022-23, quando ha mostrato vulnerabilità e sensibilità alle minacce nucleari russe. Questa sensibilità, a un certo punto, ha portato Mosca a credere che le armi nucleari fossero l’Unico Anello (come quello del Signore degli Anelli, il romanzo di J. R. R. Tolkien, ndr) che garantisce al loro possessore un’audacia geopolitica illimitata e ampie possibilità di coercizione.

In secondo luogo, l’Occidente deve dimostrare la propria determinazione e coesione nel sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario. Questo sostegno deve avvenire sia a livello internazionale (tra gli Stati membri della Nato) che a livello interno (soprattutto in alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, dove la Russia può sfruttare le divisioni interne per amplificare le sue minacce nucleari). In questo contesto, rafforzare le capacità di deterrenza europee e minimizzare le reazioni ufficiali all’intimidazione nucleare russa appare una strategia corretta.

In terzo luogo, gli Stati della Nato dovrebbero mantenere aperta la porta a negoziati costruttivi con la Russia, nel caso in cui Mosca dimostri la volontà di fermare la guerra in Ucraina e di scendere a compromessi. Il messaggio principale alla Russia dovrebbe essere duplice: da un lato, non sarà possibile ottenere una pace basata sull’intimidazione nucleare; dall’altro, l’obiettivo dell’Occidente è sostenere un’Ucraina sovrana, senza alcuna intenzione di cambiare il regime o provocare altre trasformazioni critiche all’interno della Russia.

Polina Sinovets è la direttrice dell’Odesa Center for Nonproliferation (OdCNP) presso l’Università Nazionale I.I. Mechnikov di Odessa.

Articolo originariamente pubblicato su Istituto Affari Internazionali

X