Quando Roberta Cosimo pronuncia parole come croissant, pain au chocolat, tarte au citron, gâteau opéra, dalla sua voce traspare il desiderio di tornare subito in laboratorio e rimettere le mani in pasta, magari per terminare quell’éclair che la aspetta da quando è entrato l’ultimo cliente, o qualcosa di simile: un biscotto di Natale, il pan pepato del giorno, i porceddhruzzi che le chiedono in continuazione, o addirittura una delle bottiglie di mirto di sua produzione. C’è sempre qualcosa che cuoce nel forno o lievita dietro l’angolo, nella piccola pasticceria che Roberta Cosimo ha fondato poco più di un anno fa a Lecce, nel quartiere Rudiae.
Classe 1992, pastry chef diplomata all’ALMA, Roberta Cosimo oltre ad esserne la fondatrice, è l’anima, lo spirito e la mente di Amartìa, pasticceria poco tradizionale che propone preparazioni tipiche francesi. Passando anche solo per caso davanti ad Amartìa si possono subito intuire dalla vetrina gli ambienti aggraziati e semplici: il banco all’ingresso dove sono esposte ordinatamente monoporzioni dall’estetica moderna, torte che sembrano dipinte a mano, cioccolatini e macaron, e poi, un po’ più defilato, il laboratorio a vista dove Cosimo trascorre una buona metà delle sue giornate.
L’altra metà è dedicata al servizio e alla vendita, ma anche alla contabilità, alle pulizie, alla comunicazione, alla selezione e all’acquisto di prodotti e naturalmente alla formazione, che in questo campo non si può mai considerare conclusa. È una quotidianità ricca quella che impone Amartìa, e impegnativa, che lascia poco spazio a tutto ciò che non è fatto di farina e zucchero, come accade spesso quando ci si mette a inseguire un sogno.
Soprattutto se si tratta di un sogno dai contorni un po’ insoliti come quello che coltiva Roberta Cosimo, il cui incontro con la pasticceria francese è avvenuto un po’ per caso, o forse perché così doveva essere. Durante gli studi all’ALMA infatti, Cosimo inizia a collaborare con la pasticceria Belle Hélène, a Tarquinia, al fianco di Francesca Castignani, pastry chef allieva di Pierre Hermé, ed è proprio all’interno del laboratorio di Belle Hélène che Cosimo fa il suo primo incontro ravvicinato con le preparazioni parigine.
La giovane pasticciera resta subito incantata dalla loro raffinata leggerezza, difficilissima da raggiungere e che per questo la intriga e la incuriosisce.
La formazione di Cosimo continua poi a Viterbo nella brigata di Le cose buone, una stella sulla guida Foodies del Gambero Rosso, sotto la guida di Renée Abou Jaoudé. È un’altra esperienza all’insegna della precisione e dell’estrema attenzione alla composizione e alla provenienza degli ingredienti, tra i maggiori punti di forza dei dolci firmati da Renée Abou Jaoudé.
Cosimo è ancora molto giovane quando nel 2023 decide di provare a creare qualcosa di completamente suo, un luogo dove portare il suo gusto, gastronomico ed estetico, e sceglie di alzare ancor di più l’asticella provando a fondare la sua prima pasticceria a Lecce, la città dove è nata e cresciuta.
Lecce è una città meravigliosa, ricca di folclore, tradizione e zucchero, una città dove il pasticciotto è legge, il cornetto leccese un’istituzione e il cabaret di paste della domenica un dovere. Qui le pasticcerie non mancano e per Cosimo è chiaro fin da subito che con una tale concorrenza la sua non potrà essere una delle tante, sia perché sarebbe difficile infilarsi in un mercato già saturo, sia perché facendolo si ritroverebbe a praticare uno stile che non le appartiene e dal quale si sente molo distante. Questo non significa escludere completamente le preparazioni tipiche della città naturalmente, ma semplicemente evitare di dedicarvi l’intera vetrina.
L’inaugurazione viene fissata per il primo aprile 2023 e nei mesi successivi intorno ad Amartìa inizia a raccogliersi una nicchia di clienti affezionati, che si avvicinano prima incuriositi dalla nuova insegna e dalla sua proprietaria che sembra vivere tra quelle vetrine lucidissime, gli abbattitori e le sac à poche, poi conquistati da quei dolci ricchi di burro, bacche di vaniglia, panna belga, ma anche marmellata di visciole.
Uno degli obiettivi che si pone Cosimo infatti è girare bene alla larga da semilavorati e dai prodotti di bassa qualità, infatti inizia sin da subito a prendere contatti con fornitori specializzati, molti dei quali restano piacevolmente stupiti dalle sue proposte. Anche perché si tratta di una scelta che le fa onore ma che si paga a caro prezzo, letteralmente. Cosimo ne è cosciente ma non è un tipo che scende a compromessi, quantomeno per ciò che riguarda la qualità delle materie prime.
Su altri argomenti invece, anche Amartìa finisce per cedere con un sospiro alle gentili richieste della sua clientela, inserendo in carta alcune mignon, inizialmente assenti, e altre preparazioni tipiche, almeno per i giorni di festa o le celebrazioni, come le zeppole, lo spumone o il pasticciotto – ma solo quello originale, ci tiene a precisare Cosimo.
Quando si racconta Roberta Cosimo non nasconde che la fatica più grande a un anno e mezzo dall’apertura non ha a che fare con la mancanza di sonno, le rinunce, i costi o il timore di non farcela, ma riguarda l’equilibrio tra ciò che desidera realizzare e ciò che chiede il mercato locale, insomma il delicato rapporto con un pubblico tendenzialmente convenzionalista, che fatica a comprendere e apprezzare una novità come la sua. Capita addirittura, per fortuna raramente, che alcuni entrino ed escano una volta sentito che invece delle solite paste di mandorle, Amartìa propone un pain au chocolat per spezzare la mattinata, o che per una torta di quelle un po’ rétro, ricche di panna e pan di Spagna, è necessaria una prenotazione, perché non fanno parte dell’offerta quotidiana. Poi tutto si può fare, spiega Cosimo, basta saperlo e avere il tempo di organizzarsi, fare la spesa, pianificare gli impegni, obblighi imprescindibili per natura, ma soprattutto all’interno di un’insegna piccola come Amartìa, dove Cosimo è quasi sempre la sola dipendente di sé stessa.
Serve una maggiore educazione al consumo alimentare, spiega Cosimo, perché, al di là del suo caso specifico, oggi la cucina e la pasticceria sono cambiate, a causa dell’aumento dei costi delle materie prime, ma anche della trasformazione dei clienti, che oggi sono più attenti alle tendenze alimentari e più sensibili alla disinformazione gastronomica.
Da parte sua, uno dei traguardi che si pone la pasticciera leccese è anche riuscire a proporre gli ingredienti locali in una veste originale, meno scontata, che stupisca senza sconvolgere troppo. Un esempio è la sua Crostata Frangipane, che nell’omonima crema frangipane impiega ovviamente le mandorle, un prodotto estremamente radicato nel territorio, ma che in zona viene usato quasi esclusivamente per produrre la pasta di mandorle.
Di conseguenza per Cosimo è sempre una grande soddisfazione osservare come cambia l’espressione di chi correre il rischio di assaggiare qualcosa di completamente diverso da ciò a cui è abituato e si scopre piacevolmente sorpreso, magari tanto da diventare un habitué. Un fatto che ripaga ogni minuto passato in laboratorio o alla cassa.
La scommessa sembra dunque riuscire ad arrivare al primo assaggio, far capire che ne vale la pena, poi quando i prodotti sono buoni la gola fa tutto il resto: supera pregiudizi e conservatorismi gastronomici e si avvia serenamente verso la modernità, sognando il prossimo croissant.
Quello portato avanti da Cosimo, con passione e fatica, è in fondo sempre di più un lavoro che oltre alla pasticceria riguarda molto la cultura gastronomica, di cui lei, con i suoi trentadue anni, si fa portavoce in un territorio non esattamente sensibile, soprattutto in periferia, ma che non per questo deve essere lasciato tra i suoi confini.
E, di nuovo, non c’è nulla di male ad amare lo spumone di una volta, ma comprendere che una sua evoluzione – fosse anche solo nella scelta degli ingredienti – possa essere positiva può solo allungare la vita delle pasticcerie, storiche o moderne che siano.
È un messaggio che Roberta Cosimo ci tiene a far passare anche nelle sue collaborazioni con le aziende del mercato Ho.Re.Ca., strutture ricettive e ristoranti, alle quali punta per allargare il proprio mercato e promuovere quel tipo di pasticceria che piace a lei – e non solo a quanto pare.
Ma è certo che le verranno anche altre idee in merito. D’altronde da una pastry chef che ha messo in vetrina per le feste tre diversi tipi di panettone artigianale, liquori di vario genere, pan di zenzero e pan pepato e un numero imprecisato di preparazioni franco-leccesi in egual misura, oltre alle confezioni regalo e la produzione quotidiana, insomma da una così, ci si può davvero aspettare la rivoluzione.
Le jour de gloire est arrivé!
Amartìa Pasticceria Artigianale
Via Rudiae, 8/A – Lecce