Siamo riusciti a esportare in America l’uso politico della giustizia, più nell’accezione tecno-totalitaria di Casaleggio che in quella mozzaorecchi di Mani Pulite, confermando in ogni caso la nostra gloriosa tradizione di «Silicon Valley del populismo» (copyright Giuliano da Empoli), di Italy First di ogni forma politica e istituzionale di demagogia al potere.
Ecco che Donald Trump ha scelto, questa volta come direttore dell’Fbi, un altro componente del cast della Zanzara a completare la sua Amministrazione di mattoidi con i codici dell’atomica, intenzionati nello specifico a sbattere in galera gli avversari, soltanto in quanto avversari, mica per aver tentato di sovvertire l’ordine costituzionale e di corrompere il processo elettorale come hanno fatto i «patrioti» di Trump, e Trump medesimo.
Il picchiatello scelto per guidare la più grande agenzia investigativa d’America si chiama Kash Patel, un personaggio talmente estremo che, durante il primo mandato di Trump, quando si vociferava della sua nomina a vice direttore dell’Fbi, l’allora Attorney General di Trump, Bill Barr, cioè uno dei più reazionari del primo team Trump, disse che piuttosto sarebbero dovuti passare sul suo cadavere.
L’ex consigliere della sicurezza nazionale di Trump, John Bolton, per spiegare la portata della nomina di Patel a capo dell’Fbi, ha detto, augurandosi che il Senato la blocchi all’unanimità, che «Trump ha scelto Kash Patel per fargli fare il suo personale Lavrenty Beria», come se l’America fosse diventata uno stato di polizia simile a quelli del primo Novecento, che invece l’America ha gettato nella spazzatura della storia.
Patel è noto ai fanatici del Make America Great Again per voler da un lato smantellare il Bureau («il primo giorno chiuderei la sede dell’Fbi, e la riaprirei il giorno dopo come museo del Deep State») e dall’altro usarlo come strumento di repressione politica dell’opposizione («colpiremo le persone che hanno aiutato Biden a truccare le elezioni presidenziali»).
La cosa ancora più grave, ha scritto l’ex speechwriter di George W. Bush, David Frum, è la violazione trumpiana della regola condivisa secondo cui il direttore dell’Fbi si nomina per dieci anni, e non si licenzia soltanto perché è cambiato il presidente. Tra l’altro l’attuale direttore Christopher Wray era stato nominato proprio da Trump, Biden se l’è tenuto senza pensare di cambiarlo, e per legge dovrebbe restare in carica fino al 2027.
Trump però vuole trasformare l’ufficio di indagini federali in un corpo di polizia politica a sua completa disposizione, come nella tradizione dei processi farsa di Stalin e nei paraggi dei deliri totalitari di Gianroberto Casaleggio, uno che farneticava di gabbie di corrotti da esporre in tangenziale, e che, a proposito di «Silicon Valley del populismo», è stato il precursore tecno-reazionario di Elon Musk.
Trump vuole usare l’Fbi per fini politici, e proverà a fare lo stesso al Dipartimento di Giustizia, nonostante la sua prima scelta, Matt Gaetz, sia saltata ancora prima di cominciare perché Gaetz era troppo fanatico anche per quei pusillanimi che si ostinano a chiamarsi senatori repubblicani.
L’atteggiamento vendicativo di Trump è la ragione per cui Joe Biden ha deciso, con scarsa eleganza, di graziare suo figlio Hunter per due reati bagatellari, e quant’altro di cui potrebbe essere accusato dall’ufficio affari riservati dell’Fbi di Trump, a causa dei quali è stato perseguitato per provare una cosa impossibile da provare, perché falsa ed escogitata dai servizi segreti russi prima di diventare un mantra trumpiano, ovvero il ruolo di Hunter Biden in un fantomatico piano ucraino, con stravaganti derivazioni italiane, per etichettare Trump come un burattino al servizio di Mosca. Una bufala senza alcun punto di appoggio (sto parlando del piano ucraino di Hunter, non dei rapporti ben noti tra i russi e il mondo Trump), che – ora che i progetti trumpiani da Stato poliziesco sono stati messi in moto – hanno convinto il presidente Biden a salvare suo figlio mascariando ulteriormente la sua eredità politica, già macchiata dal non essere riuscito a neutralizzare il golpista fallito che a breve ritroveremo nello studio ovale.
Insomma, abbiamo esportato in America il circo mediatico giudiziario e l’uso politico degli schiavettoni, un’altra eccellenza italiana, e chissà che cosa dobbiamo ancora aspettarci da quelli con lo scolapasta in testa, e con i codici dell’atomica in mano, che dal 20 gennaio vorrebbero sbattere in galera gli avversari politici.