Proseguiamo nel racconto del filone dei giovani professionisti della gastronomia, che tornano letteralmente in patria (la terra dei padri), a Roma, con Bar Bozza, alla Garbatella.
Bar Bozza è un nome intrigante che si deve essenzialmente alla posizione del locale, al piano terra di uno stabile residenziale egli anni Settanta-Ottanta, in posizione d’angolo, ma soprattutto separato solo da una strada dal dipartimento di giurisprudenza dell’Università Roma Tre. Ecco spiegata la “bozza” del titolo: un riferimento alle tesi su cui sudano le ultime fatiche universitarie gli studenti dell’ateneo, redigendo l’agognato saggio che suggella il loro percorso nell’ambito degli studi giuridici, ma anche alle bozze dei libri di dottorandi, ricercatori e professori che nell’ateneo lavorano.
Come abbiamo già visto nei casi salentini raccontati su queste pagine, due sono gli ingredienti fondamentali del ritorno a casa: una solida esperienza in Italia e/o all’estero, capace di fornire una misura affidabile della qualità delle proprie capacità e di alimentare il sogno di creare qualcosa di proprio senza rischi di hybris, e un contesto lontano dalle radici che non appare più preferibile, anche se spesso economicamente remunerativo e culturalmente stimolante.
La società dietro Bar Bozza si chiama Lotti Service srl. Ne sono soci Fabio Macrì e Mauro Lenci, impegnati direttamente nel locale, più un socio finanziatore che nella vita non si occupa di ristorazione ma che ha voluto sostenere il progetto. La squadra comprende anche Stefano e Cecilia in sala, mentre Lodovica e Andrei lavorano in cucina. Il Bar Bozza è stato aperto nel febbraio 2022, la birreria a fianco (che si chiama ufficialmente Spin Off) nell’autunno del 2023.
Il fulcro di questo racconto è Fabio Macrì, una laurea in storia a Roma e una magistrale in valorizzazione del patrimonio turistico e gastronomico a Pollenzo, ma prima, durante e dopo tanti studi di cucina in Catalogna e gavetta, dal Pagliaccio alla corte del celebre Blumenthal, in quel di Londra. Dopo l’impegno al sistema gastronomico del grattacielo Intesa Sanpaolo di Torino, ormai dieci anni fa, ne abbiamo apprezzato la crescita come cuoco, prima come sous-chef di Ivan Milani, poi come chef della struttura prima dell’era Marco Sacco.
Fabio ha una cucina che mescola con grazia le molte influenze del suo percorso personale di formazione e di lavoro. Non stupisce quindi che produca, nella pur minuta cucina di quest’angolo di Garbatella, anche salumi strepitosi, lavorando la carne di maiali allevati bradi sulle colline della Tuscia. I piatti sono davvero molto lontano da ciò che sarebbe lecito attendersi in un bar à vin, ma questo dimostra ulteriormente che le etichette per Bar Bozza non sono un’idea felice, a meno che non si ricorra a quella di hub. Qui infatti si mangia e si beve con modalità che vanno dal cicchetto alle soglie del fine dining, mentre si bevono vini che per lo più sono acquistati direttamente o addirittura, udite udite, prodotti.
In contemporanea con l’apertura della birreria, che ovviamente offre una interessante selezione di artigianali alla spina, Bar Bozza è tornata sulle orme di una delle più risalenti tradizioni di quelle che un tempo si chiamavano bottiglierie e lì ci si recava a riempire, con il vino dell’oste, le bottiglie portate da casa. A partire dal 2023, Bar Bozza è anche un progetto di recupero vitivinicolo sulle colline teramane, basato sul recupero di due vigne, destinate alla trasformazione nel vino della casa che, con una innovazione nella tradizione, non è affatto senza pretese o degno di scarsa considerazione.
Nato per rispondere a una risposta frequente in chi conosce l’affidabilità del posto e del suo personale (che prendete? Fai tu!), il bianco “Faitù” nasce da una vecchia vigna mista, trasformata con una macerazione per nulla esasperata in un vino leggero ma succoso, innervato da bella acidità, bocca appagante e lievi note aromatiche figlie di qualche malvasia tra i filari. Il rosso, invece, è un Montepulciano in purezza che trova la sua via in una vinificazione succosa, dai netti profumi di frutta rossa, che regala un sorso vivace.
Ma, come al solito, veniamo alla domanda-chiave, da porre a un ritornante: perché, dopo tanti giri, tornare alle radici, in una città, poi, che quanto a offerta gastronomica non sembra davvero avere ulteriore bisogno di varietà?
La strada del ritorno, per Fabio, ha il sapore della restituzione, dopo tanti anni di raccolta in giro per il mondo. Restituire a Roma – nella città cosmopolita d’Italia per eccellenza, dove da millenni convivono comunità di lingua, cultura e religione diverse, come in nessun altro posto (no, nemmeno a Milano), unica urbs e non semplicemente civitas, solo luogo nella Penisola a non avere una storia municipale, ma planetaria da raccontare – significa restituire con un enorme senso di responsabilità, ma anche con molta fiducia.
La fiducia è ben riposta nel bisogno di Roma di una ristorazione intrecciata al vino che sappia di autenticità, di qualità assoluta delle materie prime e delle tecniche, ma senza per forza tradursi in fine dining: un caput mundi che sempre di più vede la propria offerta mediare al ribasso, offrendo menu per turisti, su tovaglie a quadri e relativi (invadenti) buttadentro, ha naturalmente generato lo spazio entro cui la proposta di Bar Bozza ha potuto essere pensata e offerta con successo. Niente di nuovo sotto il sole: sono le nicchie che il mercato maturo della ristorazione continuamente crea e nelle quali l’imprenditoria coraggiosa si installa con ottimi risultati. Ma quando l’esito ha la freschezza di questo luogo, in un quartiere vivaddio ancora molto popolare, poggiando sulla voglia di fare qualcosa di nuovo e pertanto ibrido, nutrita da un gruppo coeso di ragazzi, c’è di che essere ottimisti.