Disparità anagrafica Se i giovani guadagnano poco è un problema anche per il vino

Mentre ci si accapiglia sulle questioni generazionali, il problema del reddito e del costo della vita inizia ad alzare la voce tra le ragioni che fanno registrare un basso consumo di vino da parte dei giovani

Calici di vino. Foto di Scott Warman su Unsplash
Calici di vino. Foto di Scott Warman su Unsplash

Quello dei giovani che non consumano abbastanza vino sembra diventato il cubo di Rubik su cui in questi anni si arrovella il settore. Il problema è complesso, da un lato c’è una comunicazione che finora si è concentrata su un target diverso, d’altro canto c’è la naturale tendenza di una generazione a differenziarsi rispetto a quella dei genitori, anche in termini di consumo. C’è poi un mercato che propone molte alternative, tra birre, spirits e soprattutto cocktail, segmento che traina le tendenze di consumo negli ultimi anni. A questo si somma la crescita delle bevande analcoliche, che sembrano essere preferite soprattutto dai più giovani.

C’è però uno spettro che, per lo meno in Italia, incombe ed è la questione del reddito. Secondo un’analisi presentata dall’Osservatorio Unione italiana vini (Uiv) e NIQ Italia in occasione di Simei – la fiera milanese delle tecnologie per enologia e distillazione – i principali consumatori di vino a casa sono gli over 55, senza più figli a carico e con un reddito sopra la media nazionale, mentre le famiglie più giovani (con o senza figli) spendono meno per gli acquisti di vino. Sebbene la ricerca inquadri solo una parte di giovani, fornisce indicazioni interessanti anche in merito alle tipologie di vino più consumate, tra cui crescono vini bianchi fermi e spumanti metodo Charmat.

Il vino lo consumano le famiglie con maggiore reddito
Over 55, senza più figli a carico e, sei volte su dieci, con un reddito superiore alla media nazionale. È l’identikit del principale consumatore di vino oggi in Italia, secondo la ricerca di Niq per Simei. Premessa: questi dati si riferiscono alle “famiglie” italiane, quindi la maggior parte dei giovani ne resta esclusa. I dati sono però utili a capire quali tipologie di famiglie consumino più vino. La fascia principale è appunto quella degli ultra cinquantenni senza più figli a carico (da soli rappresentano il 48 per cento degli acquirenti di vino, 11,3 milioni di famiglie), che spendono più degli altri, assorbendo da soli quasi il 60 per cento della spesa totale per questa categoria di prodotto, circa 1,83 miliardi di euro l’anno. Restano indietro le famiglie con figli (7,8 milioni), che non arrivano al 24 per cento della spesa complessiva, spendendo in media cinque volte meno rispetto alle coppie over 55, e le famiglie under 55 senza figli a carico, a cui è riconducibile meno del 18 per cento della spesa.

Tipologie di famiglie e consumi di vino, slide presentata a Fiera Milano in occasione di Simei per Uiv (credits Niq)
Tipologie di famiglie e consumi di vino, slide presentata a Fiera Milano in occasione di Simei per Uiv (credits Niq)

L’aperitivo va alla grande
Uno dei trend più significativi, in tema di abitudini di consumo, è legato all’aperitivo, che oggi rappresenta l’occasione chiave per il consumo di alcolici ed è trasversale: il rito non riguarda solo i giovani gen Z o millennials, ma anche generazione X e boomer. Fatte cento le occasioni di consumo, l’aperitivo ne copre il 34 per cento per i giovani tra i 25 e 34 anni e il 36 per cento per i 35-44enni, arriva fino al 31 per cento per chi ha tra i 45 e i 54 anni e al 30 per cento per gli over 55.

Un altro trend evidenziato dalla ricerca di Niq Italia per Simei, riguarda le tipologie di vino, confermando sostanzialmente ciò di cui si parla da inizio anno: i vini rossi se la passano male, mentre le categorie in crescita sono solo spumanti e vini bianchi (qui un precedente articolo sul tema). Oggi i consumatori di spumanti superano quelli di vino fermo (sono il 63,4 contro il 61 per cento). Un sorpasso preannunciato e in parte legato proprio alle mutate occasioni di consumo: si tratta anche dei vini più adatti per l’aperitivo.

Bianchi, bollicine e drink base Prosecco
Una volta spostata la lente sulle bollicine, viene però il dubbio che la leggerezza della bevuta non sia il solo motivo. Se si torna ad analizzare le vendite di vino, si nota come bianchi e rosati (anche se questi ultimi restano una fetta molto più contenuta delle vendite) siano in crescita a differenza dei rossi. Tra le bolle, calano le vendite di frizzanti – quelli che non fanno il botto quando li stappi – mentre chi guida veramente la categoria sono gli spumanti metodo Charmat (o Martinotti, che dir si voglia), di cui fa ampiamente parte il Prosecco. Secondo l’indagine questa categoria sarebbe spinta anche dalle promozioni in gdo, capaci di attenuare gli effetti dell’inflazione sui prezzi, rendendoli più appetibili. Facile pensare, dunque, che il prezzo giochi un ruolo anche nella scelta delle diverse tipologie di vino. Spumanti metodo Martinotti e vini bianchi fermi sono in genere anche le tipologie che costano meno.

Altra considerazione riguarda i cocktail. Secondo l’indagine, tra i dieci drink più consumati nell’horeca lo Spritz è un asso pigliatutto, in crescita per tutte le fasce d’età, con preponderanza di Aperol su Campari (tanto poi entrambi i brand hanno la stessa proprietà che, pur essendo recentemente scesa in borsa, resta leader). In top ten ci sono però anche Hugo e Bellini, altri due drink a base Prosecco. E a questo punto sarebbe bello capire quanti di quegli spumanti metodo Charmat vengono bevuti lisci e quanti miscelati, perché forse se la categoria sta andando così bene, la mixology un ruolo ce l’ha e gli enti che si occupano di promozione l’hanno capito. Sarà meglio lavorare sui bartender perché miscelino Doc e Docg, perché quello dei banconi è un mondo in cui il drink cost non guarda in faccia a nessuno e ci sono tanti metodo Charmat che costano meno dei nostri spumanti Dop.

Calici di spumante. Foto di Niels Baars su Unsplash
Calici di spumante (foto di Niels Baars su Unsplash)

Manca un tassello: quanto guadagnano i giovani?
Le indagini di mercato non sono mai semplici da condurre, ma forse uno sforzo in più andrebbe fatto per inquadrare meglio la fascia dei “giovani”. Prendere in analisi le “famiglie” è utile a inquadrare una buona fetta di millennials e, per l’appunto, soprattutto quelli che probabilmente fanno più fatica a spendere in vino e ristoranti, presi come sono a mantenere in equilibrio le finanze, tra figli piccoli (quando ci sono), mutuo o affitto da pagare. Resta fuori una marea di giovani che vivono soli o che, per risparmiare, vivono in affitto assieme ad altri oppure ancora in famiglia, lavoratori o studenti che siano. Perché con quello che guadagnano, prima di spendere soldi, i giovani devono pensarci bene.

Secondo le elaborazioni Eures su dati Inps, incluse nel rapporto “Giovani 2024: bilancio di una generazione” del Consiglio nazionale giovani, la retribuzione media lorda annua per gli under 34 impiegati nel settore privato (non agricolo) viaggia intorno ai 15.600 euro (dati 2022). Fanno circa 1.300 euro al mese (lordi). Quanto vino comprereste e quante volte uscireste con gli amici?

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