Paradossi moderni La diffusione dell’obesità è una questione sempre più seria

I dati di uno studio della rivista scientifica “The Lancet” confermano quanto l’alimentazione sia uno dei temi alla base dei problemi di salute della popolazione mondiale. Nei Paesi più poveri si assiste al coesistere di malattie legate all’eccesso o alla mancanza di cibo, e persino l’atto di cucinare è causa di molti decessi dovuti a condizioni e strumenti precari

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Chi troppo e chi niente. Obesità e malnutrizione sono, come è noto, gli spettri gemelli che minacciano il benessere globale e uccidono ogni anno milioni di persone. Ma se, fino a tempi relativamente recenti, era l’immagine inaccettabile di corpi scheletrici a predominare nella realtà e nell’immaginario, ora qualcosa sta cambiando.

Secondo uno studio del Lancet che riassume la situazione a livello globale, nel 2022 oltre un miliardo di persone sono state classificate come obese. La ricerca, basata sui parametri di oltre 220 milioni di individui, in 190 Paesi, ha accertato come, dal 1990, il tasso di obesità sia raddoppiato tra gli adulti e quadruplicato tra i bambini e gli adolescenti.

L’obesità, ovvero avere un indice di massa corporea superiore a 30, porta con sé, come è noto, il rischio di diabete, problemi cardiaci, sovraccarico di giunture e sistema scheletrico e la maggiore probabilità di ammalarsi di ben dodici diversi tipi di tumore.

Ma non è solo un problema di forza di volontà e/o disciplina. Il corpo umano si è evoluto nei millenni per sopravvivere a inverni glaciali e a terribili carestie conservando il proprio peso e sviluppando una naturale resistenza a perderlo. Una sovrabbondanza di cibo a buon mercato e ultra-processato, unita a uno stile di vita sedentario, hanno scombinato questo equilibrio e favorito un eccesso di alimentazione.

Ci sono, sì, in commercio sostanze che aiutano a combattere il sovrappeso ma hanno costi proibitivi per la maggioranza della popolazione mondiale, per non dire delle cure chirurgiche. Inoltre, invertire la tendenza implica fare prevenzione sulle cause dell’obesità, e questo presuppone interventi a livello governativo difficili da adottare e da mettere in pratica, anche perché impopolari. Sbagliato pensare che, come si diceva un tempo, essere “rotondi” sia indice o sinonimo di benessere economico.

La mappa del grasso, tuttavia, ha primati non scontati. La Polinesia e la Micronesia contano oltre il 60 per cento di adulti obesi, il numero più alto al mondo. A Tonga l’81 per cento delle donne è da considerare obesa, mentre per gli uomini il primato va a Samoa, con il 70 per cento. Persino in Africa e in Medio Oriente, aree storicamente associate alla questione opposta, il peso eccessivo sta diventando un problema, grazie anche ai cambiamenti nella dieta quotidiana e a culture tradizionali che continuano ad associare la floridezza e persino la pinguedine allo status sociale.

In Europa, la Turchia detiene la maggior percentuale (43 per cento) delle donne troppo abbondanti, mentre per gli uomini è in testa la Romania, con il 38 per cento. I francesi, e le francesi, riescono fin qui a preservare la loro elegante magrezza, solo il 10 per cento rientra nella fascia di peso legata all’obesità. All’opposto l’America conta il 44 per cento delle donne e il 42 per cento degli uomini con un indice di massa corporea superiore a 30.

Numeri che ormai sovrastano quelli degli adulti sottopeso, ovvero con un indice di massa corporea inferiore a 18.5. Particolarmente allarmante, secondo questa ricerca, è il numero dei bambini e degli adolescenti sovrappeso. Che superano, e di molto, quelli sottopeso, in due terzi dei Paesi studiati nel rapporto.

Nei Paesi ricchi, l’obesità infantile è un problema delle famiglie povere, nei Paesi in via di sviluppo, è appannaggio della classe media e così, con l’aumentare dello status sociale, salgono i numeri dei bambini a rischio. Un numero crescente di Paesi poveri si trova, di fatto, a fronteggiare una doppia epidemia: di obesità e di malnutrizione.

Ma, anche preparare i pasti ha un suo costo: si calcola che quasi quattro milioni di persone muoiano annualmente a causa dei fumi tossici sprigionati da alcuni arcaici metodi di cottura, un numero che equivale a quelli uccisi dai disturbi legati al sovrappeso patologico.

Sotto accusa i fornelli alimentati a legna e a carbone, ancora in uso in molte parti del mondo e terza maggior causa di morti precoci per donne e bambini. Una pratica, tra l’altro che danneggia in modo pesante l’ambiente. L’IEA, l’Agenzia internazionale dell’energia, che ha curato il rapporto, ha stimato che ogni anno questo causi la deforestazione di un’area grande quanto l’Irlanda.

Naturalmente sono i Paesi poveri a essere maggiormente colpiti. Lo studio del Lancet attribuisce al misterioso Nord Corea, il Paese pieno di grattacieli privi di riscaldamento, con un clima che d’inverno non è molto diverso da quello della confinante Siberia, il tasso di mortalità più alto per “indoor air pollution”, l’inquinamento tra le parti domestiche. Causa, nel 2021, della morte di 240 nordcoreani su centomila. Seguono, e non è scontato, le isole Salomone e Vanuatu, in Oceania, rispettivamente con dati pari a 146 e 140.

In Asia, tuttavia, la situazione si evolve in fretta. Dal 2010, quasi 840 milioni di persone hanno avuto la possibilità di accedere a metodi di cottura più sostenibili. La Cina, l’India e l’Indonesia hanno più che dimezzato il numero di persone che possono far conto solo su combustibili inquinanti.
In Africa, invece, i progressi non sono riusciti a tenere il passo con la crescita della popolazione. Tra il 2010 e il 2022, nell’Africa sub-sahariana la percentuale di persone che usano fonti di energia pulita per cucinare è salita dall’8 a oltre il 15 per cento, ma nel complesso la popolazione senza accesso a questi metodi è aumentata di 220 milioni.  È il continente che detiene il record delle morti per inquinamento da fonti domestiche. Ovviamente le vittime sono per lo più le cuoche, donne e ragazze. In sintesi, in gran parte del mondo un gesto semplice, come preparare un pasto, è un’attività a rischio.

Dell’obesità e dei suoi rischi, in gran parte ancora molto sottovalutati in termini di necessità di ricorso alle cure mediche, si parlerà il prossimo 4 marzo, in occasione della giornata mondiale dedicata a questo tema.

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